lunedì 30 novembre 2020

Per quanto ancora i sardi saranno sequestrati dalle compagnie italiane? Di Francesco Casula.


 


È una storia antica quella dei Sardi "sequestrati" dalle compagnie navali italiche. I Sardi cercheranno di rompere il monopolio italiota ma senza successo: uno stato ostile e nemico si opporrà, sostenendo sempre sos istrangios. Nella seconda metà dell'Ottocento il sardo Salvatore Rossi, con altri imprenditori di Cagliari crea una compagnia di trasporti, boicottata dal Governo che sostiene la Compagnia Rubattino. Quindici anni dopo tornano alla carica altri sardi con Luigi Falqui Massidda, che progetta di realizzare a Cagliari un cantiere e costruire due navi a vapore.

 Questa volta a ostacolare l'impresa è anche un ascaro sardo, uomo di Cavour, il senatore Francesco Maria Serra. Così continua il monopolio della Rubattino. Cui si aggiungerà dopo altri 20 anni la Società di Navigazione nazionale, anch'essa genovese. I Sardi continuano a pagare le merci più care in entrata e a venderle meno care in uscita.

 Nel dopo guerra la musica "colonizzatrice" non cambia. Per rompere l'isolamento (e le brutali diseconomicità) alcuni imprenditori sardi costituirono una compagnia aerea (Airone) e una navale (Sardamare). Le compagnie monopolistiche italiote si opporranno. Le linee passeranno ad Alitalia e Tirrenia, sostenute dal nuovo Stato repubblicano.

 Niente di nuovo sotto il sole rispetto allo Stato dei tiranni sabaudi e di Cavour. Abbiamo assistito in questi anni e continuiamo ad assistere alle magnifiche e progressive sorti dell'Alitalia e ancora oggi della Tirrenia. Ma usque tandem? Fino a quando saremo disposti a tollerare queste titulias, queste infamie consumate sulla pelle di noi Sardi?

 

Francesco Casula

Saggista, storico della letteratura sarda

 autore del libro, tra gli altri, de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”

Una storia di solidarietà tra il fango di Bitti


 

Quando, nel primo pomeriggio di un sabato cupo e funesto, ha visto scorrere le immagini della devastazione alla tv, Damiano Scattu, imprenditore edile di Gairo, non ha esitato un attimo. Ha inviato una pec al Comune di Bitti offrendo la sua disponibilità a prestare aiuto con mezzi e uomini. La risposta che il giovane impresario attendeva non è arrivata. Dal paese, isolato a causa del maltempo, per ore non è stato possibile comunicare con l'esterno.

 Scattu, che a 37 anni non ha vissuto la drammatica epopea del borgo ogliastrino distrutto da una alluvione nel 1951, ma ha ben vivo il racconto fatto dai suoi genitori, non si è perso d'animo. Ha contattato la sede regionale della Protezione civile, ripetendo per filo e per segno quanto già messo per iscritto nella mail.

 «Buongiorno, in qualità di rappresentante ditta edile con sede a Gairo mi rendo disponibile a dare una mano con mezzi e uomini per fronteggiare l'emergenza» si legge nella missiva inviata alle 14.14 di sabato. «Ho pensato - dice Damiano Scattu -, che occorresse dare una mano da subito e che, nel contempo, bisognasse coordinarsi con chi sovrintende ai soccorsi per non intralciare il loro lavoro».

 Fosse dipeso da lui, già ieri avrebbe preso i mezzi per arrivare al più presto nel paese sommerso dal fango, ma l'allerta meteo e i suggerimenti della macchina dei soccorsi lo hanno dissuaso dal partire subito. Oggi, autorizzato dalla Protezione civile e dal Coc, sarà a Bitti con un mini escavatore, un camioncino, pale e vanghe che serviranno per aiutare a rimuovere la montagna di fango e detriti che hanno seppellito il paese. Con lui due dipendenti e qualche amico.

 

 «L'importante è dare una mano, ci sarà da spalare il fango e liberaregli ingressi delle case» dice il giovane che, da padre di un bimbetto di pochi anni, comprende quanto la devastazione che ha colpito Bitti possa essere vissuta con apprensione dai più piccoli. Per loro, la piccola delegazione ogliastrina ha fatto incetta di giocattoli. «Spero servano - sottolinea -, a distrarli da una situazione pesante».

 Damiano Scattu, che pur avendo un incontro di lavoro importante ha chiesto di rinviare la riunione per prestare aiuto in Barbagia, si schernisce. Non vuole che si parli di solidarietà sebbene questa sia la parola giusta. «È un dovere aiutare chi è in difficoltà» conclude l'imprenditore gairese che non dimentica i racconti di suo padre, nato nel 1949, che per qualche anno, prima della ricostruzione di Gairo a monte del vecchio abitato, ha trascorso la sua infanzia in un paese fantasma.

 Chi abita in Ogliastra sa, per averlo vissuto sulla sua propria pelle, cosa può succedere quando la Natura si ribella ai disegni insensati degli uomini. Sa cosa significa quando, nei canali coperti da colate di cemento , l'acqua di fiumi e torrenti si riprende i propri spazi esplodendo e portando devastazione e morte. Sa, inoltre, cosa vuol rimanere isolati dalle frane che rotolano sulle strade dai versanti montani resi fragili da secoli di disboscamenti e abbandono. Sa, infine, che, una volta accaduto l'irreparabile, la maniera migliore per reagire alle disgrazie è quella di rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro. Questo ha fatto Damiano Scattu. Alla politica e alle istituzione spetterà la riflessione sulle responsabilità di una gestione fallimentare del territorio e l'individuazione di soluzioni concrete.

 

Giusy Ferreli

Articolo tratto da La Nuova Sardegna del 30 Novembre 2020

 

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Federico Marini

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giovedì 26 novembre 2020

La nostra è una società maschilista e violenta. Tutti insieme possiamo cambiarla! Di Pier Franco Devias.


 


No non va bene. Troppo facile, troppo pilatesco pensare che “le madri devono educare i figli contro la violenza”. Intanto perché scarica tutto il lavoro educativo sulle madri, e poi anche perché getta le basi per dare le colpe ad una loro carenza educativa per ogni caso di violenza.

 

Ma anche le madri appartengono a questa società, anche le madri spesso subiscono la formazione maschilista di questa società. Perchè questa è una società maschilista e violenta, e quando uno pensa che non lo sia probabilmente è perché ha assimilato come una spugna la normalità di una società maschilista e violenta.

 

In realtà non dovrebbe essere normale, in una società sana, ciò che nella nostra società è sempre stato normale. Perche nella nostra società è sempre stato normale che la donna nei film vada in escandescenze e “il suo uomo” la riporti alla calma con un sonoro manrovescio, ma hai notato che non accade quasi mai il contrario?

E’ sempre stato normale che quando si insulta una donna quasi sempre la si cerca di offendere insinuando una sua eccessiva attività sessuale, ma hai notato che non accade quasi mai per gli uomini?

 

E’ sempre stato normale che quando una donna venga umiliata dal compagno, parenti e a mici conservino un rispettoso e imbarazzato silenzio, ma hai notato come si ride, scandalizzati per la sfrontatezza, quando accade il contrario?

 

E’ sempre stato normale che una donna che chiede aiuto per la violenza a cui è sottoposta, si senta rispondere – dai familiari, ma anche per strada, e pure in questura – “stia calma, cerchi di non farlo arrabbiare”. Ma hai notato che quando un uomo chiede aiuto per essere stato aggredito, da nessuna parte gli si chiede di non fare arrabbiare il suo aggressore?

E’ sempre stato normale leggere sui giornali resoconti di stupri, secondo cui la donna in qualche modo se la sarebbe cercata col suo comportamento sociale “poco attento”. Ma hai notato che in nessun giornale si ipotizzerebbero scusanti per lo stupratore di un uomo?

 

E purtroppo solo recentemente, troppo recentemente, si sta iniziando a comprendere che il femminicidio non è l’uccisione generica di una donna, ma è l’uccisione della donna che un uomo ha inteso come sua proprietà. E solo recentemente, troppo recentemente, nei tribunali dello Stato italiano si è smesso di giustificare gli strangolatori e i pugnalatori domestici con l’abominio del “delitto d’onore”.

 

Questo (ulteriore) aspetto di barbarie della nostra società, in definitiva, risale a un punto ben preciso: la convinzione che la donna sia una proprietà. E in quanto proprietà, il proprietario è convinto di poterne disporre a suo piacimento, trattarla come meglio crede in pubblico e in privato, fino a distruggerla in caso di fuga o ribellione.

Dobbiamo lottare tutti insieme, uomini e donne, affinché tutto ciò che fino ad oggi è stato normale non venga mai più considerato normale. Oggi, domani, sempre.

 

Non le madri, non le donne, non le vittime, ma tutta l’intera società deve gridare forte che nessun essere umano può essere proprietà di nessuno!

 

Pier Franco Devias

Tunnel sottomarino in via Roma «Analisi e certezze: così si può fare»


 


 

«Prima di avviare la progettazione di un tunnel sottomarino di fronte a via Roma bisogna comprendere da subito quali sono gli effetti che si vogliono ottenere sulla mobilità dell'intera area vasta».

L'esperto di trasporti Gianfranco Fancello, professore di ingegneria dei trasporti nell'ateneo cagliaritano, dice la sua sulla realizzazione dell'infrastruttura che eliminerebbe le auto tra la darsena e Palazzo Bacaredda cambiando radicalmente l'identità del tessuto urbano.

 

Il tunnel in mare, che secondo alcuni esperti e la giunta comunale è il miglior candidato a sostituire il vecchio progetto che prevedeva di scavare sotto via Roma, partirebbe da viale Colombo per sfociare nei pressi dell'inizio del Molo di Ponente. E d'altronde progetti simili sono presi in considerazione in diverse parti del mondo: a gennaio ad esempio partiranno i lavori del nuovo tunnel sottomarino che collegherà Germania e Danimarca.

 

Analisi dettagliata. Fancello però avverte: è necessaria un'analisi di sistema senza tralasciare nessun aspetto legato alla mobilità o alle nuove dinamiche che si svilupperebbero lungo le strade di accesso al tunnel: «Un'opera di questa portata avrà un impatto sulla città e sull'hinterland – dice -. Non prevedere uno studio approfondito, paradossalmente, potrebbe portare a un aumento del traffico in centro e nelle zone periferiche in cui sarà richiamato il traffico generato da chi vorrà percorrere il nuovo tracciato per accorciare i tempi di percorrenza».

 

Le domande. Per evitare i rischi bisogna dunque rispondere a diversi interrogativi che Fancello elenca con precisione: «Come si connetterà questa nuova infrastruttura con l'asse mediano? Quali saranno le dinamiche legate al traffico proveniente dalla 130 o dalla 131? Quali gli impatti sul quartiere di Sant'Avendrace interessato da una valida riqualificazione? E la lista può continuare». Per il professore nuorese i tempi per ragionare sul futuro della mobilità cittadina ci sono: «La città metropolitana sta per varare il Piano urbano della mobilità sostenibile. È l'occasione per capire come il nuovo tunnel si dovrà inserire nel contesto urbano».

 

L'urbanista. L'ecosistema cittadino è l'aspetto più importante da prendere in considerazione anche secondo Francesco Atzeri, progettista e urbanista cagliaritano. «Serve uno studio costi-benefici per capire se valga la pena - spiega -. Non dobbiamo prendere in considerazione solo la probabile diminuzione del traffico. Ci sono tante variabili che coinvolgono anche l'ambiente marino».

 

Centro città, porto e potenziali effetti sulle correnti sono poi elementi che coinvolgono decine di amministrazioni pubbliche. Per questo è necessario un confronto fra tutti gli attori sulla scena: «Non ci si può avventurare verso una valutazione di impatto ambientale senza aver calcolato tutto sino al minimo dettaglio», ribadisce. E il dialogo non può prescindere dall'idea di città del futuro che si vuole realizzare: «Occorre sapere cosa si vorrà fare di un centro storico cambiato: avremo una passeggiata sul mare e dobbiamo sapere in anticipo come farla vivere. Senza le idee chiare è meglio puntare su altre soluzioni».

 

Matteo Mascia

 

Articolo tratto da L’Unione sarda del 26 Novembre 2020

 

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Federico Marini

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mercoledì 25 novembre 2020

(25 Novembre 2005) Muore il calciatore George Best


 

"Quando me ne sarò andato, la gente dimenticherà tutta la spazzatura e ricorderà solo il calcio" (George Best)

 

(25 Novembre 2005) Muore il calciatore George Best. Pallone d’oro a ventidue anni, il "quinto Beatle", è un idolo assoluto per molte generazioni. Il golden boy del calcio del Regno Unito, 178 goal in 466 partite disputate con il Manchester United, lascia il calcio a 26 anni. Considerato il miglior calciatore nordirlandese della storia e uno dei migliori calciatori di tutti i tempi, occupa la 16ª posizione nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo IFFHS e l'8ª posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer. Nel 2004 è stato inserito nella FIFA 100, la lista dei 125 migliori calciatori della storia, stilata in occasione del centenario della FIFA.

 

Champagne e stile di vita da playboy degenerano in alcolismo, bancarotta e una condanna di tre mesi, scontata in prigione, per guida in stato di ebbrezza. Pochi giorni prima della sua morte, fa pubblicare una foto che lo ritrae, sofferente, in un letto di ospedale. ‘’Non morite come me", distrutti dall'alcol, e’ il suo ultimo monito.

 

George era il figlio primogenito di Dickie Best e Anne Best (nata Whiters; 1922-1978). Crebbe a Cregagh, quartiere nell'est di Belfast. Apparteneva a una famiglia protestante; il padre faceva parte dell'Ordine di Orange e in alcune occasioni lo portò con sé alle riunioni del gruppo. Aveva quattro sorelle, Carol, Barbara, Julie e Grace, e un fratello, Ian. Suo padre gli sopravvisse e morì il 16 aprile 2008, all'età di 88 anni, mentre la madre perì nel 1978, quando George era ancora in attività, a causa di una malattia cardiovascolare dovuta all'alcolismo.

 

Best iniziò a giocare ad alti livelli da giovanissimo, dopo che un osservatore del Manchester United lo vide in una squadra locale: mandò subito un telegramma alla sede del Manchester, scrivendo “Penso di aver trovato un genio”. Debuttò in campionato col Manchester a 17 anni nel 1963 e nel giro di cinque anni vinse una Coppa d’Inghilterra, due campionati, una Coppa dei Campioni e il Pallone d’oro.

 

Dopo la fine della sua carriera attirarono attenzione soprattutto i suoi problemi di salute, dovuti a una gravissima dipendenza dall’alcol: fu arrestato diverse volte e nel 2002, a 56 anni, subì un trapianto di fegato. Non riuscì mai a smettere di bere e morì tre anni dopo. La sua frase in assoluto più famosa circola ancora moltissimo: «I spent a lot of money on booze, birds and fast cars. The rest I just squandered» («Ho speso molti soldi in alcool, ragazze e macchine veloci. Il resto l’ho sperperato»).

 

Il decesso avvenne il 25 novembre 2005, al Cromwell Hospital di Londra, a causa di un'infezione epatica; a comunicare la notizia ai giornalisti, assiepati all'uscita della clinica, fu il figlio Calum che gli stette vicino negli ultimi giorni di vita. I funerali si svolsero il 2 dicembre 2005 a Belfast; presenti, tra gli altri, Alex Ferguson e Bobby Charlton, nonché diversi ex compagni di squadra. Riposa nella tomba accanto alla madre.

 

Visita al nuraghe S'ulumu e la fonte a pozzo S'ulumu. Di Natalia Guiso.


 


La piccola escursione di cui vorrei parlarvi oggi mi porta in territorio di Dorgali. I siti esplorati sono un bellissimo nuraghe chiamato S'ulumu e la fonte a pozzo S'ulumu.

Il nuraghe è di tipo complesso, difficile da definire per via degli innumerevoli crolli e della folta vegetazione.

Ancora visitabile il mastio centrale e le tre nicchie a croce, purtroppo la tholos è crollata. L'ingresso è inaccessibile, ma si può notare l'accenno della scala e di alcune torri, intorno al nuraghe sorgeva il villaggio, di cui rimane ben poco, un tempo si segnalava anche la presenza di una tomba dei giganti, ormai andata perduta, di cui abbiamo provato a cercare i resti, ma senza successo.

Il nuraghe sorge su un piano basaltico. Più a valle si può visitare la fonte, costruita a filari orizzontali, presenta la copertura a tholos. Purtroppo si trova avvolta dalla vegetazione, temo che le radici degli alberi non tarderanno a far crollare la struttura, avendo visitato il sito un mesetto fa, non c'era acqua, non so se per via della siccità o di interventi umani.

Ogni volta che ho la fortuna di fare un'escursione, non posso che essere grata, ogni volta è una nuova scoperta, un'emozione unica, esplorare per me equivale a sentirmi parte di questo mondo. Più passa il tempo più penso a quanto la società moderna abbia perso il contato con la realtà, con colei che ci nutre e ci permette di essere ospiti nel suo dolce ventre...

(qualcuno saprebbe dirmi se è sacra o di approvvigionamento la fonte ? Le ipotesi sono contrastanti)!

 

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Natalia Guiso








L'ora del tunnel sottomarino.


 


Ormai se ne parla da quasi trent'anni, ma finora l'ambizioso progetto è rimasto sempre un sogno per le amministrazioni di centrodestra mentre è stato bocciato da quella di centrosinistra. Che fine ha fatto l'idea del tunnel sotterraneo sotto il porto di via Roma, per collegare viale La Plaia e viale Colombo e fare di via Roma una grande piazza pedonale con vista mare?

 

«È sempre in ballo», spiega il sindaco Paolo Truzzu. «Il progetto è inserito, insieme alla riqualificazione complessiva di viale Colombo e di tutto il complesso fieristico, all'interno del Recovery Plan. L'obiettivo è trasformare una grande area di pregio in una grande piazza sul mare, non riservandola esclusivamente al traffico delle auto. C'è un elemento di base», sottolinea il primo cittadino, «tra i portici di via Roma e il mare ci sono 24 corsie. Sarebbe opportuno riuscire a recuperarne una parte e destinarle alla vita cittadina, ma è chiaro che per farlo dobbiamo creare alternative per il traffico veicolare», aggiunge.

 

Il progetto. La primogenitura del progetto appartiene all'ex sindaco Emilio Floris e prevede la realizzazione di un tunnel terrestre su via Roma sfruttando la corsia centrale oggi dedicata ai parcheggi per i residenti. Troppo costoso, 180 milioni di euro, ma soprattutto troppi disagi per i cagliaritani legati ai tempi del cantiere. Negli anni, poi, le ipotesi che si sono susseguite sono state altre tre: la prima è molto simile alla prima ma con un miglior raccordo della viabilità e delle rampe di ingresso e di uscita dal tunnel. I costi, in questo caso, variano tra i 150 e i 200 milioni di euro, ma restano le difficoltà legate alla valutazione di impatto ambientale.

 

La seconda ipotesi prevede la realizzazione del tunnel prevalentemente mediante conci prefabbricati fuori opera e poi sommersi. Costa di più, circa 280 milioni, e conferma tutti i dubbi legati all'impatto del cantiere. L'ultima soluzione (la terza), «quella più probabile», spiega il vicesindaco e assessore all'Urbanistica, Giorgio Angius, è un tunnel sottomarino lungo circa 500 metri che inizia sul molo Riva di Ponente e termina in viale Colombo o in viale Diaz (da definire).

 

Un'opera di straordinaria ingegneria che è già inserita in una proposta di pianificazione inserito nel piano di regolazione del porto. «Questa ipotesi è attualmente la più percorribile consentirebbe lo spazio per il transito di grandi yacht e l'infrastruttura sarebbe più "veloce" della altre e non interromperebbe», chissà per quanti anni, «il traffico in via Roma».

 

Le fasi. Nell'attesa che il Governo decida se si tratta di un'opera strategica o meno e, di conseguenza, dia o meno i soldi necessari per realizzarla (costo tra i 200 e i 300 milioni di euro), in questo momento non c'è un dettaglio progettuale. Quello che è certo è che si tratta di un'opera che impatta meno rispetto a quella prevista in origine (il tunnel che passa sotto la via Roma) «ed è comunque una struttura di straordinaria importanza per la città», ripete il vicesindaco Giorgio Angius. «La progettazione di un'opera così importante ha costi molto elevati, quindi si fa nel momento in cui c'è una ragionevole certezza che l'opera si potrà realizzare», spiega ancora Angius.

 

Dopo la fase di progettazione e di programmazione delle risorse, via libera ai lavori. «Se si deciderà in tal senso, l'assessorato è pronto», spiega Gabriella Deidda, assessora ai Lavori Pubblici. «L'amministrazione ha detto più volte quanto sarebbe importante riuscire a realizzare quest'opera strategica per la città».

 

Mauro Madeddu

 

Articolo tratto da L’Unione sarda del 25 Novembre 2020

 

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Federico Marini

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