Qualche giorno fa,
girando per Cagliari col Porter pieno di bombole, m’imbatto in un gruppetto di tre
pignegne, intenti ad arrancare
tra Via La Nurra e il distributore automatico di una farmacia di Via Cornalias.
Sì, penso, forse gli è rimasto un barlume di coscienza che li ha spinti a
comprare delle siringhe nuove e pulite. Ed è tutto esattamente pazzesco. Le
strade deserte, gli zombie col volto deformato e bruciato dal sole, una gamba
trascinata dopo l'altra.
Son tutti magrissimi,
sporchi, paiono maciullati. Sembra che se li tocchi si possano
disfare, cellula dopo cellula. Li si sente bofonchiare tra loro, non si capisce se da quelle bocche
escano parole o grugniti. Si sentono gemiti, poi degli sbuffi, che finiscono
immediatamente una volta che finalmente il trio attraversa completamente la
strada, un pezzo alla volta, per trovarsi di fronte al distributore
automatico.
Fanno per cercare
qualcosa nelle tasche, forse soldi che probabilmente hanno immaginato di avere
o che qualcuno per pietà gli ha donato. L'occhio bagnato e sporco
di uno di quelli lì ruota improvvisamente e pare osservarmi, così accelero e scappo nel timore
che volesse avvicinarsi per chiedermi qualcosa o, semplicemente, per alitarmi
addosso un po' di marciume.
Sembrava la scena di un
film, ma tutto molto stereotipato, troppo ovvio, gli zombie cattivi e il tizio
che scappa a gambe levate per la paura. Eppure queste son scene
di ordinaria amministrazione, in quella zona. A colazione paste in Via Seruci, una passeggiatina nel
verde, magari dietro un cespuglio, nascosti alla vista di tutti. Il
mondo non esiste, il resto non esiste. La vita è sempre uguale, Coronavirus o no. Forse, se quasi
tutta l'umanità dovesse sparire, resteranno solo le pignegne, ultimo baluardo e
residuo d'evoluzione della specie umana.
Di Matteo Girina
Consigliato:
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