domenica 26 aprile 2020

Il disastro di Chernobyl


(26 Aprile 1986) Esplode la centrale nucleare della città di Cernobyl, nell'allora Unione Sovietica. A causa di alcuni errori del personale e leggerezza di alcuni dirigenti, durante un azzardato test di sicurezza, si fonde il nocciolo del reattore numero 4, che esplode disperdendo nell’aria materiale radioattivo. Nonostante la città di Cernobyl venga subito evacuata, le conseguenze per la popolazione, oltre ai 65 morti accertati, sono molto pesanti e dureranno per molti anni. Dall’esplosione si leva una nube tossica che sorvola gran parte dell’Europa.

Le prime reazioni delle fonti ufficiali tesero a minimizzare il possibile impatto delle radiazioni sul territorio italiano. Durante una conferenza stampa ai primi di maggio la rivista "La Nuova Ecologia" e la "Lega per l'Ambiente" resero invece noti dati che documentavano la presenza preoccupante di radionuclidi su molte aree del Paese. Nei giorni successivi le autorità vietarono perciò il consumo degli alimenti più a rischio come latte ed insalata. Il 10 maggio a Roma una grande manifestazione popolare a cui parteciparono più di 200.000 persone segnò il primo passo verso il referendum che l'anno successivo portò all'abbandono dell'energia nucleare in Italia.

L'incidente e soprattutto i ritardi da parte delle autorità italiane nel dare l'allarme in una situazione che vedeva già dalla metà degli anni settanta una crescente mobilitazione contro il nucleare rappresentarono un punto di svolta nella storia dell'ambientalismo italiano: per il referendum del 1987 furono raccolte in breve oltre un milione di firme, l'associazione Legambiente e il WWF raddoppiarono i soci, mentre alle elezioni politiche del 1987 i Verdi ottennero quasi un milione di voti. Ancora oggi sono riscontrabili nell'ambiente e nei sedimenti dei fiumi alcune tracce, innocue per la salute e per l'ambiente, degli elementi radioattivi depositati dalla nube.

Dopo oltre vent’anni dalla catastrofe di Chernobyl non sono venute alla luce anomalie negli impianti. Quasi mezzo secolo di funzionamento di centrali nucleari in tutto il mondo (circa 450) hanno messo in evidenza che la sicurezza dipende da un’opportuna combinazione di accorgimenti a carattere preventivo – sia di hardware (come sistemi automatici di arresto rapido, interblocchi, strumenti di supervisione) sia di software (procedure, prescrizioni) – con diversificati e tempestivi sistemi di emergenza.

Questi dispositivi, inseriti in una “strategia di difesa in profondità” delle centrali nucleari ad acqua, assicurano la salvaguardia della popolazione e dell’ambiente circostanti gli impianti. Disastri come quello di Chernobyl, dunque, sono da escludere per le centrali esistenti e quelle in progettazione nel mondo occidentale. Il principale effetto nei paesi europei e negli USA che non hanno peraltro sofferto alcuna conseguenza della catastrofe, è stato, dunque, un maggiore impegno per l’affidabilità e la sicurezza degli impianti al fine di continuare a utilizzarne i vantaggi.

La ragione principale per cui il nucleare ha avuto uno sviluppo maggiore rispetto alle fonti rinnovabili – in particolare di più recente applicazione (eolico, fotovoltaico) – dipende dal fatto che queste ultime, anche se molto attraenti, non riescono a superare una disponibilità di funzionamento annuo del 20%, mentre le centrali nucleari hanno raggiunto valori del 90%. Con produzioni di energia elettrica almeno quattro volte superiori, a parità di potenza istallata, le centrali nucleari nei loro 50-60 anni di vita rappresentano quindi un investimento più vantaggioso nel medio-lungo termine.


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