Il
lockdown esteso al 3 maggio. Il premier Conte allunga la serrata. Controlli
rafforzati per il fine settimana di Pasqua
L'Italia
rimarrà in lockdown almeno fino al 3 maggio. Dopo giorni di riflessione, il
governo sceglie la linea di massima cautela e si appresta a rinnovare con un
nuovo provvedimento tutte le misure di contenimento e le limitazioni agli
spostamenti per altri 20 giorni concedendo solo aperture mirate per qualche
attività produttiva. Non solo: con
una circolare il Viminale rafforza i controlli per Pasqua, chiedendo alle forze di
polizia una particolare attenzione per evitare che gli italiani si riversino
nelle seconde case.
Gli appelli di Confindustria a far
ripartire l'economia affinché l'attuale recessione «non diventi depressione»
per il Paese, la spinta di parte della stessa maggioranza - con Italia Viva a
fare da capofila – e l'andamento positivo dei dati non sono stati dunque
sufficienti per convincere il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a
riaprire il paese. «Al momento non siamo nelle condizioni di riaprire le attività produttive
perché rischieremmo di far risalire la curva dei contagi e di vanificare i
risultati ottenuti», ha spiegato durante la videoconferenza con Regioni,
Anci e Upi sottolineando che l'apertura a fine aprile avrebbe
rappresentato un incentivo al movimento dei cittadini visti i due ponti
in arrivo, il 25 aprile e il 1 maggio.
Due week
end, come quello di Pasqua, che già da giorni sia il Comitato tecnico-scientifico
sia il Viminale avevano indicato come a rischio esodo nel caso in cui si
fossero concesse delle aperture. Ed infatti la circolare del Viminale per intensificare i controlli nelle festività pasquali verrà replicata anche per i due ponti. «È del tutto evidente - scrive il capo di gabinetto del ministro Matteo Piantedosi - che, nell'attuale contesto, non sarà possibile per la popolazione effettuare i consueti trasferimenti verso località a richiamo turistico» e dunque è necessario «dedicare la massima attenzione nella predisposizione di mirati piani di rafforzamento della vigilanza e del controllo» sia all'interno dei comuni sia tra località diverse, «compreso il divieto di recarsi nelle seconde case utilizzate per le vacanze».
D'altronde
il ragionamento degli scienziati da giorni è sempre lo stesso: basta poco a far
ripartire il contagio. «Il rischio è una seconda ondata» conferma il presidente
del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, che vanificherebbe tutto il
lavoro fatto finora. Nel governo ha dunque prevalso la linea più prudente, quella del ministro della Salute Roberto Speranza che - appoggiato dagli scienziati - ha svolto una opera di persuasione sugli alleati di governo. La stessa del ministro delle Autonomie Francesco Boccia che ha risposto senza giri di parole a Confindustria: «Abbiamo le idee chiare: dobbiamo mette in sicurezza la salute degli italiani».
Dopo Pasqua
a riaprire saranno quindi davvero in pochi: piccole attività legate alla
filiera alimentare e sanitarie, qualche azienda meccanica, forse cartolibrerie
e librerie. E questo nonostante i numeri siano incoraggianti da quasi una
settimana: le terapie intensive scendono per il sesto giorno
consecutivo e fanno registrare 99 pazienti in meno rispetto a ieri mentre i ricoveri negli ospedali mantengono il segno meno ormai da 5 giorni. Oggi sono 28.399 le persone ricoverate, 86 in meno rispetto a mercoledì su un totale di 96.877 malati.
Significa
che il sistema sanitario si sta alleggerendo, soprattutto in Lombardia, la regione più martoriata che ha il triste primato di oltre 10mila morti - più del 50% del totale - e un terzo dei malati in terapia intensiva. Ma sulla decisione del governo ha pesato anche un altro aspetto. Per uscire dal lockdown il paese deve dotarsi di linee guida valide su tutto
il territorio nazionale per i test sierologici, vale a dire gli esami che
consentiranno di individuare i potenziali «immunizzati».
di Matteo Guidelli e Luca Laviola
L’articolo è tratto dalla “Nuova
Sardegna” del 10.04.2020
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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