Magari
mi sbaglio, però l’euforia per l’epocale accordo a me pare dettata più da
un’opera di rimozione che da una reale considerazione dello stato dell’arte. Intendiamoci, c’è chi ha validissimi motivi
per esultare. Solo che non siamo noi. Non
noi italiani, o francesi o olandesi ecc ecc; intendo dire noi salariati, reali
o potenziali, quale che sia il passaporto. Insomma, tutti coloro che per
vivere debbono vendere una quota non trascurabile del proprio tempo di vita.
Per carità, forse ci sarà pure la “ripresina”, il “rilancio”, come si usa dire.
Ma su quali basi?
E’ da almeno tre decenni
e più che la cosiddetta “crescita”, cioè l’accumulazione, è più simulata che
reale.
L’esplosione della sfera finanziaria ha ripetutamente dimostrato che si può
benissimo essere in presenza di “crescita” (sempre ammesso che questa sia
comunque desiderabile) anche in assenza di una reale valorizzazione, ossia di
trasformazione di lavoro vivo in valore di scambio; perché è così che si
valorizzano i capitali investiti dacché il capitalismo ha conquistato il mondo.
Solo lo sfruttamento del
lavoro vivo genera accumulazione reale (D-M-D’), produce valori d’uso che
affluiscono nei vari mercati in attesa di poter realizzare il proprio valore di
scambio, che poi è la ragione per la quale i capitali sono stati investiti. Poi, certo, si può
benissimo registrare una crescita anche senza passare per il lavoro (D-D’);
solo che è una crescita simulata fondata su anticipi di valore, su una
gigantesca catena di pagherò; su un valore che si presume verrà ma che non è
del tutto detto che verrà; potrebbe anche non arrivare mai.
Hai voglia poi a dire
che il denaro si genera con un click. Puoi
cliccare quanto ti pare che se non c’è l’intervento del lavoro i capitali non
si valorizzano e si riversano in borsa ad alimentare bolle sempre più grandi in
fiduciosa attesa di impieghi più redditizi nell’illusione generale di riuscire
così a posporre la crisi in eterno tenendo artificialmente in vita interi
settori produttivi. L’enorme mole di debito, sia esso privato o pubblico,
che sovrasta le economie globali sta lì a dimostrare proprio questo. Certo,
ripeto, ci sarà pure il “rilancio” e la “ripresina”, ma sarà comunque a
risparmio di lavoro vivo. Se c’è una
riforma che s’impone con urgenza è infatti quella della drastica riduzione
dell’orario di lavoro a parità di salario (lavorare tutti per lavorare
meno) e un forte aumento della spesa
sociale per un welfare universale gratuito. Ma non sarà così.
Di Luca Pusceddu
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