giovedì 28 gennaio 2021

Uno staff extra large per il governatore


La legge sullo staff allargato del governatore ha superato un altro scoglio. Con i voti della sola maggioranza di centrodestra, contrarie le opposizioni, la commissione bilancio ha dato il via libera a 61 nuovi incarichi e a una spesa lorda di 6 milioni e 91mila euro quest'anno e altrettanti nel 2022. Ora mancano solo due sì: sono quelli della commissione riforme e del Consiglio regionale, che dovrebbero arrivare entro metà febbraio. È passata quindi la linea del governatore, che aveva sollecitato una corsia preferenziale per il suo disegno di legge. Alla fine sugli 11 articoli la coalizione s'è ricompattata, nonostante i molti malumori delle ultime settimane.

 Il costo e le polemiche. Gli oltre sei milioni a carico del bilancio della Regione non sono un'indiscrezione. A scriverlo è lo stesso governatore nella relazione tecnico-economica, obbligatoria, inviata alla commissione bilancio per esprimere il parere. Il dettaglio è questo: mezzo milione nel 2020, poi 12 volte tanto quest'anno e altri 6 milioni il prossimo. Perché? La risposta della Giunta è sintetizzata in un'altra relazione, quella politica, anche questa allegata al disegno di legge: «Dopo ben 43 anni, va rinnovato e razionalizzato l'ordinamento delle strutture centrali della Regione».

 Ma non per le opposizioni: «Siamo di fronte a una moltiplicazione delle poltrone in un momento drammatico a causa della pandemia e alla nascita, tra l'altro imposta, di una struttura parallela sotto lo stretto controllo del presidente e che finirà per svuotare di competenze gli assessori». Lo scontro è appena agli inizi ed è scontato che salirà di tono quando la legge sarà discussa in aula.

 Nuovi incarichi e stipendi. Il team del presidente costerà oltre mezzo milione al mese e dovrà essere costituto per quanto riguarda i posti di vertice «da personale interno o esterno alla Regione». Cioè da manager di «particolare e comprovata qualifica professionale, con almeno 5 anni di dirigenza in enti pubblici o privati, oppure altrettanti anni d'iscrizione in ordini professionali per il cui accesso è previsto un esame di Stato». In testa alla piramide, ci sarà il segretario generale, incarico tutto nuovo, con un ingaggio intorno ai 285mila euro lordi l'anno, e il compito di «mantenere i rapporti fra governo della Regione e amministrazione pubblica».

 Poi sarà sempre lui, il super manager, a coordinare i tre direttori di dipartimento, per ognuno lo stipendio supererà i 244mila euro lordi, e che a loro volta controlleranno i direttori generali degli assessorati, accorparti nelle macro aree programmazione, attività produttive e politiche sociali. L'Ufficio di presidenza, che a questo punto dovrebbe passare da 28 a 48 incarichi, sarà poi rinforzato con il Comitato per la legislazione e il Servizio studi. Il resto dello staff, infine, crescerà ancora anche grazie all'assunzione di altri addetti al gabinetto e al cerimoniale. Tirate le somme, i nuovi incarichi saranno 20, per un costo stimato di 2,5 milioni l'anno.

 Mentre - com'è scritto nel disegno di legge - sarà di 41 unità il personale in più negli uffici di gabinetto dei 12 assessorati. Saranno assunti 5 consulenti e 36 addetti per lo staff, con una spesa quantificata in 2,8 milioni lordi l'anno.I tempi. La settimana prossima gli 11 articoli dovrebbero essere licenziati dalla commissione riforme e dopo una decina di giorni iscritti all'ordine del giorno del Consiglio. A metà febbraio, quindi, dovrebbe cominciare lo scontro in aula.

 

Di Umberto Aime

 

Articolo Nuova Sardegna del 21.01.2021 
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Federico Marini
skype: federico1970ca

 

 

Concorso letterario SalvaStudi. Al primo classificato 2000 euro.


 

Che cos’è il concorso letterario salvastudi?

Il Concorso Letterario SalvaStudi (II edizione) è un concorso indetto per realizzare il progetto SalvaStudi, un'iniziativa finalizzata a sostenere il mondo della ricerca e dell'università. Per la partecipazione, chiediamo ad ogni concorrente di lasciare una donazione libera, di qualsiasi importo. L'obiettivo è raggiungere 10.000€ di donazioni, di cui 2.000€ andranno al vincitore del Concorso. 

Il bando pubblico ufficiale del concorso è stampabile da questo link:

https://www.salvastudi.it/bandosalvastudi.pdf

Cosa si vince?

Il primo classificato vincerà 2.ooo€. 

L'opera prima classificata verrà inoltre pubblicata, integrale o in estratto (se troppo lunga), dalla rivista trimestrale Il Salotto degli Autori, giunta al suo diciottesimo anno di età, gestita dall'associazione CartaePenna, che è anche casa editrice ed agenzia editoriale. Il numero della rivista avrà la copertina dedicata al vincitore. Un'ottima opportunità per far circolare il proprio nome tra gli addetti ai lavori dell'editoria.

Il primo classificato riceverà anche una recensione-vetrina (se l'opera è edita) o un'intervista (se l'opera è inedita), che sarà pubblicata da Gli Scrittori della Porta Accanto nell'home page del loro sito e sulle pagine social collegate. 

Il secondo classificato riceverà un buono di 97€ per seguire gratuitamente un corso di scrittura creativa presso concorsiletterari.net.

primi cinque classificati diventeranno per un anno Soci Benemeriti della rivista "Il Salotto degli Autori"; dal sesto al decimo classificato diventeranno Soci Autori. Per scoprire tutti i vantaggi dei soci consulta il sito di CartaePenna. 

Ai primi dieci classificati si aggiungeranno altre dieci opere segnalate. L'elenco dei segnalati sarà pubblicato nel numero della rivista che ospiterà l'opera vincitrice.

Con quali opere si può partecipare?

Sono ammesse opere edite o inedite, anche già premiate in altri concorsi o partecipanti a concorsi concomitanti.

Ammessa qualsiasi lunghezza e qualsiasi genere letterario, oltre a qualsiasi tipologia: singola poesia, singolo racconto, romanzo, raccolta di poesie, raccolta di racconti, sceneggiatura teatrale, sceneggiatura cinematografica.

Si può partecipare con una sola opera, oppure con due opere se si richiedono due recensioni (leggere più avanti). 

Non ci sono limiti di età.

Da chi è composta la giuria?

La giuria è composta dai membri del team di SalvaStudi, più altri collaboratori laureati in discipline umanistiche, nel caso in cui le opere pervenute siano di numero troppo elevato.

Quali opere riceveranno una recensione?

Per invogliare le donazioni, recensiamo le opere dei donatori più generosi. Le recensioni verranno consegnate agli autori entro tre mesi, corredate da un voto

La nostra giuria è composta da lettori "forti", appassionati di lettura, un test dunque importante per gli aspiranti scrittori.

Fino a 900.000 caratteri spazi inclusi, bisogna donare almeno 50€ per avere la recensione con voto; oltre 900.000 caratteri almeno 100€.

Può partecipare al concorso con due opere chi desidera ricevere una recensione con voto per entrambe le opere. È possibile anche richiedere due recensioni con voto della stessa opera (da lettori diversi). 

Per ogni singola recensione richiesta è necessario donare il corrispettivo minimo in base alle indicazioni suddette. 

Per chiarimenti chiedere a posta@salvastudi.it.

Come si partecipa?

È semplicissimo.

In basso è possibile scegliere se donare con carta di credito/debito oppure attraverso bonifico bancario.

Una volta effettuata la donazione, è sufficiente inviare via mail la propria opera in allegato, all'indirizzo posta@salvastudi.it, incollando nell'email il seguente testo:

Accetto l'Informativa sulla Privacy e il contenuto del bando del Concorso Letterario Salvastudi. 

Se hai scelto di donare con carta, utilizza sempre gli stessi dati (il tuo indirizzo email e il tuo nome e cognome), sia quando invii la tua donazione, sia quando invii la tua opera al nostro indirizzo, così che possiamo identificare la tua donazione.

Se hai optato per il bonifico, quando invii l'opera allega la ricevuta del versamento. Se doni con carta, la donazione minima accettata è di 5€; se vuoi donare di meno puoi farlo tramite bonifico.


In Italia il frequente voto di scambio inquina la democrazia. Di Lucia Chessa.


 

Sembra già terminato il clamore (molto soft per la verità) attorno all’inchiesta della procura di Catanzaro che parla del solito triangolo, di affari, politica, criminalità organizzata, tenuto stretto da fiumi di soldi e voti di scambio. Eppure quando il segretario nazionale di un partito, l’UDC, viene pesantemente coinvolto in un’indagine che parla di appalti truccati e di voti dati come contropartita, vuol dire che siamo messi male. E quando un assessore regionale dello stesso partito viene messo agli arresti domiciliari e c’è un magistrato che afferma che questa volta è chiarissima la contiguità tra politica, delinquenza e soldi a fiumi, vuol dire che siamo messi malissimo.

 Io non entro nel merito di una singola inchiesta, sono garantista nonostante le apparenze, però lo sappiamo tutti che viviamo in un paese dove la pratica del voto in cambio di un favore, di un lavoro, di una generica protezione, anche solo promessa, è così diffusa e consolidata da sembrare normale. Però si sa che chi rinuncia a scorciatoie e corsie preferenziali rischia di sembrare lo/la sfigato/sfigata che non ha ancora capito come si sta al mondo.

 E questo lo sa bene chi cerca, e ha cercato, di correre e di competere in ogni ambito, politico-elettorale e non solo, con armi pulite, con onestà e onore appunto, rinunciando alla pratica del padrinaggio, del maneggio, delle agenzie interinali e della promessa del lavoretto precario. Eppure il voto di scambio al quale ci si è serenamente abituati mina le basi stesse del sistema democratico. Le campagne elettorali che legano persone, famiglie, porzioni intere di comunità ad un protettore politico dal quale ci si attendono vantaggi, inquina e intorbidisce irrimediabilmente il voto.

 Perciò, io l’ho sempre detto. Accozzati di tutto il mondo, io vi invito al tradimento. Non vi stimo ma una cosa di buono ora potete fare. Non votare mai i vostri accozzatori. Quelli che prima vi hanno tolto un diritto e poi ve lo hanno reso sotto forma di favore. Soprattutto se eravate con le spalle al muro, quando siete dovuti andare a chiedere e supplicare, fategliela pagare. Toglietegli quello che li fa grandi, prepotenti e padroni della vostra vita. Non li votate! E sarà meglio per tutti. Anche per voi.

 

Di Lucia Chessa

Archeologia industriale. Ex risaie di San Sabba.


San Sabba, presso Trieste, è il più imponente lager presente sul territorio nazionale italiano, venne costituito nel 20 ottobre 1943 nell’area dismessa dello stabilimento dove un tempo si lavorava alla pilatura del riso. Fu un campo di transito, detenzione e tortura dal quale passarono più di 25000 deportati, destinati a Buchenwald, Dachau, ed Auschwitz, dai quali nella stragrande maggioranza dei casi non si faceva ritorno. 

Tra i 3 e i 5 mila individui perdettero la vita per mano di Einsatzkommando Reinharde autore di altri sterminii perpetrati nei campi della Polonia. Gli imprigionamenti non avvenivano solo per motivi politici e razziali, le retate coinvolgevano anche civili (omosessuali) come pure persone destinate al lavoro coatto. Nella sala erano presenti una sala tortura per i detenuti politici, soprattutto italiani e croati.

 Non era presente una camera a gas, l’esecuzione infatti veniva compiuta tramite fucilazione o più grezzamente attraverso un colpo di mazza alla base della nuca o ancora tramite l’asfissia provocata dai gas di scarico di alcuni furgoni. Successivamente I cadaveri venivano cremati nel forno.

 Tra il 29 e il 30 aprile 1945 i partigiani jugoslavi (moltissimi partigiani croati furono torturati, uccisi deportati da San Sabba) erano diretti proprio verso la ex risiera, con l'ordine di uccidere nazisti e fascisti per immediata fucilazione. I nazisti tuttavia fuggirono, misero in libertà i pochi superstiti e, con l’intento di eliminare le prove degli eccidi, fecero esplodere il forno crematorio insieme alla sua ciminiera.

 Dopo la liberazione, fu decisione del governo di adibire l’area a campo raccolta per sfollati e, in un secondo momento, venne allestito un campo per l’accoglienza dei profughi giuliani, dalmati ed esuli istriani, tutto ciò fino al 1954. Nel 15 aprile 1965, un decreto presidenziale, stabilì che la Risiera di San Sabba venisse considerata come Monumento Nazionale. Nell’aprile 1976 si è concluso a Trieste il processo per i crimini di guerra perpetrati a San Sabba, i responsabili del Lager furono condannati da un tribunale italiano, ma sfuggirono alle pene che vennero loro inflitte.

 

 

mercoledì 27 gennaio 2021

Credo nella scuola pubblica: senza le nuove generazioni potrebbero essere vittime degli affabulatori dell'odio. Di Vincenzo Maria D'Ascanio


 

Nella mia "home" leggo alcuni “stati” che non condivido, per altro scritti da persone con cui, il più delle volte, trovo corrispondenze in ogni singolo pensiero. Purtroppo queste divergenze accadono su un qualcosa su cui tutti dovremmo trovarci d'accordo... senza i famosi "se" e "ma." Ciò accade puntualmente ogni 27 Gennaio, nella "Giornata della Memoria."

 Non che non sia giusto condannare la politica estera israeliana, per carità, ma la loro condanna è accompagnata da un disprezzo del popolo ebraico per quanto riguarda il loro rapporto conflittuale col popolo palestinese. In breve, si afferma che oggi gli ebrei (non Israele) sono diventati loro i nazisti, mentre i palestinesi sono i nuovi perseguitati, i nuovi ghettizzati, il nuovo capro espiatorio in sacrificio della bestialità umana.

 Anch'io credo che Israele stia conducendo un politica che mette in pericolo i suoi cittadini e prevarichi violentemente i sacrosanti diritti del popolo palestinese, che ha tutta la mia solidarietà. Tuttavia di questo non voglio parlare, altrimenti incapperei nello stesso fraintendimento. Contaminare il "senso" di questo giorno: ovvero ricordare cosa può fare l'uomo (la bestia umana), quando si spengono ragione ed empatia, e la nostra ferocia innata viene liberata senza più freni.

 Ricordare cosa siamo in grado di fare quando rifiutiamo ogni legge morale (che sia naturale e laica o divina), credendo di essere al centro di un ipotetico disegno dove per altro le divinità di riferimento diventiamo noi stessi, con la possibilità di stabilire cosa sia giusto e sbagliato, e individuando così le vittime sacrificabili per la buona riuscita del nostro folle progetto universale.

 Quante volte, nella storia, abbiamo dovuto assistere a questi maledetti scenari! Gli europei che massacrarono i nativi americani, in nome della civilizzazione. Oppure pensiamo alle crociate, dove il sangue scorreva in nome delle differenti religioni (neanche poi così diverse), salvando dunque il diverso massacrato delle fiamme dell'Inferno. Possiamo anche pensare a genocidi a noi più vicini, il genocidio degli armeni da parte dei turchi, o quello dei mussulmani nella guerra balcanica.

 Oggi in Europa assistiamo ad un forte rigurgito di antisemitismo, oltre che di razzismo. Lo possiamo vedere alla televisione, col vilipendio dei cimiteri, oppure nelle scritte sulle porte delle persone scampate ai campi di concentramento, aggressioni nelle strade e nelle piazze. Negli Stati occidentali ricompaiono forme di discriminazione o vera e propria persecuzione, nei confronti di persone che arrivano da altri continenti, e sono additati come preventivi responsabili della disoccupazione, della criminalità o addirittura del tentativo di sottrarci il nostro "sacro territorio." Perché, nei tempi, l'installazione delle paure nelle masse, sopratutto in periodo d'incertezza politica, economica e sociale, ha sempre i suoi pericolosi risultati. Quando la ragione dorme, è pronta ad accogliere ogni sogno di violenza.

 Mai come oggi è importante guardare alla giornata della memoria anche per tutti coloro che morirono in quei campi come oppositori politici, zingari, omosessuali. Dove trovare questi confini: in un dogma religioso, nel pensiero di un filosofo? No, credo possa bastare la nostra Costituzione, che forse occorrerebbe leggere in maniera più approfondita, sopratutto nei suoi principi fondamentali. Perché la nostra Carta Fondamentale è stata frutto di diverse prospettive e sensibilità politica e non a caso, i suoi primi articoli (in particolare l’articolo 3) ci dice che non è legittimo discriminare per questioni di sesso, razza, genere e tutto il resto.

 Credo che viviamo in un periodo storico dove si siano persi molti punti di riferimento. Inoltre, leggendo i libri di testo dei ragazzi, mi accorgo con stupore di quanto questi siano poco approfonditi, a trattino con alcune pagine e qualche disegno ciò che richiederebbe approfondite letture e ulteriori ore d’insegnamento. Gli studenti dovrebbero imparare quanto sia importante conoscere la bestia che vive all’interno di ognuno di noi, che può essere arginata solo con l’educazione. In questo compito credo che sia fondamentale il ruolo della scuola, anche perché, nostro malgrado, le famiglie sono vittime di questa straordinaria accelerazione dei tempi, e talvolta non si ha il tempo per entrare nelle questioni.

 Io credo nella scuola pubblica: è compito dello Stato attivarsi per potenziarla, e rendere più stretto il repporto tra studenti e professori.


 Vincenzo Maria D'Ascanio

 

Ora provano a privatizzare anche i Pronto Soccorso. Liberu – Setzione Elianora de Arbarèe - Fordongianus



Dopo anni di denunce e rivendicazione del diritto alla sanità pubblica e al mantenimento dei presidi sanitari nei territori della Sardegna, ancora una volta ci troviamo a dover fare i conti con una politica regionale che sembra andare dritta verso lo smantellamento sistematico della sanità pubblica sarda, anche in questo periodo drammatico, dove assistiamo ogni giorno alla grave crisi ospedaliera.

 È fresca di giorni la delibera n°8, firmata dal Commissario Straordinario Massimo Temussi, che approva la proposta di affidare, attraverso una gara d’appalto, l’erogazione del servizio di pronto soccorso dell’Ospedale Delogu di Ghilarza.

 Stride alle nostre orecchie la nota dell’affidamento al comparto privato del servizio, che nel breve periodo potrebbe anche risolvere quelle che sono le problematiche contingenti del territorio, ma che nel lungo periodo segna un precedente inequivocabile verso la privatizzazione dei servizi sanitari, seguendo di fatto la strada solcata dalle riforme aziendaliste degli ultimi trent’anni. Del resto a confermare tale intenzione è lo stesso Assessore alla Sanità Nieddu che dichiara esplicitamente che “se il progetto si rivelerà efficace, una volta superata la sperimentazione, valuteremo l’estensione di questo modello in tutta la Sardegna”.

 Si è partiti con l’esternalizzazione dei servizi di pulizia, della gestione delle mense, dei servizi erogati dagli operatori sociosanitari e oggi, ciliegina sulla torta, si prosegue con il pronto soccorso. Domani ci ritroveremo, reparto dopo reparto, ad avere i servizi ospedalieri totalmente privati, ma finanziati con i soldi pubblici.

 Esprimiamo la nostra più ferma contrarietà a questa politica che porta, in ultima istanza, a valutare il diritto alla salute del cittadino in base al profitto aziendale e ad offrire i servizi in base alla convenienza economica. Noi continueremo, ora come sempre, a credere che i cittadini abbiano bisogno di una Sanità pubblica, gratuita e per tutti. Davanti ad una sua cattiva gestione la soluzione non è lo smantellamento e l’affidamento al privato, ma la sostituzione di chi si dimostra incapace di gestirla.

 

Liberu – Setzione Elianora de Arbarèe - Fordongianus

Palazzinari e ricconi col reddito di cittadinanza


 

 


Nel personalissimo redditometro creativo elaborato da uno dei percettori (impropri) del reddito di cittadinanza, non era contemplata la dichiarazione relativa al possesso di una sessantina tra case, terreni e altri fabbricati. E neppure l'aver incamerato una vincita di 148mila euro era sembrato elemento degno di nota; e così, quisquiglie del genere, con diverse gradazioni di omissione, sono passate sotto silenzio nei moduli compilati per accedere ad uno strumento che in molti casi ha consentito a persone in serissima difficoltà di avere un minimo di ristoro.

 Non era il caso di 23 "furbetti" della dichiarazione stanati dalla Guardia di finanza di Nuoro. Ventitré persone che hanno, per così dire, dimenticato di indicare tra i parametri richiesti tutto ciò che poteva far lievitare i redditi oltre la soglia dei 30mila euro, e modificare l'Isee.

 Addio sussidio. Le verifiche si riferiscono a un periodo compreso tra il mese di settembre e gennaio e hanno riguardato tutta la provincia. Le Fiamme gialle, coordinate dal comandante, colonnello Alessandro Ferri, hanno avviato i controlli sulla base di un collaudato protocollo di collaborazione con l'Inps.

 I controlli hanno riguardato tutta la provincia; il dato interessante è che tra i "furbetti" cinque risiedono a Nuoro e sono tra coloro che non hanno dichiarato le vincite al gioco online, compreso il signore che ha totalizzato quasi 150mila euro; ma altri due percettori del reddito di cittadinanza avevano incamerato, grazie alle vincite online, 30mila euro in un caso e 10mila in un altro.

 Certamente i due casi limite sono rappresentati dalla persona che pur disponendo di un considerevole patrimonio immobiliare, perché sessanta, tra case, immobili vari e terreni questo sono, oppure di una notevole liquidità, come i 148mila euro, abbiano pensato di poter comunque usufruire del reddito di cittadinanza.

 È successo d'altronde anche con detenuti (non tra questi accertamenti), e le modalità dell'accesso al sussidio, con una autodichiarazione, devono aver alimentato la speranza di farla franca. Ovviamente, nel mucchio, ci sono anche quelli che hanno dimenticato di indicare patrimoni meno consistenti, e comunque aggiuntivi rispetto magari alla casa di proprietà (che è ammessa).

 La Guardia di finanza ha segnalato i 23 alla Direzione provinciale dell'Inps, che ora avvierà le pratiche per la revoca del sostegno e contestualmente attiverà le pratiche per recuperate le somme indebitamente ricevute. Complessivamente, la cifra corrisposta è di circa 200mila euro: denari evidentemente sottratti a chi magari ne avrebbe avuto realmente necessità. Parallellamente, i "furbetti" del reddito di cittadinanza sono stati denunciati per il reato di indebita percezione. Ora dovranno restituire tutto. E affrontare un processo

 

di Simonetta Selloni

 

Articolo tratto da la Nuova Sardegna del 27.01.2021

lunedì 25 gennaio 2021

Intervista a Luca Pani, ordinario di Farmacologia e Farmacologia clinica all'Università di Modena


 


Professore, cosa pensa della Sardegna in zona arancione?

«Potrei sbagliarmi ma mi pare che il Governo abbia messo la Sardegna in zona arancione perché, tra le altre cose, i posti di terapia intensiva erano occupati al 31% anziché al 30%. Ovvero 2 letti di differenza. Se fosse così sarebbe grave, perché significa non capire niente delle dinamiche di occupazione delle Rianimazioni per cui esistono dati storici di mesi, che vanno consultati per capire se si tratta di un picco isolato o di una tendenza stabile. Ma il problema è un altro».

Quale?

«Questo è solo un parametro, un altro è il famigerato indice di trasmissione Rt. Qualunque calcolo si voglia fare bisogna tener conto anche della condizione di insularità della Sardegna e correggere i risultati degli algoritmi. Mi spiego: se abbiamo un indice Rt di circa 0,95 come in altre regioni, ma in Sardegna la densità di popolazione è di 67 abitanti per chilometro quadrato mentre in Emilia Romagna è di 199 e in Lazio di 340, si capisce che le trasmissioni infettive saranno completamente diverse. Non ci vuole uno scienziato per capirlo», dice Luca Pani, ordinario di Farmacologia e Farmacologia clinica all'Università di Modena e Reggio Emilia e di Psichiatria Clinica all'Università di Miami, ex direttore generale dell'Aifa dal 2011 al 2016 .

Come sarà il 2021?

«Sarà ancora completamente “pandemico”, perché questa è un'epidemia globale e quindi si muove e va giudicata su scala planetaria. Non dobbiamo commettere il solito errore di pensare che il mondo sia solo quello cosiddetto occidentale. C'è molta preoccupazione per l'Africa, buona parte dell'Asia e per il Sud America».

Lei vive a Miami, com'è lì la situazione?

«Nonostante la situazione in tutta la Florida - che non è praticamente mai andata in lockdown - sia grave, con 1,6 milioni di casi e quasi 25.000 decessi, nella nostra Università la situazione è sotto controllo. Negli ultimi mesi del 2020 abbiamo testato quasi 70mila studenti, e dall'inizio dell'anno altri 6mila e trovato 127 positivi (il 2,4%). Ottantotto di questi giovani sono al momento in isolamento o in quarantena attiva ma non abbiamo avuto bisogno di ricoverare nessuno. Questi dati sono a disposizione di tutti, abbiamo un cruscotto on line pubblico».

In Italia ci sono esperti che sostengono che ora è il momento di chiudere tutto almeno per un mese: è d'accordo?

«No. A me pare che i lockdown in Italia siano stati usati come ultima risorsa, sacrosanta, per carità, per evitare il tracollo delle rianimazioni. Ma allora, se era così, bisognava dirlo chiaramente ai cittadini. È vero che se cade il bastione delle rianimazioni viene giù tutto, ma se nel frattempo, come è successo in estate, non si mettono in atto misure per preparasi alle ondate successive, peraltro perfettamente prevedibili con un virus del genere, è inutile fare dei lockdown di contenimento».

Dilemma scuole: aperte o chiuse?

«Le scuole vanno tenute sempre aperte altrimenti i danni per un'intera generazione saranno molto più gravi del Covid e lo stiamo già vedendo. Peraltro i bambini sotto i 10 anni praticamente non si ammalano quasi mai e i ragazzi, a meno che non abbiano altre patologie, hanno tassi di infezione e contagiosità molto bassi. Oltretutto i nostri adolescenti non sono certo stupidi, e capiscono che non sono loro il problema».

Pensa che per la Sardegna essere Covid free in estate sia possibile?

«Credo che si possano ottenere grandi risultati, perché l'insularità ha dei chiari vantaggi dal punto di vista dell'organizzazione sanitaria, ma questa organizzazione deve essere precisa al millimetro, ed eseguita in modo praticamente militare se si vuole centrare un obiettivo ambiziosissimo come essere Covid free in 5 mesi».

Lo screening di massa in corso nell'Isola con test antigenici è utile ora?

«Assolutamente sì, il controllo di questa pandemia si basa su test massivi, possibilmente automatizzati, tracciamento e identificazione biometrica digitale e isolamento degli individui positivi con trattamenti domiciliari, da quelli più semplici fino agli anticorpi monoclonali neutralizzanti, senza farli arrivare in ospedale se non clinicamente necessario. Il fatto che l'Italia non stia usando questi anticorpi è inconcepibile».

Vaccini, dobbiamo essere ottimisti?

«Mai visto sviluppare vaccini con questa efficacia in 10 mesi, quello che ha fatto la Scienza non ha precedenti. Possiamo e dobbiamo essere ottimisti. Le produzioni andranno a regime a breve e tutti potranno essere vaccinati. Io ho appena fatto il richiamo, e i fastidi sono praticamente inesistenti».

È normale che le case farmaceutiche decidano quello che vogliono sulle quantità da consegnare?

«No, ma generalmente hanno motivi validi, per esempio un controllo di qualità che non ha superato gli standard rigorosissimi a cui sono sottoposte le produzioni, oppure perché nella catena di produzione è mancato un principio attivo essenziale. Quando le produzioni sono spinte a centinaia di milioni di dosi come in questo periodo può capitare, ma a me pare che il problema non sia tanto la fornitura, per ora, quanto la distribuzione e la somministrazione».

È corretta una campagna che dà la precedenza agli anziani? O bisognerebbe vaccinare prima i giovani, come fa l'Indonesia? «Sarebbe scientificamente più logico proteggere le categorie produttive e coloro che possono diffondere il virus senza avere sintomi, ma dobbiamo tener conto di altri fattori, compreso il fatto che la mortalità è altissima nelle fasce anziane. Negli Stati Uniti, che contano oltre 400mila morti da Covid, quasi la metà avevano oltre 75 anni e solo 600 meno di 24 anni».

Come vede il certificato vaccinale e il passaporto sanitario?

«Sarebbe un'ottima idea come, in generale, qualunque iniziativa che tenga una traccia possibilmente digitale e organizzata per consentirci di studiare e analizzare quanto stiamo facendo per combattere questa guerra senza quartiere che, vorrei ribadirlo, non è ancora minimamente finita».

 

Cristina Cossu

 


Articolo Nuova Sardegna del 21.01.2021 
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giovedì 21 gennaio 2021

Verso la globalizzazione linguistica? Di Francesco Casula.


Nella nostra epoca, come muoiono specie animali e vegetali, così anche molte lingue si estinguono o sono condannate alla sparizione. Il Centro Studi di Milano “Luigi Negro”, documenta che ogni anno scompaiono nel mondo dieci minoranze etniche e con esse altrettanti lingue, modi di vivere originali, specifici e irrepetibili, culture e civiltà. Per ogni lingua che muore è una cultura, una memoria ad essere abolita. Un universo di suoni e di saperi a dileguarsi.

 Preservare allora le specie linguistiche – nonostante le migrazioni, le egemonie mercantili, le colonizzazioni mascherate – dovrebbe essere il primo compito dell’ecologia della cultura e del sapere. L’idea di una lingua unica perduta è solo un sogno: un frivolo sogno lo definiva già Leopardi nello Zibaldone. E anche l’idea che sia necessaria una lingua unica che permetta a tutti di intendersi immediatamente non riesce a nascondere il disegno egemonico: disegno che è in particolare di ordine mercantile.

 Anche perché: a cosa servirebbe – si chiede il Professor Sergio Maria Gilardino, docente di letteratura comparata all’Università di Montreal (Canada) e grande difensore delle lingue ancestrali – conoscere e parlare tutti nell’intero Pianeta la stessa lingua, magari l’inglese, se non abbiamo più niente da dirci, essendo tutti ormai omologati e dunque privi e deprivati delle nostre specificità e differenze?

 Ma c’è di più: certi programmi “internazionalisti” che prevedono una unificazione linguistica dell’umanità e una scomparsa delle nazionalità, quando non sono inutili esercitazioni retoriche, sono in genere la mistificazione di concezioni sciovinistiche, o addirittura nascondono intenzioni di genocidio culturale di derivazione imperialistica. Le lingue imposte via via dai colonizzatori hanno sbaragliato, mortificato e distrutto le forme e l’energia inventiva delle lingue locali. Il controllo politico, le ragioni di mercato, i progetti di assimilazione hanno sacrificato tradizioni e culture, suoni e nomi, relazioni profonde tra il sentire e il dire.

 

Francesco Casula

Saggista, storico della letteratura sarda

 autore del libro, tra gli altri, de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”

 

21 Gennaio 1924: muore Lenin


 

(21 Gennaio 1924) Muore Vladimir Ilich Ulyanov, più conosciuto con lo pseudonimo di Lenin. Considerato una delle figure più significative e influenti del XX secolo, Lenin è stato oggetto postumo di un imponente culto della personalità all'interno dell'Unione Sovietica, (e non solo) fino alla sua dissoluzione avvenuta nel 1991. Divenne una figura ideologica, ispiratore del marxismo-leninismo e quindi ebbe un'influenza di primo piano nel movimento comunista internazionale.

 Lenin era figlio di un ispettore scolastico, la sua giovinezza fu segnata dalla vicenda del fratello maggiore Aleksej, arrestato e impiccato nel maggio 1887 per aver partecipato alla preparazione di un attentato contro Alessandro III. Nel 1903 assunse un ruolo chiave nella scissione del POSDR per via di notevoli differenze ideologiche.

 Incoraggiò l'insurrezione della fallita rivoluzione russa del 1905, in seguito promosse una campagna affinché la prima guerra mondiale fosse trasformata in una rivoluzione proletaria a livello europeo che, come il marxismo prevedeva, avrebbe comportato il rovesciamento del capitalismo e la sua sostituzione con il socialismo. Dopo la rivoluzione russa del febbraio del 1917 che portò alla caduta della monarchia zarista e all'istituzione di un governo provvisorio, Lenin fece ritorno in Russia per la rimozione del nuovo regime a favore di un governo bolscevico guidato dei soviet.

 Lenin assunse così un ruolo da protagonista nella rivoluzione d'ottobre del 1917, nella caduta del governo provvisorio e nella creazione di uno Stato monopartitico guidato dal nuovo partito comunista. Il suo governo abolì l'Assemblea costituente della Russia, ritirò il Paese dalla prima guerra mondiale con la firma del trattato di Brest-Litovsk insieme gli Imperi centrali e concesse un'indipendenza temporanea alle nazioni non russe sotto il controllo russo. Con decreto ridistribuì terreni tra i contadini e nazionalizzò la grande industria.

 Lenin spese gli ultimi anni della propria vita, una volta conclusa la guerra e resosi conto delle proprie precarie condizioni di salute, principalmente nel cercare di designare il suo "successore" alla guida del partito. Venne colpito il 25 maggio 1922 da un ictus che comportò una parziale paralisi del lato destro del corpo, tanto che fu costretto a imparare a scrivere con la sinistra; solo il 2 ottobre cominciò a tornare all'attività, ma il 16 dicembre subì un secondo attacco. Il 23 dicembre riprese forze e lucidità, ma le sue condizioni si aggravarono progressivamente. Dal 6 marzo 1923 non fu più in grado di comunicare, fino alla completa paralisi e alla morte avvenuta il 21 gennaio 1924.

Traslochi dalla minoranza all’opposizione. Stara da Renzi all'Udc


 


Il centrodestra al governo della Regione continua a essere in fibrillazione, i dispetti fra i partiti ormai sono quotidiani. Ma nonostante gli evidenti malumori interni non perde voti. Anzi, li guadagna. Dopo il passaggio di Elena Fancello dai Cinque stelle al Psd'Az, anche Franco Stara, unico consigliere di Italia Viva, ha saltato la barricata. Dai banchi dell'opposizione, era stato eletto con i Progressisti, ha traslocato all'improvviso nel gruppo.

 Udc-Cambiamo, che da sempre fa parte della maggioranza. Il conto è presto fatto: d'ora in poi la coalizione potrà contare su ben 16 voti in più (erano 14 all'inizio della legislatura) del centrosinistra e dei Cinque stelle. Ma nonostante l'evidente strapotere c'è molto che non va in maggioranza. I tre partiti guida - Psd'Az, Lega e Forza Italia - da settimane sono impegnati in una furibonda lite intestina alla vigilia di un rimpasto tutt'altro che semplice da gestire per il governatore Solinas. C'è dell'altro: la crescita esponenziale dell'Udc - passato in un battibaleno da tre a sette consiglieri - ha reso ancora più frizzante l'aria in Consiglio. Senza neanche sottovalutare il recente strappo nel gruppo dei Riformatori, dimezzati, e la nascita annunciata di «Forza Sardegna», in cui confluiranno i ribelli.

 Il salto. Franco Stara ha proprio cambiato casacca e soprattutto bancata. «Resterò in Italia Viva - dice - ma ho scelto di aderire alll'Udc, perché è un gruppo che vuole costruire una Casa del Centro, molto solida, aperta ai moderati e quindi pronta ad accogliere tutti gli elettori scontenti di destra e sinistra». Stara non è più un consigliere di opposizione. «Da sempre - sottolinea - sono uno schietto e continuerò a esserlo. Deciderò come votare di volta in volta, ma oggi mi sento molto vicino alla maggioranza», aggiunge.

 Per concludere così: «Gli ultimi avvenimenti nazionali di sicuro hanno accelerato la mia decisione. In questi giorni Matteo Renzi è finito ingiustamente sotto accusa, mentre altri hanno brigato solo per attaccamento al potere e non sono certo finiti nel mirino di questo o quello».Malumori. Gli ultimi a litigare nel centrodestra sono stati, dopo le recenti baruffe sul Piano casa, ancora la Lega, il Psd'Az e Forza Italia. Stavolta si sono sfidati su quale legge dovrebbe essere discussa per prima dal Consiglio regionale. Per i sardisti, come preteso più volte da Solinas, è quella sul maxi staff del governatore.

Forza Italia, con il sostegno dell'Udc, ha risposto picche: «Assolutamente no. Ad avere il diritto di precedenza è la riforma delle Province». A sua volta la Lega ha rilanciato: «Se non salta fuori la Finanziaria, blocchiamo tutto e vediamo come va a finire». Il confronto aspro è andato avanti per ore nell'ultima riunione dei capigruppo di maggioranza e l'accordo non è stato trovato. Tant'è che l'Udc avrebbe sollecitato a Solinas un faccia a faccia immediato e anche un vertice di maggioranza. Però finora non è stato convocato né l'uno e neanche l'altro.

 Prova di forza. Nonostante al momento del voto in Aula il centrodestra abbia dimostrato finora di essere compatto, fra i partiti è in atto una sfida muscolare. Ognuno di loro vuole arrivare il più possibile corazzato a quello che per tutti è l'unico vero obiettivo: il rimpasto in Giunta. L'Udc i suoi passi avanti li ha fatti in fretta, ha raggiunto la Lega come numero di consiglieri, e presto alzerà la voce. Poi proprio sul rimpasto i Riformatori si sono spaccati e Forza Italia, ad esempio, non vuole correre lo stesso rischio. Infine è palese il testa a testa fra leghisti e sardisti. Due galli nella stessa fattoria continuano a essere troppi ed ecco perché i duelli fra loro sono tutt'altro che finiti. (ua)

 

Articolo Nuova Sardegna del 21.01.2021 
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Federico Marini
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