martedì 30 giugno 2020


(30 Giugno 1934) In Germania scatta l'eliminazione degli oppositori politici di Hitler, all'interno del Partito Nazionalsocialista, e dei vertici delle S.A., le cosiddette Squadre d'Assalto. Vengono uccise più di 200 persone. L’eccidio passa alla storia come “la notte dei lunghi coltelli”. Le SA avevano acquistato progressivamente potere, fino a diventare per Hitler una minaccia. L'omosessualità del loro leader, Ernst Röhm, rappresentò il pretesto per la loro liquidazione e per la campagna repressiva contro gli omosessuali.


Il successo politico e la crescita della popolarità di Hitler indussero i vertici delle SA e gli aderenti della prima ora del partito Nazista a ritenere che il Cancelliere avesse tradito l'originario scopo della rivoluzione nazionalsocialista; egli infatti, secondo l’opinione di Röhm, si era discostato dal progetto anticapitalista del partito, accordandosi con i grandi affaristi, gli industriali e tutto il mondo dell'aristocrazia, i cosiddetti Junker, che comprendevano gli elementi più influenti della Reichswehr. Il capo di Stato Maggiore delle SA non nascose il desiderio di una "seconda rivoluzione", attaccando in più occasioni la linea di condotta del Governo. L'intento del comandante delle SA tuttavia non si limitava all'accoglimento delle squadre d'assalto nell'esercito ma egli anelava anche di prenderne il comando, prospettiva decisamente osteggiata dallo Stato Maggiore generale tedesco.

A Berlino Heydrich, ricevuto il segnale di avvio delle operazioni, dette ordine ai reparti delle SS, tenuti fino a quel momento pronti ad agire, di aprire i plichi contenenti i nominativi delle persone da arrestare o eliminare. Mentre a Monaco l'azione fu diretta esclusivamente contro i vertici delle SA, nella capitale del Reich fu indirizzata contro personalità considerate nemiche del regime. Terminata la procedura degli arresti, Hitler diramò gli ordini per la sorte delle SA, a capo delle quali era stato posto Viktor Lutze: ad alcune di esse fu offerto di avere salva la vita in cambio del giuramento di fedeltà al cancelliere, mentre altre avrebbero dovuto essere immediatamente giustiziate.

L'ordine di uccidere Röhm fu affidato a Dietrich che lo eseguì immediatamente; solo il 1º luglio Hitler convocò una riunione, alla quale parteciparono Himmler e Göring: subito dopo venne impartito l'ordine di uccidere il capo delle SA all'Oberführer Theodor Eicke, futuro comandante del campo di concentramento di Dachau, che si trovava al Ministero degli Interni della Baviera, eletto a quartier generale della repressione, in attesa di comunicazioni da Berlino.

All'ufficiale delle SS fu espressamente ordinato di proporre a Röhm l'alternativa del suicidio
: recatosi alla prigione di Stadelheim, nella cella n. 474, dove il capo delle SA era rinchiuso dalla sera prima, gli lasciò una pistola con un solo colpo. Rientrato dopo dieci minuti, lo trovò ancora in vita e, dopo avergli detto «Röhm, si prepari», ordinò allo Sturmbannführer Michel Lippert di sparargli: questi eseguì l'ordine sparandogli al petto e Röhm cadde mormorando «Mein Führer»






4 Luglio. Sbarca in Sardegna - MILLO e la sua arte - San Gavino M.le



4 Luglio alle ore 10:00 – 9 Luglio alle ore 19:00
Via Pascoli, San Gavino Monreale SU, Italia
Ciao a tutti,
siamo felicissimi e onorati per il dopo #covid19 di ospitare per la prima volta in Sardegna a San Gavino Monreale,

Millo, Francesco Camillo Giorgino, uno degli street artist italiani più conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Classe 1979, Millo nasce a Mesagne, una piccola città in provincia di Brindisi, poi si trasferisce a Pescara, dove vive tuttora. La passione per il disegno lo ha portato a strutturarsi come artista e a partecipare a numerosi Festival di street art.

Nel 2014 vince la B.Art competition, aggiudicandosi la possibilità di dipingere 13 muri nella città di Torino. La sua arte, però, non si è fermata in Italia. Le sue opere sono sparse tra Roma, Milano, Bologna, Firenze, Parigi, Londra, Lussemburgo e Rio de Janeiro, tutte con delle caratteristiche comuni.

Un utilizzo quasi esclusivo del bianco e nero, con qualche rara punta di colore, un tratto pulito, dei murales pieni di dettagli, che inglobano, il più possibile, gli elementi dell'architettura circostante.

La cultura non si ferma, San Gavino vuole continuare ad essere luogo di condivisione di emozioni, passioni, arte e cultura Per continuare a supportarci potete donare al seguente link:
https://www.paypal.com/biz/fund?id=QHDW8J5D92ND8


L'opera verrà realizzata in Via Pascoli, 12, (palazzina area)
https://goo.gl/maps/FCThaCAN6zzx9VwM9

Evento organizzato da Non solo "Murales di San Gavino Monreale Paese di Artisti" Associazione Culturale SKIZZO


Sa Battalla de Seddori. Di Francesco Casula.



Domani 30 giugno ricorre il 611° anniversario di Sa Batalla di Sanluri: forse la data più infausta dell’intera storia della Sardegna perché segnò l’inizio della fine della indipendenza e della libertà dei Sardi e della Sardegna. Una fine comunque tutt’altro che scontata ed ineluttabile. Infatti con l’ultimo Marchese di Oristano, Leonardo d’Alagon, (dal 1470 al 1478) sarà ancora scossa e attraversata da momenti di dissenso e di ribellioni nei confronti dei catalano-aragonesi, culminati in opposizione armata prima con la battaglia di Uras (1470) e infine con la sfortunata e definitiva sconfitta di Macomer (1478).

Una data infausta insieme al 238 a.C. che segnò l’inizio dell’occupazione e del brutale dominio romano; al 1297, quando il papa Bonifacio VII, con la Bolla Licentia invadendi, infeudò del regno di Sardegna e Corsica, appositamente e arbitrariamente inventato, Giacomo II d’Aragona, invitandolo di fatto a invadere e occupare militarmente le Isole, cosa che puntualmente avverrà, almeno per la Sardegna; al 1820, quando furono emanati gli Editti delle Chiudende, che posero fine al millenario uso comunitario delle terre da parte di tutto il popolo, usurpate dai nuovi proprietari, in un ciclonico turbinio di inaudite illegalità, sopraffazioni e violenze; al 1847, quando con la Fusione perfetta, la Sardegna fu privata del suo Parlamento.

Il 30 giugno 1409 infatti presso Sanluri, si scontrarono l’esercito siculo-catalano-aragonese, guidato da Martino il giovane, Re di Sicilia e Infante di Aragona, e l’esercito sardo-giudicale, al comando di Guglielmo III visconte di Narbona, ultimo giudice-re del Giudicato d’Arborea, che fu battuto e disfatto in quella atroce battaglia. Finiva così la sovranità e l’indipendenza nazionale della Sardegna che, dopo cruente battaglie i Sardi-Arborensi, prima con Mariano IV e poi con la figlia Eleonora, erano riusciti ad affermare, prevalendo sui Catalano-Aragonesi e dunque riuscendo di fatto a ottenere il controllo su tutto il territorio sardo e coronando in tal modo il sogno, di unificare l’intera nazione sarda.
Il regno d’Arborea infatti dal 1392 al 1409 comprenderà l’intera Isola, eccezion fatta per Castel di Cagliari e di Alghero: Isola governata e gestita sulla base di quella moderna e avanzata Costituzione che fu la Carta de Logu, che promulgata dalla stessa regina Eleonora, rimase in vigore per ben 435 anni, fino al 1827, quando entrò in vigore il Codice feliciano.

Ma ritorniamo alla battaglia di Sanluri: lo scontro finale cominciò all’alba di domenica 30 Giugno del 1409, (al alva de Domingo del mes de Junio: così infatti scrive negli Anales della Corona d’Aragona lo storico aragonese Geronimo Zurita); quando l’esercito siculo-catalano-aragonese, lasciato l’accampamento cominciò ad avanzare ordinatamente (con horden) fino a un miglio a sud est di Sanluri (Sent Luri).
Davanti stava Pietro Torrelles (en la avanguardia Pedro de Torrellas), il capitano generale, con mille militi e quattromila soldati (con mil hombres de armas, y quatro mil soldados), mentre il re Martino il Giovane, più indietro guidava la cavalleria e il resto formava la retroguardia. A loro si contrapponeva, sbucando improvvisamente da dietro un poggio, appena a Oriente di Sanluri e chiamato ancora oggi Bruncu de sa Batalla, l’esercito giudicale comandato dal re arborense Guglielmo di Narbona-Bas con i fanti e i cavalieri (con toda la gente de cavallo, y de pie), nascosti dietro una collina. Quanto durò esattamente la battaglia non ci è dato di sapere, Geronimo Zurita parla genericamente di “por buen espacio”.
Certamente fu dura e accanita. E, purtroppo, perdente per i Sardi.
La tattica degli Aragonesi infatti, il cui esercito assunse una formazione a cuneo, sfondò il fronte delle forze sardo-arborensi che investite al centro, fu diviso in due tronconi. La parte sinistra si divise a sua volta in due parti: la prima ripiegò a Sanluri dove trovò rifugio nel borgo fortificato e nel castello di Eleonora; le mura però non resistettero all’assalto e le forze aragonesi irruppero massacrando a fil di spada gran parte della popolazione civile, senza distinzione di sesso e di età, mentre 300 donne furono fatte prigioniere. La seconda parte, guidata dal re Guglielmo III, si rifugiò nel castello di Monreale, a poche miglia di distanza, senza che gli Aragonesi riuscissero a inseguirli. Così: “el Vizconde con los que escaparon huiendo de la batalla, al castillo de Monreal” si salvò.
Morirono invece sul campo ben cinquemila Sardi (y murieron en el campo hasta cinco mil) mentre quattromila furono catturati: sempre secondo i dati di fonte storica aragonese e dunque da prendere prudentemente, cum grano salis. Di contro solo pochissimi nobili iberici persero la vita ((Murieron en esta batalla de la Parte del Rey muy pocos, y los mas senalados fueron, el vizconde de Orta, don Pedro Galceran de Pinos, y mossen Ivan de Vilacausa). Le fonti aragonesi non riportano alcun dato sui soldati semplici: evidentemente contano poco o, niente.

La località, una collinetta subito dopo il bivio “Villa Santa” guardando verso Furtei, dove avvenne una vera e propria strage conserva ancora oggi, in lingua sarda, un nome sinistro e tristo: Su occidroxiuOvvero il mattatoio: dove insieme a migliaia di sardi fu “macellata” non solo la sovranità e l’indipendenza nazionale della Sardegna ma la stessa libertà dei Sardi.
Ci sarebbe, a fronte di tutto ciò, da chiedersi cosa ci sia da “celebrare” in occasione della ricorrenza del 30 Giugno, segnatamente a Sanluri, come da anni avviene. Da celebrare niente. Molto invece da rievocare per conoscere la nostra storia: nelle sconfitte come nelle vittorie. Per conoscere il nostro passato, per troppo tempo sepolto, nascosto e rimosso: dissotterrandolo. Perché diventi fatto nuovo che interroga l’esperienza del tempo attuale, per affrontare il presente nella sua drammatica attualità, per definire un orizzonte di senso, per situarci e per abitare, aperti al suo respiro, il mondo, lottando contro il tempo della dimenticanza e della smemoratezza.
Proite unu populu chi non connoschet s’istoria sua, su tempus colau, non tenet ne oje nen cras.

Francesco Casula
Saggista, storico della letteratura sarda
 autore del libro, tra gli altri, de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”


L’articolo è tratto da http://www.pesasardignablog.info/

lunedì 29 giugno 2020

Comunali, il test che spaventa i partiti



Il centrodestra intende replicare la squadra che ha vinto alle regionali quasi un anno e mezzo fa, il centrosinistra lavora per ribaltare quel risultato. Il Movimento Cinquestelle apre alle alleanze con liste civiche. Gli schieramenti si preparano ad affrontare le amministrative in 160 Comuni che saranno chiamati al voto probabilmente in autunno, almeno un mese dopo l'election day nazionale del 20 settembre nel quale, comunque, i sardi si esprimeranno per assegnare il collegio uninominale del Nord Sardegna per il Senato e sul referendum per il taglio dei parlamentari. Per motivi diversi, tutti i principali partiti e schieramenti sanno di non poter fallire la prima vera “rivincita” dopo le Regionali 2019

 Il centrodestra «In linea generale vogliamo verificare se ci siano le condizioni per riproporre l'accordo che ci ha già fatto vincere», spiega il capogruppo del Psd'Az Franco Mula, «noi proporremo il nostro simbolo ovunque, e anche nel caso delle liste civiche per i Comuni più piccoli l'appartenenza sardista sarà un qualcosa che emergerà». Anche Fratelli d'Italia spinge per il centrodestra unito. «A Quartu, dove le chance di vittoria sono alte, abbiamo proposto già il nostro candidato Tonino Dessì», dice la coordinatrice regionale del partito Antonella Zedda.

 A Nuoro spetta alla Lega indicare un nome: «Ma anche in questo caso è aperto un tavolo dove il Carroccio accetta di confrontarsi», aggiunge. Tavolo di coalizione operativo anche a Porto Torres, mentre per quanto riguarda il quarto Comune che supera i quindicimila abitanti, ossia Sestu, «siamo in attesa di comprendere se la sindaca intenda allargare l'attuale maggioranza sul modello di quella che governa la Regione. Altrimenti i partiti che non sono nella maggioranza, cioè noi e i sardisti, proporranno un altro nome».

 Centrosinistra In questo caso un ampio cartello di partiti e associazioni – Nelson Mandela, Sardegna in Comune, Possibile, Campo Progressista, “Noi, la Sardegna”, Futuro Comune e Verdi – ha già chiesto un tavolo per discutere di amministrative. L'ovvio interlocutore della richiesta è il Pd: per il segretario regionale, Emanuele Cani, «vale sempre il progetto di costruire un'alleanza di centrosinistra attorno al Partito democratico». Il tavolo, dunque, sarà presto convocato. Ma restano alcune differenze di approccio.

 Per il capogruppo dei Progressisti Francesco Agus «in presenza di un governo regionale in crisi non è possibile che non vi sia uno sforzo per andare assieme: questo è un anno particolare, ci sono mille problemi tra cui una pandemia, non essere ancora riusciti a sederci attorno a un tavolo è un problema».

 Aperture. Agus non esclude un allargamento al Movimento 5 Stelle, «d'altronde c'è un governo nazionale che va in quella direzione e facciamo anche opposizione assieme in Consiglio regionale, starebbe nelle cose». Eugenio Lai (LeU) lancia addirittura «un appello ai grillini affinché si uniscano al centrosinistra, all'associazionismo e al civismo per battere una delle peggiori destre».

 Il Pd non sembra attratto da ipotesi simili. Tra i dem prevale l'opinione che «l'alleanza a livello di governo ha già carattere di straordinarietà, inoltre sono gli stessi 5Stelle a non volerla a livello regionale perché all'interno di una coalizione perderebbero punti percentuali». Quanto alle altre forze della sinistra, da parte del Pd si cerca una convergenza che non sia la somma di sigle ma che si riconosca in contenuti politici condivisi.

 I Cinquestelle E il M5S? «L'apertura è massima a liste civiche che riconoscano gli ideali del Movimento», spiega il deputato e facilitatore per le relazioni interne Alberto Manca, «siamo presenti a Nuoro con Alessandro Murgia, a Quartu con Guido Sbandi, ci saremo a Porto Torres perché è fondamentale proseguire l'attività portata avanti dal sindaco pentastellato Sean Wheeler, penso per esempio al reddito energetico. E poi- conclude Manca - stiamo valutando che cosa fare a Sestu».

 

Roberto Murgia

 
Articolo tratto da L’Unione Sarda del 29.06.2020
 

 


venerdì 26 giugno 2020

Carlo Felice e il dibattito sulla storia sarda. Di Ivan Monni.



Volente o nolente (e gei ddu creu, giai chi est mortu) Carlo Felice è diventato il simbolo della riappropriazione della storia sarda e della conoscenza da parte del popolo sardo. In attesa che prima o poi venga insegnata a scuola, obbligatoriamente, storia, lingua, letteratura e geografia sarda, vere sedi appropriate, il dibattito su Carlo Felice, è un vero è proprio argomento discusso dal popolo sardo.

Il dibattito su Carlo Felice è in questo momento: L’ariete (conca tostada) che sfonda la porta della non conoscenza e la apre al dibattito al di fuori dell’area indipendentista e identitaria. Il grimaldello (furoni) per scardinare il dibattito incentrato quasi esclusivamente sulla politica italiana, per portarlo sui temi sardi. Il piede di porco (come la sua “zenia”) dell’indifferenza dei sardi, fuori dalla bolla facebookiana degli indipendentisti.

L’ariete, il grimaldello, il piede di porco, o la bandiera tenuta in alto, è rappresentato dal libro Carlo Felice e i tiranni sabaudi, campione di vendite del prof. Casula, portato in tournée per tutta l’isola dal comitato, che ha suscitato lo sdegno di molti cittadini nei confronti del sovrano, sfociato nell’azione di molti amministratori che hanno deciso di cambiare le vie dedicate si tiranni.

La soprintendenza coloniale italica, in alcuni casi, ha poi provveduto a bloccare la scelta democratica delle libere comunità, ma questo è un altro discorso. Il punto è che il “metodo Casula“ ha funzionato, i paesi si stanno interrogando e discutendo sul fatto o meno di tenere le vie savoiarde. Il successo del libro va oltre l’aspetto editoriale o storiografico. Intelligente è l’opera di Caminera Noa di “sardizzare” e contestualizzare il movimento globale Black lives matter / Sardinian lives matter.

Il successo più grande è comunque quello di aver portato il dibattito a Cagliari, generalmente refrattaria a questi argomenti. Dibattito non significa accettazione da parte di tutti. Intanto il primo passo è quello discutere di cose sarde, uscire dal dibattito destra/sinistra, funzionale alle cose italiane. Il processo di accettazione richiede tempo per la metabolizzazione del fatto che una statua da sempre conosciuta dai cagliaritani, e sempre stata il simbolo delle vittorie sportive, di punto in bianco sia diventato un simbolo negativo.

Prima bisogna metabolizzare il fatto che stiamo tenendo in piedi una statua di un re sanguinario, facente parte di una “zenia” (“de porcos”, direbbero dalle parti di Sardigna Natzione, tra i primi a porre il problema politico e culturale) che fece della Sardegna una colonia buona per ricavare una buona rendita, piazzare feudatari scalpitanti in patria piemontese e per ottenere il titolo di re.

La sinistra e la destra italiana, repubblicane e “bipolariste“, che plaudono alle frecce tricolori il giorno della festa della Repubblica, anniversario della cacciata degli uomini in carne ed ossa Savoia, si chiudono a riccio di fronte alla richiesta della cacciata della riproduzione simbolica degli stessi. Le obiezioni da parte dei “sarditaliani” sono ripetitive e cicliche, ad ogni articolo dei quotidiani sardi, e si possono riassumere schematicamente con questi esempi: -“con tutti i problemi che c’abbiamo, ci mancava solo questo” (sottinteso, pensiamo all’economia, a creare posti di lavoro).

Gli assessorati sono tanti, quelli che si occupano di cultura e urbanistica non fanno le stesse cosa che fa l’assessore alle attività produttive, che evidentemente nell’immaginario collettivo è una specie di Super-Fantozzi che si occupa di tutti gli aspetti del comune. Inoltre la questione è prettamente economica e passa per la riscoperta identitaria, senza la quale difficilmente si potrà riconquistare la fiducia in se stessi. Se nel frattempo togliamo la statua, il dibattito si chiude immediatamente e possiamo risolvere i problemi economici.

“la storia non si (s)cancella” (sottinteso, “volete cancellare la storia”). Mai visto nessuno imparare la storia dalle vie e dalle statue, che sono semplicemente dei simboli potenti che elevano positivamente i nostri stessi carnefici. Il comitato vuole accompagnare gentilmente Carlo Felice dentro il museo, dove is scientis ant a podi imparai totu sa stòria chi bolint; non vogliono “cancellare l’Astoria” (cit).

-“c’è sempre stata, perché volete toglierla?” (sottinteso, i cambiamenti non mi piacciono, no mi trumbullist s’aposentu). Atteggiamento conservatore, ma dopo 4-5 volte non è detto che l’utente in questione non cambi idea. Il cambiamento va metabolizzato, la negazione è solo il primo passo, forse necessario.

-“lo hanno voluto i sardi stessi” (sottinteso, se lo hanno voluto i nostri nonni, noi non possiamo cambiare idea). La consapevolezza della storia, da parte dei sardi è cambiata notevolmente, non solo negli ultimi decenni, ma negli ultimi anni, proprio anche grazie al libro di Casula e al comitato. La ricerca e la riscoperta del nostro passato comincia, piaccia o meno, con il libro di Frau, (Le colonne d’Ercole, Atlantide) che ha riportato alla luce l’epopea Shardana, che ha messo una pietra tombale al vecchio mantra del “siamo sempre stati dominati”.

Abbiamo riscoperto che c’è stata un epoca indipendente dei Giudicati e abbiamo scoperto i tanti tentativi di rivolta, tra cui la Sarda Rivoluzione e Angioy. Abbiamo scoperto che anche (soprattutto) noi sardi abbiamo avuto responsabilità nel far entrare il dominatore di turno. Accettare il libro non significa autoassolverci dalle colpe nostre. Quindi a fronte di una nuova consapevolezza, le scelte dei nonni vanno rimesse in discussione, ma anche qui bisogna metabolizzare.

-“dove appendiamo la bandiera del Cagliari” (sottinteso, è utile come appendi-abito o come porta bandiere). Obiezione debole, facilmente risolvibile con la risposta: “Mettiamo la statua di Gigi Riva“, o altre cose simili. Le obiezioni sono tante altre, e si va dalle più reazionarie (“zecche comuniste“, come se fosse una questione di destra/sinistra, e la destra/sinistra italiane non fossero allineate in favore di C.F.) ad altre più fantasiose “lasciamole come monito ed esempio di tontidadi de is ajàjus nostus“.

Queste frasi, che ho scritto a memoria, visto che si ripetono identiche da qualche anno, sono la prova provata del dibattito in corso in Sardegna, che va oltre la bolla identitaria e indipendentista. Il punto non è convincere oggi o spostarla oggi, ma portare il dibattito sulla questione identitaria, dettare l’agenda. Comanda chi riesce ad imporre il suo dibattito. E non ci sono dubbi che ciclicamente in questi ultimi anni, si è parlato in Sardegna dello spostamento della statua. Il merito va ascritto senza dubbio al fortunato libro Carlo Felice e i tiranni sabaudi.

Ivan Monni
L’articolo è tratto dal sito “indipendentziasardawordpress”

Sassari, "Dibba" candidato, i Cinque stelle insistono.


Prima l'ipotesi di candidare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ora la stessa proposta sarebbe stata girata ad Alessandro Di Battista, altro leader dei 5 stelle. Le elezioni suppletive, a settembre, nel collegio di Sassari per il seggio al Senato rimasto vacante dopo la morte di Vittoria Bogo Deledda, continuano a tener banco nel Movimento.

«Abbiamo bisogno di te, Alessandro devi candidarti», avrebbero detto, in questi giorni, diversi senatori e senatrici pentastellati - secondo quanto riferiscono fonti parlamentari - nel proporgli la candidatura proprio nel collegio di Sassari. A sostenere questa possibilità sarebbero innanzitutto il senatore sassarese Ettore Licheri e Paola Taverna, vicepresidente di Palazzo Madama.

Però, stando alle notizie che rimbalzano da Roma, al momento Di Battista avrebbe declinato l'offerta, con l'ex ministra Barbara Lezzi - molto vicina al «Dibba» - che ha aggiunto: «Gli obiettivi di Alessandro sono altri e poi sarebbe soprattutto u atto di arroganza tagliare fuori dalla decisione sul candidato i nostri iscritti in quel collegio elettorale».

In ogni caso l'idea di candidare Di Battista non sarebbe un tentativo di legargli le mani ma far sì che prenda in mano il Movimento a Palazzo Madama, per poi puntare alla leadership nazionale dei Cinque stelle. Però, come confermato da fonti a lui vicine, l'ex parlamentare sarebbe orientato per il no.

Dopo aver lanciato, in queste settimane, l'offensiva per conquistare il vertice dei Cinque stelle, ha poi rallentato, rimando l'eventuale scalata a ottobre dopo le elezioni regionali. Al di là delle intenzioni di Di Battista ci sono due problemi che nel caso andrebbero risolti: il primo è quello legato alla territorialità della candidatura, essendo Di Battista romano.

Ma - spiegano fonti parlamentari M5s - anche alle Politiche sono state concesse delle deroghe. Il secondo nodo sarebbe legato invece al tema del doppio mandato. Ovvero Di Battista, nell'eventualità che si candidasse alle suppletive di settembre, non potrebbe teoricamente candidarsi in una successiva tornata elettorale. Ma anche in questo caso – sottolineano sempre fonti grilline - ci sarebbe una via d'uscita: è quella del cosiddetto mezzo mandato visto che la legislatura è cominciata due anni fa.

Articolo tratto da la “Nuova Sardegna” del 26.06.2020

-----------------
Federico Marini
skype: federico1970ca



giovedì 25 giugno 2020

26 Giugno. Maria Lai. Fame d'infinito



Domani, dalle ore 15:00 alle ore 19:30
Fondazione Stazione dell’Arte di Ulassai
Località Busanca, ex stazione ferroviaria, s.p. 11, Ulàssai

A distanza di un mese dalla riapertura della Stazione dell’Arte, il 26 giugno 2020 apre al pubblico il nuovo allestimento della collezione permanente dal titolo “Maria Lai. Fame d’infinito”.

All’essere umano non basta la terra sotto i piedi, non basta il sole sulla testa. L’uomo diventa adulto per realizzarsi oltre il proprio spazio e il proprio tempo”. Maria Lai

Arte da vedere, sentire, toccare: mai come in occasione del nuovo allestimento, le opere di Maria Lai attraverseranno ogni barriera fisica e intellettuale. Una mostra che è esperienza multisensoriale, concepita per favorire un nuovo approccio all’arte e nutrire la curiosità dei visitatori. Per soddisfare la nostra "Fame d’infinito", l’esposizione recupera il dialogo diretto con il pubblico dopo lo stop per l’emergenza sanitaria e la riapertura dell’istituzione museale, avvenuta un mese fa.

FAME D’INFINITO. La nuova esposizione aprirà al pubblico venerdì 26 giugno 2020, alle ore 15.00, negli spazi del museo fortemente voluto dall’artista ulassese, in piena sicurezza e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità preposte: ingressi contingentati (per un massimo di 10 persone alla volta) e mascherina obbligatoria.

La mostra è organizzata dalla Fondazione Stazione dell'Arte con il sostegno della Regione Autonoma della Sardegna, del Comune di Ulassai e della Fondazione di Sardegna. Curata da Davide Mariani, direttore del museo dedicato a Maria Lai, Fame d’infinito scandisce l’intero percorso dell’artista attraverso l’esposizione delle opere più significative da lei donate al Comune di Ulassai.

La collezione restituisce, nella sua totalità, l’esperienza creativa di Maria Lai: dalle sculture ai disegni a matita e su china, dai telai alle tele cucite, dai celebri pani ai libri cuciti, dalle geografie alle installazioni e agli interventi ambientali.

Il progetto espositivo, concepito come un’esposizione permanente, è suddiviso secondo un ordine cronologico e tematico ed è arricchito dalla presenza di un sistema di apparati didattici, in italiano e in inglese, da alcune riproduzioni tattili dei manufatti in mostra e da un archivio multimediale interattivo.

MARIA LAI. FAME D’INFINITO
a cura di Davide Mariani
Museo Stazione dell’Arte
Ex Stazione ferroviaria, Ulassai (Nu)
Orari: dal martedì alla domenica, dalle 9:30 alle 19:30 (orario continuato) - ingressi contingentati
Chiusura settimanale: lunedì

Visite guidate: sospese
Per informazioni:
Tel. 0782787055; e-mail: stazionedellarte@tiscali.it
Sito: www.stazionedellartexperience.com
Facebook: https://www.facebook.com/MuseoMariaLai/
Instagram: https://www.instagram.com/stazionedellarte/

Dubbi sulle nomine, blitz in Regione



A poche ore dalla scadenza degli incarichi, la Guardia di finanza riaccende i riflettori sulle nomine dei direttori generali della Regione: nei giorni scorsi le Fiamme gialle si sono presentate nell'assessorato agli Affari Generali e Personale per sequestrare nuovi documenti. Non è il primo blitz: la polizia giudiziaria avrebbe già fatto visita negli uffici di viale Trieste a Cagliari lo scorso ottobre, qualche giorno dopo il decreto di nomina dei dg.

Le verifiche. L'inchiesta condotta dal pm Andrea Vacca - aperta dopo l'arrivo in Procura di esposti anonimi - vuole verificare se la procedura di nomina di alcuni professionisti esterni alle direzioni generali degli assessorati sia corretta, e soprattutto se siano stati rispettati i requisiti previsti dalla legge: laurea, adeguata competenza e esperienza dirigenziale di almeno cinque anni in organismi pubblici o privati.

La prima nomina finita sotto esame - contestata anche da sindacati e opposizione in Consiglio regionale - è stata quella del direttore generale della Protezione civile Antonio Belloi, ma ora l'indagine si sarebbe allargata anche a quella del dg della Presidenza Silvia Curto. In entrambi i casi viene contestata l'esperienza dirigenziale. Resta però la possibilità che si tratti di incarichi fiduciari e, come tali, difficilmente contestabili.

La designazione era arrivata con una delibera di Giunta a fine giugno 2019. I decreti però erano stati firmati dal direttore generale del Personale solo il 30 settembre. Sull'incarico, prorogato fino al prossimo 30 giugno i sindacati avevano chiesto chiarimenti: «Abbiamo molte perplessità, la procedura per noi è anomala», sintetizza Giampaolo Spanu, segretario organizzativo della Uil Fpl per il comparto Regione, che insieme alle altre sigle sindacali (Cgil, Sadirs, Sdirs e Saf) aveva contestato le nomine e chiesto l'accesso
agli atti. Come aveva fatto anche l'opposizione in Consiglio, con l interrogazioni del gruppo dei Progressisti.

Nuovo bando. E intanto martedì, poche ore dopo l'ultimo blitz della Guardia di finanza, la Giunta ha deliberato di avviare una nuova procedura per la nomina dei direttori generali, visto che i mandati scadranno a fine mese. L'avviso è aperto ai dirigenti del sistema Regione e agli esterni con esperienza dirigenziale di almeno cinque anni o che, precisa il bando «abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria», o che «provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato». (m. r.)

Quest’articolo è tratto dall’Unione Sarda del 25 Giugno 2020


-----------------
Federico Marini
skype: federico1970ca