martedì 21 aprile 2020

«Riaprire così sarà un disastro»



Alcuni ridurranno il personale, altri rivoluzioneranno l'arredamento. I più fortunati resisteranno qualche mese ancora, non pochi ipotizzano la chiusura definitiva: «Se il quadro è questo, meglio non riaprire». Si avvicinano maggio e il riavvio delle attività, ma per i baristi di Cagliari la situazione non è chiara. Più spazio tra i tavoli, meno clienti, obbligo di sanificare il locale varie volte al giorno, guanti e mascherine sempre indosso. Ci saranno «problemi immensi» secondo Davide Bullegas del “Reload” di via Puccini.  «Così siamo destinati a chiudere» conferma Nicola Tortora dello “Specchio” in via Santa Gilla. 

La rivoluzione. Il coronavirus ha falciato vite, modificato rapporti sociali, bloccato spostamenti e massacrato le attività commerciali. Nessun incasso a fronte di tasse e affitti da pagare. Denise Pirani degli omonimi bar-pasticceria parla di «disastro sociale. Plexiglass per evitare i contatti e ingressi contingentati: non so se si potrà riaprire. Quanti clienti verranno? Quanto personale servirà? I dispositivi di protezione saranno a spese nostre, dovremo sanificare i tavoli di continuo. Abbiamo costi elevati e i presunti aiuti statali sono finanziamenti. Altri debiti. Certo, la salute viene prima di tutto». Insomma, «aspettiamo i decreti ma si può anche decidere di chiudere».

Concorda Tortora, secondo il quale «nei nostri 40 metri quadrati i tavolini sono molto vicini e per coprire le spese abbiamo bisogno di un certo numero di clienti. Non posso pagare le tasse senza incassare. Tra l'altro è una zona frequentata da impiegati: oggi negli uffici chi va?» La soluzione, provvisoria, sarebbe «sistemare alcuni posti all'esterno. Pagando il suolo pubblico».

Come Massimiliano Abis del “Caffè Punto Cagliari” in piazza Del Carmine, locale «piccolo» che ha «sei tavolini e 15 posti. Ne taglierò la metà. Sarà un lavoro da banco». Però «sono l'unico ad avere uno spazio nella piazza, magari riuscirò a sfruttarlo. La sanificazione? Utilizzo tre volte al giorno varechina e ammoniaca. Certo l'obbligo di guanti e mascherine avrà conseguenze: pochi li cercheranno solo per un caffè».

Orario lungo e incertezze L'assenza di certezze lascia tutti in «un limbo», sottolinea Giorgio Borrelli del Caffè Valentina in via Pessina, «nessuno ci ha illustrato le regole. Il plexiglass tra barista e cliente è la morte sociale e gli ingressi contingentati sarebbero problematici. Stiamo comprando guanti, sanificatori, mascherine. Costano, magari potrebbe fornirli il Comune. Per ora stiamo in piedi, coi nostri fondi andremo avanti un paio di mesi. Una soluzione? Lavorare sette giorni su sette e in orari più ampi».

Anche perché «la perdita economica è totale», assicura Bullegas, che dovrà rivoluzionare il locale: «Far entrare 20 clienti in un ambiente che può ospitarne 100 tenendo gli stessi dipendenti e pagando le stesse tasse è assurdo». Via divani e metà «dei 16 tavolini». Per la sanificazione «dovrò chiamare aziende apposite o capire se possiamo provvedere noi. Con ulteriori costi».

C'è chi nello stesso locale ha anche la tabaccheria (aperta). «Ora la sanificazione non è prevista, al riavvio del bar sarà obbligatoria. Un controsenso» riflette Willy Sulis del Bloody Mary in via San Michele, «ho già avuto un calo di affari del 70 per cento». Figurarsi un'attività «piccolissima» come il Florio di via San Domenico: «Potrò ospitare 4 o 5 persone, sarà quasi inagibile» sostiene Andrea Setzu, «non si capisce niente».

Numeri dimezzati C'è chi non ha debiti, però gli affari sono a zero «e il servizio a domicilio copre solo il 40 per cento dell'affitto» sottolinea Federico Anelli del bar Nicolino in via Is Maglias: «È inutile aprire se poi non si coprono le spese. Abbiamo due locali in città: eravamo a pieno regime e ora dovremo ridurre i posti della metà. Le tasse però arrivano lo stesso e sono da pagare. I sistemi di protezione? I clienti dovrebbero arrivare già forniti o non potrebbero accomodarsi».

E poi «è da vedere come reagiranno», rileva Massimo Molinari del Nuovo Cafè Garibaldi nell'omonima piazza. Il locale ha 60 posti totali ma saranno «dimezzati. La parte esterna garantirà distanze più sicure. Siamo sopravvissuti al rifacimento della piazza, ci mancava il Covid. Meglio cancellare il 2020».

Andrea Manunza

Articolo Unione Sarda del 21 Aprile 2020


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Federico Marini
skype: federico1970ca

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