« Quando l'opinione
pubblica appare divisa su un qualche clamoroso caso giudiziario - divisa in
"innocentisti" e "colpevolisti" - in effetti la divisione
non avviene sulla conoscenza degli elementi processuali a carico dell'imputato
o a suo favore, ma per impressioni di simpatia o antipatia. Come uno
scommettere su una partita di calcio o su una corsa di cavalli. Il caso Tortora
è in questo senso esemplare: coloro che detestavano i programmi televisivi
condotti da lui, desideravano fosse condannato; coloro che invece a quei
programmi erano affezionati, lo volevano assolto. » (Leonardo Sciascia)
(18 Maggio 1988) Muore a Milano Enzo Tortora, conduttore televisivo
e radiofonico. Nato a Genova nel
1928, Tortora viene assunto dalla RAI a soli 23 anni e gli viene affidato lo
spettacolo radiofonico “Campanile d’oro”. Del 1956 è la sua prima apparizione
televisiva, ma il successo arriva nove anni dopo con la conduzione de “La
domenica sportiva” e della prima edizione dei “Giochi senza frontiere”. Nel
1977, Tortora assume la conduzione di “Portobello”, raggiungendo l’apice del
suo successo. Il 17 giugno 1983, in seguito a dichiarazioni rilasciate da alcuni
collaboratori di giustizia, Tortora viene arrestato con l’accusa di
associazione per delinquere di stampo camorristico. In questo modo comincerà il suo
calvario umano e processuale, che durerà cinque lunghi anni e si concluderà
solo con la sua morte.
Le accuse si basavano sulle dichiarazioni dei pregiudicati Giovanni
Pandico, Giovanni Melluso (soprannominato "Gianni il bello") e
Pasquale Barra, criminale legato al
boss Raffaele Cutolo; inoltre, altri 8 imputati nel processo alla cosiddetta
Nuova Camorra Organizzata, tra cui Michelangelo D'Agostino, pluriomicida detto
"Killer dei cento giorni", accusarono Tortora.
A queste accuse si
aggiunsero quelle, rivelatesi anch'esse in seguito false, del pittore Giuseppe
Margutti, già pregiudicato per
truffa e calunnia, e di sua moglie Rosalba Castellini, i quali dichiararono di aver visto
Tortora spacciare droga negli studi di Antenna 3; si contarono così tredici
false testimonianze e, in totale, i pentiti che accusarono
falsamente Tortora sommarono a 19.
Gli elementi "oggettivi", di fatto, si fondavano
unicamente su un'agendina trovata nell'abitazione di un camorrista, Giuseppe
Puca detto O'Giappone, recante scritto a
penna un nome che appariva essere, inizialmente, quello di Tortora, con a
fianco un numero di telefono; il nome, a esito di una perizia calligrafica,
risultò non essere quello del presentatore, bensì quello di un tale Tortona.
Nemmeno il recapito telefonico risultò appartenere al presentatore.
Inutile dire che in
questo caso la Procura agì in maniera tanto superficiale da risultare
addirittura vergognosa.
Riferisce lo storico della televisione Grasso che "le reti RAI
mandarono in onda ininterrottamente e senza pietà le immagini del conduttore
ammanettato" Tortora fu
attaccato anche nell'ambiente giornalistico, furono pubblicate storie false per
falsi scoop, ne fu posta sotto attacco l'immagine umana e professionale.
L'arresto era stato
preceduto da una fuga di notizie e nel pomeriggio precedente diversi
giornalisti avevano contattato un ignaro Tortora per chiedergli del suo
coinvolgimento; fra questi Guglielmo Zucconi, allora direttore de Il Giorno ed
ex parlamentare della Democrazia Cristiana, il quale fece telefonare un suo
redattore, cui Tortora rispose ironicamente «Sì, dica al suo direttore di
metterci pure Tognazzi e Vianello, e il cast è fatto!»
Nel giugno del 1984, a
un anno esatto dal suo arresto, Enzo Tortora fu eletto deputato al Parlamento
europeo nelle liste del
Partito Radicale, che ne sostenne le battaglie giudiziarie. Il
17 settembre 1985 Tortora fu condannato a dieci anni di carcere, principalmente per le accuse di
altri pentiti. Il 13 dicembre 1985 si dimise da europarlamentare e, rinunciando
all'immunità parlamentare, si chiuse agli arresti domiciliari. Il
15 settembre 1986 Enzo Tortora fu assolto con formula piena dalla Corte d'appello di Napoli e i
giudici smontarono in tre parti le accuse rivoltegli dai camorristi, per i
quali iniziò un processo per calunnia. Tortora fu assolto
definitivamente dalla Corte di Cassazione il 13 giugno 1987, a quattro anni dal
suo arresto.
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