giovedì 21 maggio 2020

L'isola d'Ikaria, dove la gente dimentica di morire. Di Vincenzo Maria D'Ascanio


La fama d’Ikaria (Gracia, mar Egeo) come posto salutare risale a 25 anni fa, in quanto i greci vi avevano già fondato delle benefiche fonti termali. Da un documento risalente al 1600, l’arcivescovo Georginares riferiva al re Carlo II d’Inghilterra che l’isola era così salubre che era molto facile incontrare dei centenari.

Dal punto di vista sociologico si dice che alla fine degli anni 40, una volta conclusasi la guerra civile greca, il governo mandò sull’isola migliaia di oppositori e comunisti. Oggi, il 40% degli Ikariotes  vota il partito comunista greco, il KKE.

A Samos, a soltanto 19 chilometri dall’isola, c’ un mondo più sviluppato. Ci sono grattacieli, resort e case da un milione di euro. A Samos ci si preoccupa per il danaro, mentre a Ikaria non c’è questa preoccupazione. Durante i giorni festivi e non, le persone mettono insieme i soldi per comprare il cibo e il vino. Se avanza ancora del denaro, decidono di darlo ai poveri. Ikaria non è un posto dove non si dice “io”, ma si dice “noi”.
A Ikaria tutte le reti sociali possibili vengono messe in azione: la politica intesa come partecipazione alla vita pubblica, la famiglia dove più generazioni vivono sotto lo stesso tetto e dove nessuno viene lasciato solo, la fede ortodossa che cementa la comunità e gli amici che continuano a frequentarsi fra loro e uscire senza limiti di età.

Come detto, a Ikaria abbiamo un’alta percentuale di persone che superano i 90 anni, due volte e mezzo rispetto a quella degli Stati Uniti, con un quarto di tasso di demenza senile e una bassa incidenza di cancro e malattie cardiovascolari. Anche per questo a Ikaria è possibile sentire delle storie come quella del signor Stamatis, l’uomo che si è dimenticato di morire.

Nel 1943 Stamatis Moraitis, ex soldato dell’esercito greco che combatté anche contro l’esercito italiano, andò negli Stati Uniti perché doveva farsi curare un braccio. Era riuscito a fuggire in Turchia e salire sulla “Quenn Elisabeth” che salpava alla volta di New York.
Il signor Stamatis Trovò sistemazione a Port Jefferson, dove si trovava una comunità di greci provenienti dalla sua stessa isola. Nel frattempo sposò una greco-americana e si trasferì nello Stato della Florida, dove la coppia ebbe tre figli.

Dopo trent’anni arrivò un giorno in cui Stamatis sentì stranamente il fiato corto. Fare qualsiasi cosa era diventato estremamente difficoltoso, così dovette abbandonare il suo lavoro e cercare di comprendere cosa stava accadendo al suo fisico. Dopo aver effettuato le analisi, il medico gli comunicò che aveva il cancro ai polmoni, e alla stessa analisi arrivarono altri nove dottori, che gli diedero altri nove mesi di vita. All’epoca il signor Stamatis aveva una sessant’ina d’anni, correva l’anno 1976.

Inizialmente Stamatis decise di restare negli Stati Uniti per individuare un ospedale adeguato per trattare il cancro attraverso metodi aggressivi. In questo modo sarebbe rimasto vicino ai figli, nati e cresciuti negli USA, che insieme alla moglie avrebbero potuto aiutarlo durante la cura. Tuttavia, in seguito, decise di ritornare sulla sua isola nell’Egeo: in questo modo sarebbe stato sepolto insieme alla sua famiglia, inoltre avrebbe risparmiato molto sul conto del suo funerale, che negli Stati Uniti gli sarebbe costato migliaia di dollari, mentre a Ikaria soltanto 200.

Dunque Stamatis e sua moglie Elpiniki ritornarono a Ikaria, e andarono ad abitare dai genitori del malato, i signori Moraitis, che possedevano una piccola casa di color bianco costruita in mezzo a due ettari di vigneto. L’abitazione si trovava nella zona chiamata “Evdilos”, una delle zone più alte d’Ikaria.

Nelle prime settimane Stamatis stava male e trascorreva le proprie giornate a letto, assistito dalla moglie. Giorno dopo giorno riscoprì la sua fede in Dio, tanto che ogni domenica mattina cominciò a percorrere la strada che separava l’abitazione dei genitori alla cappella greco-ortodossa che si trovava sulla cima della collina.

Quando i suoi amici d’infanzia scoprirono che era ritornato a casa, ogni pomeriggio andavano a trovarlo, trascorrendo i pomeriggi a parlare per ore e accompagnando le loro discussioni con alcune bottiglie di vino di produzione locale. Stamatis cominciò a scoprire una felicità che lo aveva abbandonato, anche in ragione dello scoramento per la sua malattia.

Passavano i mesi e accadde qualcosa di sorprendente, Stamatis non solo si sentiva meglio, ma addirittura sentiva il corpo pervaso da una nuova energia. Un pomeriggio gli venne l’idea di piantare alcune verdure in giardino, anche se pensava che non sarebbe sopravissuto sino a poterle raccoglierle. Tuttavia per lui era piacevole starsene a lavorare sotto il sole, respirando l’aria che il vento trasportava dal Mar Egeo.

Trascorse un anno e Stamatis era ancora vivo, si sentiva sempre meglio e raccolse i frutti del proprio orto. Piuttosto, incentivato da quest’esperienza, decise di sistemare la vigna della sua famiglia. Il ritmo della sua vita si era trasformato, entrando a contatto con i ritmi dell’isola. Aveva cominciato ad alzarsi senza fretta (intorno alle 11 del mattino) e senza utilizzare più la sveglia, lavorare nell’orto o nella vigna sino a metà pomeriggio, pranzare con alimenti sani dunque concedersi un riposo. La sera la trascorreva con gli amici nella taverna: cena, vino e partita a domino sino a dopo mezzanotte.

Questa routine ha accompagnato Stamatis per anni, mentre la sua salute continuava a migliorare. Intanto aveva aggiunto altre due camere all’abitazione dei genitori, affinché anche i suoi figli potessero venire dagli Stati Uniti e stare insieme a lui.

Attualmente Stamatis ha quasi cent’anni e, cosa incredibile, è completamente guarito dal cancro. Qualche anno fa è ritornato negli Stati Uniti per spiegare quanto era accaduto ai suoi medici che gli avevano diagnosticato il cancro, ma non è riuscito a parlarci perché erano tutti morti. Purtroppo anche sua moglie Elpiniki è morta questa primavera, lei aveva 85 anni. Stamatis è il testimone vivente di un’incredibile guarigione dal cancro, per altro avvenuta senza l’utilizzo di farmaci e senza chemioterapia. La sua salvezza è stata quella di ritornare a casa, a Ikaria.

Di Vincenzo Maria D'Ascanio


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