martedì 31 marzo 2020

C'è la rete Covid-19, nell'Isola sei ospedali in prima linea




Il Mater Olbia, ha annunciato ieri il presidente Christian Solinas, «è già operativo», mentre oggi è prevista l'apertura del Policlinico Sassarese, 24 posti letto, e man mano che andrà a regime 12 posti in terapia intensiva, 14 in terapia subintensiva e sessanta a differente intensità di cure. Con il reclutamento delle due strutture private di Sassari e Olbia viene completata la rete degli ospedali Covid-19 della
Sardegna.

Sei in tutto, al momento con 244 posti letto, i presidi dedicati «esclusivamente», ricorda l'assessore alla sanità Mario Nieddu, ai pazienti colpiti dal virus che necessitano di cure adeguate. La mappa dell'assistenza è completata dal Santissima Trinità di Cagliari, dal San Francesco di Nuoro, dall'Azienda ospedaliera universitaria di Sassari, dalla casa di cura Policlinico Sant'Elena di Quartu.

Il programma operativo Una fase avanzata del piano operativo dell'assistenza, che ai 135 posti di terapia intensiva presenti nell'Isola prima dell'emergenza Covid aggiunge il contributo del Policlinico Sassarese, del Mater Olbia e della clinica di Quartu. «Mentre altri - ha dichiarato nei giorni scorsi Solinas - saranno attivati step by step: arriveremo al raddoppio, ma servono respiratori ed équipe mediche».

E' d'altronde la difficoltà segnalata in diversi ospedali della rete dove mancano letti, respiratori, dispositivi di protezione per il personale sanitario. Il Mater Olbia - punto di riferimento del nord Sardegna per l'emergenza sanitaria che si avvarrà della consulenza scientifica del professor Stefano Vella, esperto di sanità pubblica e infettivologo di fama internazionale - sarà sicuramente dotato del macchinario per la lavorazione dei tamponi, ha detto il governatore, «ma intanto il servizio partirà e, per il momento, si dovrà fare riferimento ai laboratori di analisi presenti nell'Isola».

Nel presidio ci sono già 4 posti letto di terapia intensiva per ricoveri complessi, che richiedono assistenza respiratoria, e un reparto di degenza non intensiva da 16 posti. Presto sarà attivato anche il nuovo reparto di Malattie infettive da 15 posti in ambiente a pressione negativa.

I piccoli ospedali L'ultima fase del piano strategico elaborato dall'unità di crisi all'esordio dell'emergenza prevedeva il coinvolgimento, e ulteriori posti letto, di altri ospedali come il Binaghi di Cagliari, il San Martino di Oristano, il Cto di Iglesias, e i presidi di Isili, Muravera, Bosa, Ghilarza. «I piani - avverte l'assessore Nieddu - vanno fatti per un'esigenza di programmazione, ma ovviamente la speranza è che non si arrivi ad avere necessità di ulteriori posti letto».

E' vero però che, ad esempio nell'ospedale di Oristano, è previsto un reparto Covid, già pronto. «Ma partirà – puntualizza Nieddu - se, e quando, ce ne sarà la necessità». Il primo presidio della rete Covid in Sardegna, inaugurato la scorsa settimana, è stato il Santissima Trinità di Cagliari, dove da giorni erano stati sospesi tutti i ricoveri esclusi quelli per la chirurgia d'urgenza.

Un ospedale multispecialistico diviso per padiglioni, l'ideale per organizzare l'assistenza e la cura di pazienti risultati positivi al test del tampone e che magari devono essere assistiti anche per altre patologie respiratorie, cardiache, ginecologiche eccetera. Dopo i lavori di ristrutturazione, all'area Covid sono stati destinati i padiglioni di malattie infettive, medicina, geriatria e rianimazione.

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Federico Marini
skype: federico1970ca



lunedì 30 marzo 2020

Anche questa volta, Renzi Dimostra da che parte sta. Di Lliberu


Nel momento in cui tutti si affannano a chiedere il blocco delle attività e il rispetto delle regole di prudenza per scongiurare nuovi contagi del Coronavirus, c’è ancora qualcuno che non si piega dinanzi all’esigenza di tutelare la salute e la vita dei lavoratori e di tutti i cittadini. Anche questa volta Renzi non perde l’occasione per dimostrare da che parte sta, dalla parte dei padroni delle fabbriche e del capitale e non dalla parte dei lavoratori e dei cittadini.

Poco importa se fabbriche e negozi sono luoghi di maggior pericolo di contagio, poco importa se i lavoratori rischiano la loro salute e quella dei propri cari, ciò che importa è non fermarsi, continuare a guadagnare!

Mentre i lavoratori delle industrie ottenevano a suon di proteste la chiusura almeno di una parte delle produzioni e mentre tutti accusavano il governo di aver agito in colpevole ritardo, rendendosi responsabile della morte di migliaia di persone, l’ex primo ministro decideva di ostentare la propria fedeltà politica ai gruppi di potere che da sempre lo sostengono.


“Riaprire le fabbriche subito… la gente non può morire di fame in un'Italia ibernata per un altro mese” dice, “così si accende la rivolta sociale” e dà la carica: “le istituzioni devono agire senza perdere nemmeno un giorno”. Come se l’unica cosa che potesse fare il governo, per aiutare il popolo, fosse rimandarlo al macello nelle fabbriche, nei negozi, nelle scuole!


Non vede altre soluzioni il signor Renzi, non è possibile che lo Stato e il capitale finanziario si prendano in carico la fetta di popolazione danneggiata dall’epidemia. Non è possibile che chi ha lucrato per decenni sulle spalle dei lavoratori rimetta sul tavolo una parte del maltolto per affrontare la crisi.


È una visione certamente di comodo quella di Renzi, visto che a rischiare sarebbero i lavoratori mentre lui, senatore, rimarrebbe certamente lontano da pericoli. Ma è anche una visione pericolosa. Una riapertura prematura delle attività renderebbe inutili gli sforzi fatti sinora per rallentare i contagi e farebbe riesplodere i focolai e l’epidemia, spiegano i medici.

Mentre il mondo scientifico si affretta a condannare le parole di Renzi accusandolo di follia, irresponsabilità, populismo e trovate mediatiche della disperazione, spetta a noi prendere atto di quanto sia distante dal popolo certa classe politica.

Liberu - Lìberos Rispetados Uguales


Superata quota 10mila morti La stretta andrà oltre il 3 aprile




Dopo aver superato la Cina per numero di contagi, l'Italia è il primo paese al mondo a oltrepassare la soglia delle 10mila vittime per il coronavirus e ha la metà dei morti dell'intera Europa. Ma l'ennesimo, triste primato ottenuto dal nostro Paese in questa battaglia contro il nemico invisibile arriva nel momento in cui si consolida quello che gli scienziati ripetono ormai da qualche giorno: la curva di crescita del virus sta subendo un rallentamento, grazie alle misure di contenimento adottate.

È questa la strada sulla quale proseguire nelle prossime settimane ed è già chiaro che il 3 aprile l'Italia non riaprirà, con il governo che forse nel prossimo Cdm potrebbe varare il decreto con il prolungamento delle misure per altri 15 giorni.

Leggera flessione I dati forniti dal capo della Protezione civile Angelo Borrelli - rientrato al Dipartimento lasciato mercoledì per sintomi febbrili - dicono che il numero dei malati è arrivato a 70.065, con un incremento rispetto a venerdì di 3.651. Significa una crescita inferiore al 7%, che è in linea e anzi in leggera flessione rispetto a quella degli ultimi 6 giorni, che si attestava tra il 7 e l'8%.

Numeri e speranze Non solo. Altri due numeri fanno ben sperare: il primo è quello dei guariti; sono arrivati a 12.384, ben 1.434 in più di ieri, il numero più alto dall'inizio dell'emergenza. Il secondo riguarda la Lombardia: nelle ultime 24 ore si sono registrati solo 15 nuovi ricoveri in ospedale e 27 nuovi ingressi in terapia intensiva. I numeri assoluti restano quelli di una catastrofe - come testimoniano gli 889 morti in più che portano il totale a 10.023 - ma che le misure adottate cominciano a dare i risultati sperati. «Se non le avessimo adottate in forma così drastica - sottolinea Borrelli - avremmo ben altri numeri e ci troveremmo in una situazione insostenibile».

L'Italia non riapre Proprio per questo il 3 aprile l'Italia non riaprirà. «A inizio settimana - conferma il premier Giuseppe Conte - ci confronteremo con gli esperti. Rimaniamo vigili per adeguare le nostre valutazioni sulla base delle loro raccomandazioni». Ancora più esplicita la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese: «Il 3 aprile è troppo ravvicinato per dire che verrà riaperto tutto». Si va verso un prolungamento delle misure.

Non è d'accordo Matteo Renzi, leader di Italia Viva: «Serve un piano per la riapertura e serve ora. Le fabbriche prima di Pasqua. Poi il resto. I negozi, le librerie, le Chiese. Le scuole entro il 4 maggio». Ma la proposta viene bocciata in modo unanime dalla comunità scientifica e non trova supporto neanche tra i partiti.

Tenuta sociale a rischio Intanto c'è da affrontare la tenuta sociale del meridione, dove migliaia di persone che lavoravano in nero oggi rischiano di non riuscire a mangiare. Il timore è che si inneschi una rivolta sociale e una guerra tra poveri, dove potrebbe infilarsi la criminalità organizzata potrebbe infilarsi, sia alimentando le proteste sia cercando di portare dalla propria parte chi non ha più alcun mezzo di sostentamento. «Sono seriamente preoccupata. I cittadini hanno delle esigenze primarie e lo Stato deve farsene carico», ammette Lamorgese. Il governo è corso ai ripari, con il premier che ha annunciato un primo stanziamento di 4,3 miliardi ai comuni più 400 milioni.

Articolo tratto da “L’Unione Sarda” del 30.03.2020

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Federico Marini
skype: federico1970ca



sabato 28 marzo 2020

Multa a chi esce, caos burocratico




Uscire da casa senza giustificato motivo in tempi di coronavirus non è più reato. Decisione del Governo: il decreto legge in vigore dal 26 marzo trasforma la violazione da penale ad amministrativa, anche per il passato. In sostanza ora chi si sposta per motivi non validi, rischiando di diffondere il contagio e vanificare gli sforzi di chi segue le regole, paga una multa. Un'evidente depenalizzazione. Nelle intenzioni il cambio di rotta dovrebbe ottenere un duplice effetto: rendere più immediata (ed elevata) la sanzione ed evitare di creare un ingorgo negli uffici giudiziari, dove erano attesi centinaia di fascicoli.

Uno per ogni denuncia presentata dalle forze dell'ordine preposte al controllo del territorio. In realtà si teme sia stato fortemente ridotto l'effetto deterrente provocato dalle conseguenze penali (anche perché il nuovo decreto non ha previsto il fermo amministrativo del veicolo di chi viola la norma) e che l'ingolfamento burocratico sia stato semplicemente trasferito dai Tribunali alle Prefetture. E ai Giudici di pace. La soluzione vera alla fine sarebbe che ciascuno rispettasse le attuali misure di contenimento, nella speranza di archiviare in tempi non troppo lunghi questo periodo buio.

I numeri a Cagliari Dal 16 al 25 marzo nella sola provincia di Cagliari sono state fermate 33.772 persone, 723 delle quali segnalate perché in giro in assenza di comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute (altre 40 per aver rilasciato false dichiarazioni e reati differenti). Nello stesso periodo sono stati controllati 24.493 esercizi commerciali: due titolari sono stati denunciati, 17 sanzionati. Il reato di riferimento da contestare sino a mercoledì scorso era l'articolo 650 del codice penale, “l'inosservanza dei provvedimenti della pubblica autorità”. In quel caso i trasgressori potevano chiudere subito la vicenda pagando 100 euro (la metà della sanzione massima prevista) oppure lasciare che la procedura seguisse il proprio corso: apertura del fascicolo, richiesta di decreto penale di condanna da parte del pm, decisione del gip, notifica alla persona denunciata che poteva pagare oppure opporsi.

In questo secondo caso ecco l'udienza, la sentenza di primo grado, quella di Appello e infine della Cassazione. Anni di lavoro, con la prescrizione incombente e una trafila arrivata a conclusione (si spera) con la pandemia alle spalle. Per questo di recente varie Procure (Milano per prima, Parma e Genova a ruota) avevano chiesto alle forze dell'ordine di contestare l'articolo 260, più grave (“inosservanza dell'ordine dato per impedire l'invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell'uomo”): è previsto l'arresto e il reato non si estingue con un pagamento. Una riflessione simile era stata avviata anche a Cagliari.

Il nuovo decreto Poi il 25 marzo è intervenuto il nuovo decreto legge, efficace dal 26, e le sanzioni penali sono state sostituite da quelle amministrative valide anche per il passato. Così, se in precedenza le 723 persone denunciate rischiavano fino a tre mesi di arresto tramutabili in un'ammenda fino a 206 euro, ora dovranno versare 200 euro: la metà della cifra minima prevista nella nuova sanzione (che va da 400 a 3mila euro, somma che sale di un terzo se la violazione avviene con un'auto). Dal 26 marzo le persone multate in ogni caso potranno cavarsela versando 280 euro entro 60 giorni (i 400 euro scontati del 30 per cento).

È un deterrente adeguato? E resta il problema di fondo: le sanzioni emesse sino al 25 marzo a questo punto devono essere trasmesse alle Prefetture, che faranno recapitare l'ingiunzione di pagamento ai trasgressori i quali a loro volta potranno pagare subito (e chiudere la vicenda) o fare ricorso. E, in questo caso, rimettere in moto il mostro burocratico, perché l'incartamento finirebbe davanti al Giudice di pace, quindi in Tribunale (che avrebbe funzioni di Appello) e infine in Cassazione. Cambia poco.

Quarantena e negozi Le conseguenze peggiori sono a carico di chi, positivo al Covid-19, viola il regime di quarantena (“delitto colposo contro la salute pubblica”, è previsto il carcere da uno a cinque anni), e dei commercianti che non rispettano le imposizioni (chiusura dell'attività da 5 a 30 giorni).

Andrea Manunza

Articolo tratto da “La Nuova Sardegna” del 26 Marzo 2020
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Federico Marini
skype: federico1970ca


giovedì 26 marzo 2020

Dante Alighieri e la Sardegna. Di Francesco Casula.


Subra Dante e sa Sardigna nd'ap'iscritu in "I viaggiatori italiani e stranieri in Sardegna” (Alfa Editrice,2015). Unu biculeddunon sappiamo con esattezza se Dante sia stato in Sardegna di persona: non abbiamo comunque documenti che lo accertino. Nella Divina Commedia però i riferimenti alla Sardegna e ai Sardi, ai suoi costumi e ai principali personaggi che quivi avevano interessi e possedimenti o che comunque vi svolsero la loro opera, sono tanto frequenti da indurre Tommaso Casini (in Ricordi danteschi in Sardegna, in Nuova Antologia, terza serie, vol. LVIII, fasc. XIII e XIV) a prospettare l’ipotesi che l’Alighieri vi sia stato e che l’Isoletta di Tavolara, all’uscita del canale di Olbia, con la sua struttura conica dalle bianche falde calcaree emergenti dal mare abbia dato lo spunto alla forma del Purgatorio quale la foggiò l’ardita fantasia del poeta.

Ecco cosa scrive: ”La storia, la geografia, la lingua, i costumi, gli uomini, i fatti della Sardegna nel tempo di Dante sono rispecchiati nelle opere di lui con tanta precisione e abbondanza di informazioni che, al confronto col silenzio di tutti i suoi contemporanei, inducono un senso di meraviglia sì che non dovrebbe poi parere troppo ardita l’ipotesi che il Poeta, o da giovane, quando a ciò poteva essergli occasione l’amicizia sua con il giudice Nino gentile o nella più matura età quando fuoruscito dalla patria godette la ospitale cortesia dei Malaspina, i quali appunto ebbero in quegli anni frequenti occasioni di recarsi nell’isola, facesse anch’egli come tanti altri al suo tempo, il viaggio in Sardegna. L’ipotesi sarebbe tutt’altro che campata in aria…”.

Anche perché – aggiunge Casini – ai tempi di Dante il viaggio dall’Italia alla Sardegna era “Né lungo né difficile. Le galee di Pisa arrivavano per l’Elba alle coste della Gallura in due giorni”. E Pantaleo Ledda, più o meno sulla stessa linea (in Dante e la Sardegna, 1921, riedito dalla Gia editore, Cagliari, 1994) scrive che “se non si trattasse di un volo di fantasia, si potrebbe dire, per avvalorare l’ipotesi di questo viaggio, che l’idea di creare il monte del Purgatorio, sorgente dalle acque di un mare solitario, venisse al poeta dopo le vive impressioni alla vista dell’Isola di Tavolara, che sale a picco dal mar Tirreno, coronata sulle cime di una fosca boscaglia”.

“Certo è che quell’Isola scriveva sempre Casini – come ricorda Manlio Brigaglia in Dionigi Scano, Ricordi di Sardegna nella Divina Commedia con scritti di Alberto Boscolo, Manlio Brigaglia, Geo Pistarino, Marco Tangheroni, Cagliari, Banco di Sardegna, Milano Silvana editoriale, 1982 – così integrata all’economia toscana, così attraversata da mercanti e marinai (furono loro che fecero alle donne di Barbagia la fama di licenziosità di cui furono secondo i commentatori, unanimemente circondate nel medioevo) così direttamente collegata alle lotte di potere fra le grandi famiglie pisane, così importante nella politica oltretirrenica di quei signori Malaspina di cui Dante fu ospite e lodatore, doveva essere conosciuta e universalmente «raccontata» nel mondo che Dante conobbe e frequentò”. 

Sicuramente conosceva gli avvenimenti e i personaggi della Sardegna del secondo ‘200 e del primo ‘300 sia attraverso Nino Visconti, il Nino gentile suo amico, Giudice di Gallura, morto nel 1289, che spesso si recava a Firenze; sia attraverso i toscani che spesso si recavano in Sardegna; sia attraverso gli stessi Sardi che si recavano in Toscana.


Dante parla della Sardegna e dei Sardi nei canti XXII, XXVI, XXIX, XXXIII dell’Inferno e nel VII e XXII del Purgatorio


Francesco Casula
Storico e saggista, autore de "Carlo Felice ed i Tiranni Sabaudi" e