mercoledì 1 aprile 2020

La barra dritta, sopratutto nella tempesta. Di Lucia Chessa.


Io lo so che prima o poi si dovrà riaprire e so che tutti guardiamo, in mille modi, a quel momento. Ma mi preoccupa una cosa. Abbiamo una comunità medico/scientifica che, unanimemente, raccomanda prudenza, isolamento sociale e ci indica ogni giorno che non è affatto finita. Allo stesso tempo vedo l’insofferenza alle restrizioni che monta si diffonde, gli appelli alla Renzi, la voglia di ripartire come se niente fosse, la tentazione a minimizzare.

Enfatizziamo, forse perché ne abbiamo bisogno, piccole flessioni nel Nord Italia tendendo ad ignorare che al sud l’epidemia cresce, lentamente, come del resto lentamente è cresciuta, senza destare particolari allarmi, prima di esplodere, in Lombardia, in Spagna, in Veneto. Da noi in Sardegna cresce paurosamente benché, pare, localizzata nel sassarese, ma i numeri sono falsati dall’esiguità dei tamponi effettuati, ed io non oso pensare cosa sarebbe accaduto senza chiudere le scuole, senza le restrizioni, senza fermare la circolazione delle persone. E non oso pensare cosa potrebbe accadere.

La sanità sarda, la sua dotazione di spazi, strumenti, persone, non è quella veneta e lombarda e se non ci sono posti in terapia intensiva e non c’è personale adeguato ed adeguatamente equipaggiato, semplicemente, si muore. Mi preoccupa la pressione che cresce, su chi deve decidere, affinchè si allentino le restrizioni ed io temo che, alla fine, si possa cedere a queste pressioni senza ben calcolarne l’impatto.

E ancora di più mi preoccupa un allentamento non governato, non organizzato, non accompagnato da test diffusi, quando ce ne saranno le condizioni, per accertare chi è malato, chi è asintomatico, chi è immune, chi è sano. Perché, certo che bisogna ripartire quanto prima, e bisogna anche prepararsi a correre stringendo i denti, ma altrettanto certo è che occorre farlo i sicurezza.

In molti avete ironizzato sul cinismo di Boris Jonson, e ve ne siete indignati. Attenzione a non arrivarci noi ora, per stanchezza e per rinuncia, per paura di cosa ci sarà dopo le serrate. Attenzione perché non possiamo permettercelo. Altro che discorsi sulle passeggiatine dei bambini e dei cani. Spero davvero, questa volta, che chi deve decidere sia in grado di tenere la barra dritta, la testa a posto, i pensieri lucidi ed orientati al bene comune. La vita anzitutto.

Lucia Chessa

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