domenica 3 maggio 2020

Pimpirias sui Viaggiatori stranieri in Sardegna. Honoré de Balzac. Di Francesco Casula.




1. Le Quarantena di Honoré de Balzac e le sue contumelie contro i Sardi. Il famoso romanziere francese fece un breve viaggio in Sardegna, di circa tre settimane, nel Marzo del 1838 imbarcandosi da Marsiglia, con la speranza di riattivare le locali miniere d'argento, attraverso lo sfruttamento di giacimenti di scorie abbandonate nell’Isola, presso l’Argentiera nella Nurra.

Fallito quel tentativo, ci riprova nel sud dell’Isola, si precipita infatti nella zona di Domusnovas percorrendo in cinque giorni oltre duecento chilometri in diligenza e molti altri a cavallo. Ancora un fallimento.


Il resoconto del viaggio in Sardegna, da Alghero all’Argentiera, da Sassari a Cagliari, e della sua picaresca impresa è contenuto in sette lettere, da lui indirizzate alla contessa polacca Ewelina Hanska, che lo scrittore sposerà nel 1850, pochi mesi prima della sua morte, che avverrà il 18 Agosto 1850 a Parigi.


Il manoscritto, oggi conservato all’Institut de France, è stato per la prima volta tradotto in italiano, a cura della Biblioteca di Sardegna che nel 2010 ha anche organizzato una mostra a Cargeghe, (Sassari), attorno al viaggio avventuroso del grande scrittore francese.

In una delle sette lettere (la quinta) parla della quarantena. Eccola: Alghero, (Sabato) 7 Aprile: “Sono qui dopo cinque giorni di una navigazione abbastanza lieta in una barca di corallai che vanno in Africa ma ho conosciuto le privazioni dei marinai; non avevamo da mangiare che pesce che pescavamo, e che si faceva bollire per farne una orribile zuppa; è stato necessario dormire sul ponte e lasciarsi divorare dalle pulci che, abbondano, si dice, in Sardegna.


Infine, qui, siamo condannati a restare ancora cinque giorni in quarantena su questa piccola imbarcazione in vista del porto; e questi selvaggi non vogliono darci niente! Abbiamo appena subito uno spaventoso colpo di vento, e questi non hanno voluto lasciarci attaccare una fune a uno degli anelli del porto; ma, poiché siamo francesi, un marinaio si è gettato nell’acqua e la fune è stata legata con la forza.

E’ venuto il Governatore che ha dato l’ordine di levare la fune appena il mare si sarebbe calmato; questo loro sistema di quarantena è assurdo, giacché o abbiamo contagiato il colera o non lo abbiamo contagiato. E’ una pura fantasia del Governatore che vuole che si faccia ciò che egli ha detto, come prova della sua autorità e della sua potenza di ogni cosa. L’Africa comincia qui: ho intravisto una popolazione in cenci, tutta nuda, abbronzata come gli etiopi”.

Per quanto attiene alle contumelie lanciate contro i sardi, continuerà anche in altre Lettere, affermando di aver visto “Uomini e donne che vanno nudi con un brandello di tela, uno straccio bucato per coprire il sesso... cose tali come si raccontano degli Uroni e della Polinesia. Un intero regno desertico, veri selvaggi, nessuna coltivazione, savane di palme selvatiche, cisti, dovunque le capre che brucano tutti i germogli e impediscono alla vegetazione di crescere oltre la cintura. Ho fatto da diciassette a diciotto ore di cavallo – io che non montavo a cavallo da quattro anni – senza trovare una casa”.


(1. segue)


Di Francesco Casula
Saggista, storico della letteratura sarda
 autore del libro, tra gli altri, de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”



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