lunedì 13 luglio 2020

Una volta in Sardegna c’era il Piano Paesaggistico: ora ci sarà lo sciacallaggio dei cementifica tori sulle coste! Di Lucia Chessa.



C’era, e forse oggi non c’è più, un grande patrimonio immateriale in Sardegna. Era un Piano Paesaggistico che impediva di costruire entro i 300 metri dalla riva del mare, dall’acqua proprio, da quella striscia di sabbia e di scogli lunga quasi 2500 km che avvolge la Sardegna e da cui deriva una parte importante della sua ricchezza e della sua bellezza. Anche se con ritardo, e dopo innumerevoli sconcezze, la Sardegna aveva compreso che noi, per l’ennesima volta, non possiamo fare come quelli che si siedono a tavola e si mangiano tutto incuranti di coloro che dovranno sedersi dopo.

Perché questo era il senso di quel vincolo, che io credevo insormontabile, che impediva di costruire entro i 300 metri dal mare. Questa era la visione di un popolo che, facendosi un grande regalo, aveva scelto di tutelare quel confine bagnato e mai fermo che lo separa e lo unisce al mare. La visione di chi ha compreso che non di tutto si può disporre, che il paesaggio è di tutti, il mare è di tutti, di quelli di oggi e di quelli di domani.

Poi è arrivato Solinas con la sua maggioranza autenticamente leghista, fintamente sardista e con un cuore che batte per il cemento, i pilastri, gli alberghi con le terrazze a mare, i villaggi vacanza esclusivi, le villette a schiera sulla spiaggia. Tutte cose che, a dire il vero, non lasciavano del tutto indifferente neanche il cuore di Pigliaru e della sua maggioranza PD che si è distinta per i suoi pessimi tentativi, per fortuna senza successo, di aggirare e derogare i vincoli e le tutele di quelle norme che, a vantaggio di molti e a danno di pochi, conservano e tutelavano bellezza e ricchezza.

Solinas e la sua baldanzosa maggioranza, invece, ce l’ha fatta. Almeno per ora. Bravi! Complimenti!. La legge che scardina il Piano Paesaggistico che proteggeva, tutelava, conservava l’hanno chiamata “Interpretazione autentica del Piano”. Disonesti fino in fondo, finanche nella scelta delle parole. Perché di una cosa sono certa, io che non sono un’ architetto, non sono un’urbanista, non sono un' ingegnere del paesaggio, ma solo insegno lingua e letteratura italiana: non si può chiamare “interpretazione autentica” una cosa che scardina, rivolta, trasforma completamente fino a portarlo al suo contrario, il significato del testo di una norma.

Fregatevi bene le mani ora, voi che vorreste realizzare immensi guadagni cementificando ogni centimetro di bellezza. Sciacallate ora, pensando di offrire qualche posto da manovale ad una Sardegna affamata di lavoro per farvi ricchi consumando beni di tutti che invece è giusto siano indisponibili all’uso privato. Fatelo ora perché è chiaro che lo stato impugnerà (almeno spero) la vostra malefatta, la corte costituzionale la annullerà (almeno spero) e quella numerosa e scarsa maggioranza di governo che ha vinto le elezioni regionali, continuando inutilmente a girare a vuoto, griderà allo scandalo rivendicando indipendenze e denunciando violazioni della autonomia. Cercando, mediocremente come sempre, di ammantare di valori alti la sua abissale nullità... Ma che belle giornate

Di Lucia Chessa

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