La
Sardegna come un immenso laboratorio, in cui sperimentare un modello per
contrastare il coronavirus e far ripartire l'economia. L'idea arriva da un gruppo di 150 accademici
italiani, che hanno scritto una lettera-appello in
cui propongono una strada per uscire dalla pandemia. Basta
leggere con attenzione il documento per capire che il protocollo necessita di una fase di sperimentazione: l'area ideale per
avviarla è una regione in cui i numeri del contagio sono contenuti.
E l'ideatore dell'iniziativa,
Giuseppe Valditara, già capo dipartimento alta formazione e ricerca del
Ministero dell'istruzione, sembra avere pensato alla Sardegna, mentre buttava giù
le linee guida di questo protocollo.
L'idea. L'idea è ambiziosa, far diventare la Sardegna la prima regione covid free
del Mediterraneo. «Si parla da qualche giorno della fase 2 – spiega Valditara - e di come attuarla. La Sardegna potrebbe essere il luogo ideale da cui partire. Perché per avviare la fase 2 serve una regione che abbia un numero di contagi basso e dunque sia più facile da controllare. Si potrebbe ripartire da qua. E si potrebbe ripartire da un modello che prenda come base quello applicato con successo nella Corea del Sud, declinato però in base alle esigenze di un'area differente come l'Italia».
Ma serve
velocità. «Non si può attendere. La fase 2 deve essere avviata rapidamente per
evitare che il sistema produttivo ne esca fortemente danneggiato, con la
perdita di milioni di posti di lavoro e l'impoverimento di ampie fasce di
popolazione. La riapertura
deve essere graduale, accompagnata da misure che mettano in sicurezza i cittadini. La vera sfida, infatti, è coniugare economia e salute. Noi abbiamo
proposto un modello che si basa su quattro misure».
Le 4
misure. Valditara spiega come esista un protocollo preciso e determinato. «Per
prima cosa devono essere fatti tamponi per tutte le persone che presentano
sintomi, per i loro familiari e per tutti quelli che sono venuti a contatto con
loro.
Servono
poi il tracciamento e la geolocalizzazione. I contatti di chi è positivo nei giorni topici, che sono quelli precedenti alla manifestazione della malattia, sono garantiti attraverso il tracciamento. In questo modo si può capire chi può essere stato potenzialmente infettato. La geolocalizzazione è ugualmente fondamentale. La persona positiva viene geolocalizzata
e si conosce il percorso e la posizione in tempo reale.
Servono anche le mascherine
filtranti e proteggenti obbligatorie per chi frequenta luoghi pubblici o ha
rapporti con il pubblico. L'ultimo
punto
sono le strutture di contenimento per i positivi e per chi è venuto a contatto
con loro. E queste possono essere procurate utilizzando le seconde case,
gli alberghi o altri luoghi attrezzati».
Perché la
Sardegna. Per diffusione del virus, per conformazione
geografica e bassa densità abitativa la Sardegna sembra essere il luogo ideale
in cui applicare questo protocollo. «L'isola potrebbe diventare la prima regione covid free del Mediterraneo - spiega Valditara -. E grazie a questa condizione si potrebbero trasferire nell'isola molte produzioni strategiche che in altre regioni di Italia non si possono fare. Perché bloccate dai divieti governativi». Valditara elenca altri aspetti positivi. «Si potrebbe far risollevare subito l'economia e accompagnare lo sviluppo turistico. Resterebbe l'obbligo di
fare il tampone per chiunque voglia arrivare in Sardegna».
Il
coinvolgimento. Non si deve creare un modello imposto dall'alto. Al contrario. «È
indispensabile la collaborazione delle migliori intelligenze dell'isola. A
partire dalle due università di Cagliari e Sassari. Nei due atenei ci sono
risorse che hanno grande esperienza in materia medica e nell'intelligenza
artificiale. Si potrebbe realizzare qualcosa di importante anche per l'economia
della Sardegna».
I tempi. Valditara non nasconde l'urgenza di partire da subito. «Non c'è dubbio. Si
potrebbe iniziare prima del via della fase 2 nel resto d'Italia. Sarebbe una
fase di sperimentazione». Un passaggio è legato alla possibilità
che l'app, che tutti dovrebbero scaricare sul cellulare e
che monitora gli spostamenti, violi la privacy. Ma anche questo
ostacolo è rimosso. Ci sono diverse sentenze in cui si stabilisce in modo
chiaro che il diritto alla vita e alla salute pubblica sono
prioritari rispetto alla tutela della privacy del singolo.
La app.
Nel progetto è previsto che tutti scarichino l'app. Ma serve un decreto della
presidenza del consiglio. «Si può immaginare un'intesa con il governo centrale in
cui si dà una deroga alla Sardegna. Si concede di circolare a
patto che venga scaricata l'app sul telefonino - precisa
Valditara -. Questo sarebbe un forte incentivo. Ma non significa che si potrà dire addio a guanti e mascherine, con cui
dovremo convivere ancora a lungo. Così come non si potranno abbandonare comportamenti di maggiore cautela».
I tempi. È impossibile pianificare una data per la dichiarazione della Sardegna come
regione Covid free. «Ma posso dire che il modello della Corea del Sud, che abbiamo come riferimento, è riuscito ad abbattere i positivi - conclude Valditara -. In poche settimane è passato da centro dell'epidemia a uno dei Paesi con i contagi più bassi, anche se molto vicino all'epicentro cinese. Un dato che da solo basterebbe a far capire l'efficacia di questo approccio. E
sottolineo l'importanza di adottare questo approccio per affrontare il
coronavirus perché non è ancora chiara la dinamica della pandemia. In altre parole secondo alcuni esperti ci si dovrà convivere a lungo. E in autunno si potrebbe di nuovo rischiare una seconda ondata. Ecco perché è importante da subito adottare un metodo che garantisca il controllo dell'epidemia».
@LucaRojch
Articolo tratto da “La Nuova
Sardegna” del 16 Aprile 2020
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Federico Marini
marini.federico70@gmail.com
skype: federico1970ca
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