Se penso ai momenti in cui ho sofferto di più, non riesco mai a
separarli da un dettaglio ridicolo. Il che è un bene, a posteriori, quando la ferita si è
chiusa.
Una volta, una frase piuttosto brusca e crudele, detta senza intenzione come
tante volte succede, mi rovinò un posto che amavo molto. Per
mia natura, incasso e faccio finta di niente, avvio un processo di mitosi e
lascio andare avanti il mio doppione impassibile mentre io rimango indietro, con il big bang nello stomaco e le
molecole degli organi interni tutte shakerate. Ero un po' troppo incazzata
però, non poteva funzionare.
Vidi un bagno come un miraggio. Entro un secondo, aspetta, dissi.
Feci la pipì in bilico sulle gambe che tremavano dal fastidio, nel frattempo mi
squarciavo il labbro inferiore con i denti. Era estate, avevo una gonna corta svolazzante.
Uscii nel bagno comune,
lavai le mani, nello specchio incontrai il mio sguardo avvilito, guarda cosa
sei diventata mi diceva, e poi una turista russa apparve come un arcangelo,
sputando parole interrogative.
Sì sì, risposi, per
levarmela dalle palle, ma sì cosa? Chi se ne fregava in quel momento. Ma
gli arcangeli sono insistenti per volere divino, e attirò nuovamente la mia attenzione, sembrava
anche un po' disperata.
Sbottai in inglese: non
ti capisco, non lo so il russo, tu pensi di sì, ma io non lo so! Allora sguainò
un dito e indicò. Avevo la gonna appallottolata dentro le culotte di Superman.
L'ho guardata come se mi avesse rivelato di essere mia sorella.
(Sì, è la vita a volermi pagliaccia. Ma forse devo dirle grazie.)
Elisa Lai
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