venerdì 8 maggio 2020

Tre punti chiavi per affrontare la disoccupazione. Di Elisabetta Piccolotti.



C'è un’onda di disoccupazione che ci sta per sommergereLo sanno tutti, lo scrivono tutti, se ne preoccupano solo quelli che davvero rischiano di perdere il lavoro. Sono tanti e tante, sopratutto tra coloro che avendo meno di 40 anni si sono confrontati con un mercato del lavoro profondamente ingiusto, fatto di finte partite iva, part-time involontario, lavoretti, salari bassissimi, pochi diritti, contratti super precari, o che sono stati costretti ad aprirsi una di quelle piccole imprese traballanti che alla prima difficoltà rischiano di chiudere.


Ora, fossi il Governo, tenterei di mettere in condizione quanti stanno perdendo il lavoro di trovarsene velocemente uno. Mi parrebbe efficace affiancare misure per l'occupazione ai vari bonus e ammortizzatori sociali in campo (anche perché le risorse investite per creare o ridistribuire occupazione sono sicuramente attivatori più forti sui consumi, la produzione e l'innovazione).

Da dove potremmo cominciare? Da 3 cose importanti:

a) un piano di assunzioni nella pubblica amministrazione, dalla sanità alla scuola ai comuni: abbiamo bisogno - è evidente - di più medici e operatori sanitari, di molti più insegnanti per gestire le classi a ranghi ridotti (finalmente forse diciamo 'ciao' alle classi pollaio!), di più assistenti e operatori sociali per accompagnare le situazioni di disagio.

b) una fetta non residuale di prepensionamenti: gli ultra 60enni sono i più esposti ai danni gravi da coronavirus. Sarebbe bene non andassero a lavorare, meglio ancora se potessero mettersi a meritato riposo per lasciare il loro posto ad un giovane disoccupato. E' meglio pagare la pensione ad un lavoratore senior che rischia anche di finire nelle nostre terapie intensive o pagare bonus e altri ammortizzatori a lavoratori giovani che non riescono a dare il loro contributo alla vita produttiva del paese?

c) riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario. Ora più che mai serve una dinamica che ridistribuisca il lavoro che c'è e faccia salire i salari. Sappiamo tutti che gli italiani lavorano tra le 160 e le 180 ore in più dei tedeschi, sappiamo anche che cambiando l'organizzazione del lavoro possiamo far salire la produttività, e infine che per far ripartire i consumi del tempo libero quel tempo va riconquistato. basterebbe ridurre l'orario di 6 ore a settimana per produrre più benessere, altri posti di lavoro e un aumento dei consumi presso le imprese del tempo libero.

Per farlo, è chiaro, servono politiche fiscali davvero capaci di impedire l'accumulazione eccessiva dei profitti nelle grandi aziende, battere sul serio l'evasione fiscale, ridistribuire ricchezza dai grandi redditi verso il basso. O così o avremo una generazione definitivamente fregata. Ci vorranno 10 anni per uscire dalla crisi? E tra 10 anni i quarantenni di oggi avranno 50 anni. Riflettiamo

Elisabetta Piccolotti



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