venerdì 10 aprile 2020

”Ruscelletto impetuoso / che ti disse quel garofano? / Dice che il comandante / non è morto, che Zapata tornerà” (Vecchio poema messicano)


”Ruscelletto impetuoso / che ti disse quel garofano? / Dice che il comandante / non è morto, che Zapata tornerà” (Vecchio poema messicano)

(10 Aprile 1919) Viene assassinato Emiliano Zapata, uno dei più famosi e importanti rivoluzionari del 20° secolo. Messicano, Zapata intraprende la carriera politica sin dal 1909. Eletto sindaco della sua città, Anenecuilco, tenta di ridistribuire le terre locali per vie legali e istituzionali. Naturalmente il nobile tentativo trovò l’opposizione dei grandi proprietari terrieri e Zapata, dal 1910, si convinse della necessità di passare alla lotta armata, se si voleva salvare i più poveri dalla miseria e dallo sfruttamento nelle campagne.

Il Messico di Zapata era diviso tra due diverse classi sociali: i ricchi, proprietari terrieri ed i poveri indigeni, senza terra, ma con un forte spirito di solidarietà. Oltre il 90% dei capofamiglia non aveva terra. I terreni comuni, "ejido", venivano di continuo minacciati dai grandi latifondisti, proprietari delle cosiddette "hacienda," che intendevano appropriarsi anche di quei terreni.

Verso la fine del 1910, Zapata diventò il capo indiscusso della rivoluzione del Sud. Nel giugno del 1911 si confrontò con Francisco Madero, liberale oppositore del regime dittatoriale messicano. L'incontro fu negativo e nell'ottobre del 1911, Zapata lanciò il "Piano di Ayala".

I punti principali del Piano erano i seguenti:

 Rifiuto di riconoscere Madero come presidente legittimo e richiesta di elezioni libere;

 Nomina di Pascual Orozco quale leader della rivoluzione;


 Esproprio della terra e della sua proprietà ai latifondisti per concederli ai contadini e ai cittadini;


 Conferma della natura agraria della rivoluzione.


Ha dunque inizio una lunga guerra, prima contro Madero, poi contro Victoriano Huerta e infine contro Venustiano Carranza. Nel paese delle disuguaglianze, dove lo strapotere dei latifondisti calpestava diritti e consumava vite umane, Emiliano Zapata lanciò il grido “Reforma, Libertad, Justicia y Ley”, mettendosi a capo di un ampio esercito, composto da contadini, indiani e meticci. Gli zapatisti erano inafferrabili: applicando la tecnica della guerriglia, colpivano i distaccamenti militari e scomparivano

Zapata fu attirato in un'imboscata e fu assassinato il 10 aprile 1919, presso la fattoria di Chinameca. Dopo la sconfitta di Pancho Villa, costretto a ripiegare verso il nordest, il generale dell’esercito di Carranza, Pablo Gonzalez si spinse verso sud per annientare l’armata zapatista. Di fronte alla tenace resistenza dei contadini del Morelos, si decise allora di giocare sporco e trascinarlo in un’imboscata.

Secondo quanto riportato dallo storico John Womack, Zapata spedì una lettera al colonnello Jesùs Guajardo, membro incarcerato dell’esercito controrivoluzionario,  dove lo invitava ad unirsi alla sua causa e a quella dei contadini. La lettera finì però nelle mani del generale Gonzalez, che decise di sfruttare l’occasione a suo vantaggio. Convincere cioè Guajardo al doppio gioco: attirare l’imprendibile Zapata, accattivarsi la sua fiducia e ucciderlo. E così fu.

I due s’incontrarono coi propri uomini nei pressi Jonacatepec, durante i primi giorni di Aprile. In una fattoria del posto, il 10 aprile del 1919, Emiliano Zapata venne crivellato di colpi dai soldati di Guajardo, mentre soltanto alcuni degli altri rivoluzionari riuscì a salvarsi. Per far sapere al popolo che fosse morto, il cadavere di Zapata venne trasportato a dorso di un mulo fino a Cuautla e lasciato per un giorno su una rozza impalcatura di legno.

Per molto tempo in tanti non vollero accettare la sua morte, sostenendo che quel cadavere in realtà non era del rivoluzionario. Alcuni affermavano fosse scappato via da Morelos in compagnia di mercanti arabi. Altri, come se fossero in preda a delle visioni, giuravano di vederlo durante la notte cavalcare per le vie della sua città natale, Anenecuilco.




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