venerdì 29 maggio 2020

Il sindaco Pd non torna indietro e Zedda lo attacca. Zaia: lombardi benvenuti ma capisco l'ansia di Solinas. E Sala rincara la dose: «Il turismo nell'isola portato dai milanesi»




Ventiquattro ore dopo dopo il botta e risposta al veleno, la pezza è peggiore del buco. Il sindaco di Milano Beppe Sala la butta così: «Il turismo in Sardegna è stato creato, in parte, anche dai milanesi». Lo dice in una intervista pubblicata sul quotidiano La Stampa nella quale spiega di avere soltanto sollecitato chiarezza sulla libertà di movimento tra regioni. Per poi ribadire: «Se qualcuno mi obbliga a fare il test per andare a casa sua io preferisco rinunciare».

Ancora: «Ci vogliono regole chiare e anche in fretta. Ora, chi decide? E su quali basi? Poter viaggiare da cosa dipende? Dal parametro R0 della Regione? Dal numero di ricoveri? Da quello dei contagi? E poi: Solinas parla di test. Ma quali test? E come? Il tampone? Il sierologico? E quale? Il pungidito o il test del sangue? Ha stabilito un protocollo?».

Sull'esigenza di tutelare la salute aggiunge: «È un aspetto sicuramente fondamentale. Credo però che la ripartenza non sia solo una questione sanitaria ma anche economica e sociale. Non penso che la Sardegna possa vivere solo di turismo autoctono. Sono i milanesi che, almeno in parte, l'hanno inventata come meta turistica. Non dico che i sardi debbano esserci riconoscenti, ma trattarci da untori, no».

Ma quali untori, la risposta di Solinas: «Qui non c'è in gioco il radical-chicchismo da salotto per dimostrare chi è più o meno accogliente. Qui c'è un problema concreto di sicurezza sanitaria per tutti e non di discriminazione. Io ho detto che dal 3 giugno la Sardegna vuole aprire le porte a tutti i turisti senza fare distinzioni di provenienza. Il sindaco Sala si è inventato una querelle sul fatto che la Sardegna non voglia milanesi o lombardi che non esiste. Noi abbiamo detto che basta una certificazione di un test che ci dica della negatività, quindi non serve un tampone».

E poi: «Credo che Sala abbia innescato una polemica inutile. Mi sembra una querelle da salotto di chi ha molto tempo da dedicare a queste disquisizioni inutili e poco da fare». Per concludere: «Lo aspetto in Sardegna, con un certificato, già dal 3 giugno». Sul tema al centro del dibattito politico è intervenuto anche il governatore del Veneto Luca Zaia: «Dico sì ai lombardi, sono i benvenuti. Ma comprendo le ansie di Solinas».

Perché, aggiunge l'esponente della Lega «parlare è facile ma una responsabilità non si prende alla leggera. Però, nessuno può uscirne come un untore. Mi metto nei panni di un lombardo, non troverei corretto che qualcuno mi trattasse da agente di contagio». Un altro leghista, il deputato Alessandro Morelli, invece si schiera totalmente con Solinas e critica pesantemente sia il sindaco Sala sia il ministro Boccia, che ieri ha emesso sentenza definitiva sul passaporto sanitario: «È incostituzionale».

Dice Morelli: «Il Pd lavora a tempo pieno e a tutti i livelli per interessi diversi da quelli nazionali. I due strateghi dello Spritz e delle mascherine attaccano il governatore sardo Solinas che avendo la fortuna di essere su un'isola può certificare gli ingressi dichiarando al mondo che la sua regione è Covid-free, rilanciando così un'area che senza villeggianti è alla disperazione».

Di opinione opposta Massimo Zedda, leader dei Progressisti in consiglio regionale: secondo lui la polemica Sala-Solinas aiuta «a distrarre i sardi dai problemi reali». Dice l'ex sindaco di Cagliari: «Da mesi il presidente della Regione non fa altro che diffondere notizie prive di fondamento, ma ci ha pensato il sindaco di Milano, con dichiarazioni che non condivido, a distrarre i sardi dalle bugie del governo regionale. Mentre come opposizione siamo impegnati, da mesi, nel tentativo di far apparire le tante dichiarazioni del presidente della Regione sul passaporto sanitario per quello che sono,  cioè delle frottole irrealizzabili, la polemica di questi giorni è servita solo a distogliere l'attenzione. Ora siamo qui a discutere di Milano, del suo sindaco e dei milanesi e non parleremo per giorni del fatto che le teorie del governo regionale siano bufale».

A proposito dei milanesi e dei turisti in generale intenzionati a venire in Sardegna, ecco il commento al vetriolo di Gianfranco Scalas, leader di Fortza Paris, partito di maggioranza escluso dall'ultimo vertice del centrodestra: «Se fossi in loro, di fronte alle molteplici richieste del presidente della Regione su certificati, patenti, test e tesserini del club di Topolino, andrei in vacanza da un'altra parte».

L’articolo è tratto da La Nuova Sardegna del 29.05.2020


di Silvia Sanne
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Federico Marini
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giovedì 28 maggio 2020

I sardi non aspetteranno il caro padrone milanese tanto buono! Di Pier Franco Devias.



Ma come diventa improvvisamente importante l’opinione del presidente della Sardegna, ora che devono correre a sciacquarsi le chiappe in colonia! Per tutto l’anno i Sardi possono anche crepare, combattere da soli contro il covid, subire bombardamenti stagionali anche con missili radioattivi, battere ogni record di miseria e disoccupazione, di abbandono scolastico e povertà minorile, di emigrazione e spopolamento del territorio, ma i mezzi di informazione italiani non trovano spazio, forse troppo distratti dal ragazzino che inventa la parola “petaloso”, dal cappello rosa della regina e dai piagnistei di Morgan...


Ma se la sbruffonata del sindaco di Milano trova tutto questo spazio forse è anche perché noi, o meglio, alcuni di noi, hanno contribuito a confermare e consolidare questa mentalità da colono in tanti italiani. Certo che quando un sindaco di Milano sente un sindaco di Olbia strillare che se non apriamo tutto subito – testuali parole – “qui moriamo tutti di fame”, o legge ogni giorno sui giornali sardi gli interessi degli albergatori posti al di sopra di tutto e di tutti, probabilmente si mette in testa che davvero noi Sardi senza di loro non possiamo vivere.


Beh forse è meglio ridimensionare le cose e fare abbassare la cresta a certa gente. Forse è meglio ricordare che il turismo in Sardegna, nei fatti e non nelle favole, rappresenta una fetta importante ma minima dell’economia. Non certo “la principale economia” come millanta qualche fanta-assessore.


Forse è meglio ricordare che se anche il turismo fosse la prima voce dell’economia, non saremmo mai disposti a far morire migliaia di persone per un tozzo di pane. Abbiamo già imparato dagli industriali milanesi che morire prematuramente per riempire le tasche degli altri non è un buon affare per noi Sardi.


Forse è meglio ricordare che noi ospitiamo turisti da tutto il mondo, non solo dalla Lombardia. Dalla Lombardia invece ospitiamo parecchi residences, alberghi, negozi e ristoranti che con la bellezza del nostro mare fanno grandi affari, versando le tasse in Lombardia e pagando una miseria gli stagionali sardi.


Forse è meglio ricordare che, a prescindere dalle millanterie del sindaco di Milano, non è certo per la richiesta di sicurezza che crollerà il turismo, ma per il fatto che il 38% delle famiglie italiane ha dichiarato che quest’anno non andrà in vacanza per problemi economici e che il 40% ,se andrà in vacanza, resterà nella sua regione o al massimo in una regione limitrofa. E la Sardegna non è limitrofa di nessuno.


Forse è meglio ricordare che il sindaco Sala e gente come lui, evidentemente convinti che il buon selvaggio sardo attenda “badrone idaliano dando buono”, se non vengono in Sardegna quest’anno ce ne faremo una ragione. E se non vengono neanche nei prossimi anni pazienza, vuol dire che continueremo a campare del nostro duro lavoro, dignitosamente, come abbiamo sempre fatto.
Senza l’elemosina di nessuno.

 

Di Pier Franco Devias

Duello Sala-Solinas: «Non andrei nell'isola» «Dovrebbe tacere»


Duello Sala-Solinas: «Non andrei nell'isola» «Dovrebbe tacere» Il sindaco di Milano polemico sui controlli per l'accesso Il governatore: «Pensi ai suoi famigerati aperitivi»

Sul fatto che la pandemia ci avrebbe reso più uniti le ottimistiche convinzioni di alcuni hanno cominciato a vacillare sin da subito. Le divisioni, alimentate da campanilismi e differenti colori politici, stanno caratterizzando questa fase di ripresa e i rappresentanti istituzionali sembrano non sfuggire a questo meccanismo. La polemica di ieri ha visto contrapposti il sindaco di Milano, Beppe Sala, e il presidente della Regione, Christian Solinas.

Ha aperto le ostilità al mattino il sindaco Sala nel corso di una diretta social: «Vedo che alcuni presidenti di Regione, ad esempio quello della Liguria, Giovanni Toti, dicono che accoglieranno a braccia aperte i milanesi. Altri, non li cito, dicono "magari se fanno una patente di immunità è meglio". Qui parlo da cittadino prima ancora che da sindaco: quando deciderò dove andare per un weekend o una vacanza me ne ricorderò».

Tra i sicuri destinatari del messaggio c'era sicuramente il presidente sardo che da settimane si sta battendo per l'istituzione di un "passaporto sanitario" poi diventato "certificato di negatività" che potrebbe essere derubricato in "autocertificazione" come condizione per l'ingresso in Sardegna. E infatti la risposta di Solinas non si è fatta attendere: «Sala in materia di coronavirus dovrebbe usare la decenza del silenzio, dopo i suoi famigerati aperitivi pubblici in piena epidemia. Nessuno ha chiesto improbabili patenti di immunità, ma un semplice certificato di negatività».

Nell'arco della giornata Solinas ha poi precisato meglio: «La Sardegna lo ha fatto proprio per poter accogliere al meglio e in sicurezza tutti i cittadini, anche e soprattutto quelli che sarebbero fortemente penalizzati se il Governo andasse avanti nell'ipotesi di bloccare la mobilità dei residenti in regioni considerate a rischio superiore verso quelle a basso rischio. Con la mia proposta anche un cittadino di Milano potrebbe godersi da subito le vacanze in Sardegna».

Il sindaco di Milano ha poi ,controreplicato, sempre su Facebook, alla replica di Solinas: «Rispondo con educazione a quanto da lei affermato - ha scritto Sala rivolto al presidente sardo -. Ho parlato a titolo personale, ma non tiro indietro la mano: non andrei in vacanza laddove fosse richiesto un test di negatività. A parte il fatto che non è così semplice disporre di questi test, penso sia sbagliato discriminare gli italiani per regioni di appartenenza. Milano e la Lombardia saranno sempre terre di libertà e di accoglienza. Ci aspettiamo lo stesso dal resto del Paese».

In serata Sala è intervenuto al Tg di La7: «Siamo una regione che ha sempre accolto tutti - ha detto -. Ora che siamo noi in difficoltà, essere trattati come untori non fa certo piacere». Lo scontro ha provocato anche delle reazioni politiche. Il Pd sardo è intervenuto nella contrapposizione, criticando il presidente Solinas: «Le recenti dichiarazioni del presidente non fanno altro che aumentare la confusione, spaventare i turisti e gli operatori del settore - scrivono in una nota i consiglieri regionali del Pd -. Se in Sardegna c'è qualcuno che chiude le porte ai lombardi, questa è la Lega. La polemica sul passaporto sanitario, infatti, sembra fatta apposta per far scegliere ai turisti altre destinazioni.

La giunta leghista sarda pensi ad una soluzione che permetta a tutti i cittadini italiani, compresi quelli lombardi, di poter trascorrere in sicurezza le vacanze in Sardegna». Fratelli d'Italia invece difende il presidente: «Siamo pronti ad accogliere i turisti nell'Isola, ma è doveroso effettuare i controlli per garantire la salute di chi verrà a farci visita e dei residenti - scrivono Fausto Piga, Francesco Mura e Nico Mundula, rappresentanti di Fratelli d'Italia in Consiglio regionale -. Basta barricate, auspichiamo un dialogo costruttivo col Governo, una leale collaborazione senza pregiudizi e posizioni ideologiche».

«Non abbiamo lezioni da dare. Ma, nel nostro piccolo, nemmeno da prenderne – dice il presidente dell'Anci Sardegna, Emiliano Deiana -. Non c'è nessun astio verso nessuno. Ma non c'è nemmeno nessuno, in Sardegna, che piega la testa ed espone all'insicurezza i nostri cittadini e le nostre famiglie. Noi abbiamo sempre vissuto con poco e di poco. Ma non abbiamo l'indole di elemosinare qualcosa».Un deciso intervento a favore del governatore Solinas arriva dal deputato di Forza Italia, Pietro Pittalis: «Trovo assurde e fuori luogo le parole di Sala e di un suo non tanto celato boicottaggio verso la Sardegna solo perché si cerca di tutelarsi contro la pandemia. Sarebbe il caso riflettere prima di parlare a vanvera».

di Roberto Petretto

Articolo tratto dalla “Nuova Sardegna del 28 Maggio 2020
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Federico Marini
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mercoledì 27 maggio 2020

«Isola Covid-free? Sbagliato Meglio ricordare al mondo le bellezze della Sardegna»



«Se dal punto di vista del vantaggio competitivo si vuole fare la differenza puntando sull'essere un'Isola Covid-free, non ci siamo».
Perché?
«Lo dicono gli esperti: non è possibile. E' più importante invece comunicare, raccontando ciò che abbiamo di unico in Sardegna, e lo si deve fare subito con una grande campagna, anche sulle testate nazionali e internazionali».
In questo momento?
«A maggior ragione. Intanto abbiamo un bacino di clientela affezionata, fidelizzata, con la quale bisogna mantenere la relazione. Come l'albergo che manda gli auguri di Pasqua e Natale ai suoi clienti, così un territorio deve ricordare a chi lo ha già apprezzato, e dire a chi lo apprezzerà in futuro, di essere unico, con una natura perlopiù incontaminata e paesaggi dove praticare attività all'aria aperta. Si deve mantenere alto il desiderio. Altrimenti succede come nella relazione di coppia: se non è alimentata da un rapporto continuo, finisce».
Le piace l'idea del passaporto sanitario per i turisti?
«E' un autogol, non aiuta. Questi provvedimenti hanno senso se adottati in una dimensione ampia, almeno di Unione Europea. Tra l'altro proprio a livello comunitario si discute dell'idea di utilizzare l'Rt (l'indice di contagio, ndr) come criterio per identificare i territori, e quindi gli spostamenti, dividendoli tra sicuri e meno sicuri».

Giuseppe Melis, docente di Marketing dell'Università di Cagliari, avverte che per sostenere la filiera del turismo intanto è necessario evitare «messaggi controproducenti e contradditori».

Il passaporto sanitario non è l'unico messaggio sbagliato?
«A livello istituzionale è stato detto anche che siamo un'Isola dove, se i contagi dovessero moltiplicarsi, non saremmo in grado di gestirli. Non va bene, intanto perché il nostro sistema sanitario, pur con tutti i limiti, ha dimostrato di essere di ottimo livello. In secondo luogo, l'offerta turistica non può prescindere dalla qualità dei servizi di un territorio: dobbiamo avere un sistema sanitario efficiente, pensato anche in funzione della popolazione fluttuante, non solo dei residenti».
Come dovremmo impostare la nostra comunicazione?
«Io inviterei la gente a venire in Sardegna dicendo che anche qui abbiamo gli stessi protocolli di sicurezza adottati altrove, perché non è che gli altri in Italia e nel mondo siano meglio o peggio. Tutti ci si sta organizzando facendo quello che oggi la scienza permette di fare, cercando di investire utilizzando tecnologie e risorse a disposizione. Ma è fondamentale comunicare la nostra voglia di accogliere gente in condizioni di sicurezza».
La distanza fisica sarà la regola.
«La Sardegna è riconosciuta come il territorio ideale per le attività all'aperto: cicloturismo, trekking, arrampicata. E' la terra dei grandi spazi, pensiamo alle zone interne, alla montagna, ai borghi. Quanto alle spiagge, sono talmente tante e vaste che il problema della distanza si può risolvere. Ad esempio con il contapersone per regolare gli ingressi. E' una tecnologia sulla quale investire...».
Come?
«Le risorse ci sono, le competenze pure, ma ci deve essere una regia che condivide questo sistema informativo. Se si ragiona in un'ottica di bene comune i problemi si risolvono».
Gli imprenditori del comparto sono sfiduciati e chiedono un sostegno.
«Hanno ragione visto che parliamo di risorse disponibili e non è giusto tenerle ferme. Anche la Regione ha un programma di fondi comunitari: i bandi li stanno facendo? Su quali linee di finanziamento? C'è un lavoro gigantesco da fare».
Si può continuare a fare impresa nel turismo?
«Pensare che si riuscirà a recuperare una stagione è impossibile, riuscire a tamponare al minimo i danni è invece una prospettiva che si può perseguire, a patto però che ci sia un concorso di azioni a livello istituzionale non solo in tema di sostegno alle imprese, ma anche di messaggi chiari e tali da non incutere paura».
Come li riduce i danni un'impresa?
«Ci sono i cicli economici negativi dove è un successo riuscire a perdere il meno possibile. Sarà fondamentale dimostrare di essersi organizzati, di garantire la distanza fisica e i dispositivi di protezione. Tutti noi, nella scelta della destinazione, valuteremo questi aspetti».
Per garantire la distanza si stanno perdendo clienti.
«E' ovvio che ci sarà una perdita di ricavi: pensiamo al ristorante che deve dimezzare il numero dei coperti. Però il ristorante che perde clienti negli orari canonici del pranzo e della cena finora non aveva previsto la possibilità di differenziare il servizio proponendo il brunch o l'orario prolungato. Servono elasticità e creatività».


Piera Serusi


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Federico Marini
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martedì 26 maggio 2020

(26 Maggio 2001) Muore a Parigi Alberto Korda


(26 Maggio 2001) Muore a Parigi Alberto Korda. Durante la rivoluzione cubana, Korda, ex fotografo di moda, per il quotidiano La Revolucion documenta 40 anni della rivoluzione castrista. Korda deve la sua fama soprattutto alla foto, intitolata "Guerrillero Heroico" , scattata nel 1960 a uno dei capi della rivoluzione cubana Ernesto “Che” Guevara, durante i funerali delle vittime del naufragio di una nave sabotata nel porto di L’Avana. Secondo alcuni testimoni, Il “Che” aveva quell’espressione perché reduce da un fortissimo attacco d’asma, avvenuto poco prima. Korda regalerà in doppia copia a Giangiacomo Feltrinelli quell’immagine leggendaria; la foto verrà pubblicata in Italia come poster nel 1967 dopo la morte del rivoluzionario argentino.

Korda usò una macchina “Leica M2”, e riuscì a scattare due foto al comandante, la prima in orizzontale e la seconda in verticale. Disse il fotografo: “L'ho guardato attraverso la Leica ed ho scattato due foto: una orizzontale, mentre stava chiudendo la zip del giubbotto, una verticale, più bella.” In seguito, nel corso del processo di stampa della foto, lo stesso Korda decise di isolare la figura del "Che" tramite una operazione di cropping, e di pubblicare solamente il primo piano del rivoluzionario argentino.

La fotografia fu pubblicata su qualche giornale cubano, ma poi rimase praticamente semisconosciuta per i successivi sette anni. Nel giugno 1967 l'editore milanese Giangiacomo Feltrinelli si recò a L'Avana, di ritorno dalla Bolivia. A Cuba incontrò Alberto Korda, iniziando una discussione col fotografo sulla rivoluzione cubana. In quell’occasione, Il fotografo gli regalò due copie della sua foto, senza volere alcun compenso.

Tornato in Italia, Feltrinelli scelse proprio il ritratto del "Che" realizzato da Korda come copertina del “Diario in Bolivia” del rivoluzionario e medico argentino. Decise anche di stampare numerosi poster con la stessa immagine, tappezzando Milano dopo la morte del comandante. Lo scatto di Korda da quel momento è diventato una delle fotografie più celebri e più riprodotte della storia. Diffusa dapprima in ambienti poliotici e successivamente nel circuito artistico, nel corso degli anni l'immagine è stata reinterpretata e riprodotta nei più vari settori: design, moda, cinema, e pubblicità.

Nonostante questo, il suo autore non ha mai reclamato i diritti né ha ricevuto alcun compenso da Feltrinelli. Korda ha però dichiarato: «Anche se non mi ha mai dato danaro per l'uso che ha fatto della mia foto, io lo perdono perché così facendo mi ha reso famoso». Nel 2000 Korda intraprese una battaglia legale contro l'azienda russa Smirnoff, rea di aver utilizzato la foto del Che per pubblicizzare la propria vodka. La vicenda si è conclusa con un accordo extra-giudiziale, che ha comportato l'esborso di 50.000 dollari da parte dell'azienda, che il fotografo ha utilizzato per una causa assolutamente nobile: l'acquisto di medicinali in favore dei bambini cubani.