martedì 19 maggio 2020

Giustizia malata: l'arresto di Enzo Tortora


« Quando l'opinione pubblica appare divisa su un qualche clamoroso caso giudiziario - divisa in "innocentisti" e "colpevolisti" - in effetti la divisione non avviene sulla conoscenza degli elementi processuali a carico dell'imputato o a suo favore, ma per impressioni di simpatia o antipatia. Come uno scommettere su una partita di calcio o su una corsa di cavalli. Il caso Tortora è in questo senso esemplare: coloro che detestavano i programmi televisivi condotti da lui, desideravano fosse condannato; coloro che invece a quei programmi erano affezionati, lo volevano assolto. » (Leonardo Sciascia)

(18 Maggio 1988) Muore a Milano Enzo Tortora, conduttore televisivo e radiofonico. Nato a Genova nel 1928, Tortora viene assunto dalla RAI a soli 23 anni e gli viene affidato lo spettacolo radiofonico “Campanile d’oro”. Del 1956 è la sua prima apparizione televisiva, ma il successo arriva nove anni dopo con la conduzione de “La domenica sportiva” e della prima edizione dei “Giochi senza frontiere”. Nel 1977, Tortora assume la conduzione di “Portobello”, raggiungendo l’apice del suo successo. Il 17 giugno 1983, in seguito a dichiarazioni rilasciate da alcuni collaboratori di giustizia, Tortora viene arrestato con l’accusa di associazione per delinquere di stampo camorristico. In questo modo comincerà il suo calvario umano e processuale, che durerà cinque lunghi anni e si concluderà solo con la sua morte.

Le accuse si basavano sulle dichiarazioni dei pregiudicati Giovanni Pandico, Giovanni Melluso (soprannominato "Gianni il bello") e Pasquale Barra, criminale legato al boss Raffaele Cutolo; inoltre, altri 8 imputati nel processo alla cosiddetta Nuova Camorra Organizzata, tra cui Michelangelo D'Agostino, pluriomicida detto "Killer dei cento giorni", accusarono Tortora.

A queste accuse si aggiunsero quelle, rivelatesi anch'esse in seguito false, del pittore Giuseppe Margutti, già pregiudicato per truffa e calunnia, e di sua moglie Rosalba Castellini, i quali dichiararono di aver visto Tortora spacciare droga negli studi di Antenna 3; si contarono così tredici false testimonianze e, in totale, i pentiti che accusarono falsamente Tortora sommarono a 19.

Gli elementi "oggettivi", di fatto, si fondavano unicamente su un'agendina trovata nell'abitazione di un camorrista, Giuseppe Puca detto O'Giappone, recante scritto a penna un nome che appariva essere, inizialmente, quello di Tortora, con a fianco un numero di telefono; il nome, a esito di una perizia calligrafica, risultò non essere quello del presentatore, bensì quello di un tale Tortona. Nemmeno il recapito telefonico risultò appartenere al presentatore.
Inutile dire che in questo caso la Procura agì in maniera tanto superficiale da risultare addirittura vergognosa.

Riferisce lo storico della televisione Grasso che "le reti RAI mandarono in onda ininterrottamente e senza pietà le immagini del conduttore ammanettato" Tortora fu attaccato anche nell'ambiente giornalistico, furono pubblicate storie false per falsi scoop, ne fu posta sotto attacco l'immagine umana e professionale.

L'arresto era stato preceduto da una fuga di notizie e nel pomeriggio precedente diversi giornalisti avevano contattato un ignaro Tortora per chiedergli del suo coinvolgimento; fra questi Guglielmo Zucconi, allora direttore de Il Giorno ed ex parlamentare della Democrazia Cristiana, il quale fece telefonare un suo redattore, cui Tortora rispose ironicamente «Sì, dica al suo direttore di metterci pure Tognazzi e Vianello, e il cast è fatto!»

Nel giugno del 1984, a un anno esatto dal suo arresto, Enzo Tortora fu eletto deputato al Parlamento europeo nelle liste del Partito Radicale, che ne sostenne le battaglie giudiziarie. Il 17 settembre 1985 Tortora fu condannato a dieci anni di carcere, principalmente per le accuse di altri pentiti. Il 13 dicembre 1985 si dimise da europarlamentare e, rinunciando all'immunità parlamentare, si chiuse agli arresti domiciliari. Il 15 settembre 1986 Enzo Tortora fu assolto con formula piena dalla Corte d'appello di Napoli e i giudici smontarono in tre parti le accuse rivoltegli dai camorristi, per i quali iniziò un processo per calunnia. Tortora fu assolto definitivamente dalla Corte di Cassazione il 13 giugno 1987, a quattro anni dal suo arresto.




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