”Ruscelletto impetuoso /
che ti disse quel garofano? / Dice che il comandante / non è morto, che Zapata
tornerà” (Vecchio poema messicano)
(10 Aprile 1919) Viene assassinato Emiliano Zapata, uno dei più
famosi e importanti rivoluzionari del 20° secolo. Messicano, Zapata intraprende la carriera politica
sin dal 1909. Eletto sindaco della sua città, Anenecuilco, tenta di
ridistribuire le terre locali per vie legali e istituzionali. Naturalmente il
nobile tentativo trovò l’opposizione dei grandi proprietari terrieri e Zapata,
dal 1910, si convinse della necessità di passare alla lotta armata, se si
voleva salvare i più poveri dalla miseria e dallo sfruttamento nelle campagne.
Il Messico di Zapata
era diviso tra due diverse classi sociali: i ricchi, proprietari terrieri ed i
poveri indigeni, senza terra, ma con un forte spirito di solidarietà. Oltre
il 90% dei capofamiglia non aveva terra. I terreni comuni, "ejido",
venivano di continuo minacciati dai grandi latifondisti, proprietari delle
cosiddette "hacienda," che intendevano appropriarsi anche di quei terreni.
Verso la fine del 1910, Zapata diventò il capo indiscusso della
rivoluzione del Sud. Nel giugno del 1911
si confrontò con Francisco Madero, liberale oppositore del regime dittatoriale
messicano. L'incontro fu negativo e nell'ottobre del 1911, Zapata
lanciò il "Piano di Ayala".
I punti principali del
Piano erano i seguenti:
▪ Rifiuto di riconoscere Madero
come presidente legittimo e richiesta di elezioni libere;
▪ Nomina di Pascual Orozco quale
leader della rivoluzione;
▪ Esproprio della terra e della
sua proprietà ai latifondisti per concederli ai contadini e ai cittadini;
▪ Conferma della natura agraria
della rivoluzione.
Ha dunque inizio una lunga guerra, prima contro Madero, poi contro
Victoriano Huerta e infine contro Venustiano Carranza. Nel paese delle disuguaglianze,
dove lo strapotere dei latifondisti calpestava diritti e consumava vite umane,
Emiliano Zapata lanciò il grido “Reforma, Libertad,
Justicia y Ley”, mettendosi a capo di
un ampio esercito, composto da contadini, indiani e meticci. Gli zapatisti
erano inafferrabili: applicando la tecnica della guerriglia, colpivano i
distaccamenti militari e scomparivano
Zapata fu attirato in un'imboscata e fu assassinato il 10 aprile
1919, presso la fattoria di Chinameca. Dopo la sconfitta di Pancho Villa, costretto a ripiegare
verso il nordest, il generale dell’esercito di Carranza, Pablo Gonzalez si
spinse verso sud per annientare l’armata zapatista. Di fronte alla tenace
resistenza dei contadini del Morelos, si decise allora di giocare sporco e trascinarlo
in un’imboscata.
Secondo quanto
riportato dallo storico John Womack, Zapata spedì una lettera al colonnello
Jesùs Guajardo, membro incarcerato dell’esercito controrivoluzionario, dove lo invitava ad unirsi alla sua causa e a
quella dei contadini. La lettera finì però nelle mani del generale
Gonzalez, che
decise di sfruttare l’occasione a suo vantaggio. Convincere cioè Guajardo al
doppio gioco: attirare l’imprendibile Zapata, accattivarsi la sua fiducia e
ucciderlo. E così fu.
I due s’incontrarono
coi propri uomini nei pressi Jonacatepec, durante i primi giorni di Aprile. In
una fattoria del posto, il 10 aprile del 1919, Emiliano Zapata venne crivellato di colpi dai
soldati di Guajardo, mentre soltanto
alcuni degli altri rivoluzionari riuscì a salvarsi. Per far sapere al popolo
che fosse morto, il cadavere di Zapata venne trasportato a dorso di un mulo
fino a Cuautla e lasciato per un giorno su una rozza impalcatura di legno.
Per molto tempo in tanti non vollero accettare la sua morte,
sostenendo che quel cadavere in realtà non era del rivoluzionario. Alcuni affermavano fosse scappato
via da Morelos in compagnia di mercanti arabi. Altri, come se fossero in preda
a delle visioni, giuravano di vederlo durante la notte cavalcare per le vie
della sua città natale, Anenecuilco.
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