giovedì 16 aprile 2020

La Sardegna può reggere la sperimentazione? Vincenzo Maria D’Ascanio



Leggevo a proposito della possibilità di sperimentare soluzioni alternative proprio in Sardegna, per cominciare a riavviare la produzione anche in tutto il resto d'Italia. Naturalmente la parola sperimentazione non mi fa impazzire, in breve, quando esperimenti qualcosa non hai risultati certi, la parola stessa "esperimento" può essere sostituita con "prova", i cui risultati sono imprevedibili. Dunque, immagino, che ci siano degli accorgimenti affinché l'esperimento sia indirizzato il più possibile verso una direzione, che dovrebbe essere quella di riaprire le attività produttive e poi i locali, le pasticcerie, i bar (quali esercizi o attività produttive possano riaprire non è dato sapere, tuttavia si può aspettare)

La base dell'esperimento è la seguente. Permettere ai cittadini sardi di circolare liberamente, a patto che nel proprio cellulare abbiano una "app" che ne monitorano gli spostamenti. Secondo elemento dell'esperimento: i sardi non possono andare in altre regioni, mentre gli altri cittadini possono arrivare il terra sarda, ma naturalmente in tutti i porti (e aeroporti) sarà fatto il tampone e le eventuali verifiche. Terzo elemento: deve essere garantito ai sardi tutte quelle misure necessarie per la protezione dal covid 19 (mascherine, guanti, maggiori protezioni per medici etc...)

Potrebbero esserci di certo degli elementi positivi, molte attività produttive sarebbero trasferite dalle zone più colpite alla Sardegna, con conseguente aumento della richiesta occupazionale. Inoltre, dovrebbero essere riaperte strutture in crisi come il Porto Canale di Cagliari, perché se davvero arrivasse maggiore produzione maggiore sarebbe la necessità di delocalizzazione dei prodotti. Gli esercizi commerciali riaprirebbero, forse si salverebbe, almeno in parte, la stagione turistica.

Tuttavia mi chiedo: quante possibilità ci sono che questo esperimento possa sfuggire di mano? immaginiamo poi un contagiato che i controlli non siano riusciti a intercettare, e poi individuarlo, per esempio, in un ristorante, durante una della tante feste paesane lungo la costa, una festa in spiaggia organizzata durante la notte, con conseguente scambio di liquidi (bere da una stessa bottiglia) come talvolta accade sopratutto tra i più giovani.

Insomma, se si dovesse riaprire la Sardegna, dovremmo avere misure di sicurezza altissime. Non nascondo, tuttavia, che la voglia di una vita normale è tanta, sopratutto ora, con l'arrivo delle belle giornate. Non facciamoci prendere dalla fretta, e se proprio dobbiamo essere parte in causa di quest'esperimento, che la Sardegna ottenga un ulteriore aiuto nella ripresa dalla crisi. Un fortissimo aiuto, non le briciole.

Vincenzo Maria D’Ascanio

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