Dalle misure per la ripartenza del governo italiano dipenderà ogni
decisione del Presidente Solinas circa la riapertura dei porti e degli
aeroporti sardi. Siamo consapevoli di
quanto questa decisione possa essere tragica se pensiamo che a fronte di una
probabile riesplosione dell’epidemia corrispondano dati certi sul tracollo
delle assunzioni sia nel settore turistico che in quello dei trasporti, 76% per
il primo e 64% per il secondo (Unione Sarda del 23 aprile 2019 – pag. 19).
Indipendentemente dalla
decisione che sarà intrapresa a subirne le conseguenze sarà sempre il popolo
sardo, residente in Sardegna, al quale non verrà garantito il proprio diritto
alla mobilità con una situazione molto più grave rispetto al passato. Infatti
anche un’eventuale riapertura comporterà necessariamente l’adozione di misure
di distanziamento sociale che, ad esempio all’interno dei velivoli, significa ridurne la capienza al
60% dei passeggeri con la conseguente indisponibilità dei vettori low cost ad
effettuare le tratte da e per la Sardegna, in assenza di misure di sostegno da
parte dello Stato.
Dobbiamo ribadire che il problema dei trasporti non nasce oggi ma in
tanti anni di governi che hanno ritenuto più opportuno foraggiare le casse di
vettori privati piuttosto che tutelare il diritto alla mobilità del popolo
sardo. Già prima
dell’emergenza coronavirus l’Unione Europea, al fine di non sanzionare la
Sardegna, aveva deciso di bloccare i bandi di gara proposti dall’Italia
ritenuti lesivi della concorrenza ed atti a favorire Alitalia.
Ad oggi la continuità territoriale in Sardegna è stata prorogata per tutto il
2020, nonostante i ripetuti richiami da parte della Commissione europea dei
trasporti affinché proponessero forme di continuità territoriale rispettose di
una differenziazione delle tariffe tra residenti e non residenti.
I maggiori esperti sostengono che la Sardegna avrebbe potuto
migliorare il proprio sistema di trasporti applicando il modello spagnolo, nel
quale si garantisce un rimborso addirittura del 75% del biglietto del passeggero
residente. Tale rimborso da un
lato costituisce un aiuto sociale al popolo residente, tutelandone anche il
diritto alla mobilità, e quindi non un mero foraggiamento indiscriminato ad una
compagnia privata, dell’altro garantisce a tutti i vettori di accedere al
mercato.
In costanza
dell’emergenza sanitaria un tale modello, applicato temporaneamente,
garantirebbe ai Sardi residenti di viaggiare non solo verso Roma e Milano,
uniche tratte garantite da Alitalia, ma anche verso altre mete ed a prezzi contenuti.
La situazione è ancora più grave poiché oggi qualsiasi disfunzione o
inefficienza di Alitalia avrebbe una ricaduta gravissima sui Sardi, non avendo
gli stessi altra alternativa per spostarsi da e per la Sardegna.
Arriviamo al paradosso se si pensa che l’applicazione del modello
spagnolo comporterebbe una misura economica pari a circa 150 milioni di euro.
Cifra infinitesimale rispetto a quanto erogato con il decreto “Cura Italia”
dello scorso 17 marzo, con il quale si sono
ingrossate le casse per la nazionalizzazione della compagnia di bandiera
italiana con una manovra pari a mezzo miliardo di euro (art. 79 Decreto Legge
n. 18/2020). Ricordiamo che Alitalia è una compagnia in fallimento e la cui
vendita era prevista nei primi giorni di marzo ma rimandata per via
dell’esplosione del coronavirus.
Noi crediamo che lo
spirito che deve animare qualsiasi misura posta in essere per affrontare la
crisi debba andare in direzione di un maggiore autogoverno, che permetta e
garantisca l’efficacia di misure determinate dal governo sardo. Ma
crediamo anche che le misure da mettere in campo debbano necessariamente
rispettare l’ottica della difesa degli interessi popolari, tra cui il diritto fondamentale
alla mobilità per tutti i cittadini.
Liberu – Lìberos
Rispetados Uguales
Nessun commento:
Posta un commento