giovedì 23 luglio 2020

Crescite economiche reali e crescite simulate. Di Luca Pusceddu.



Magari mi sbaglio, però l’euforia per l’epocale accordo a me pare dettata più da un’opera di rimozione che da una reale considerazione dello stato dell’arte. Intendiamoci, c’è chi ha validissimi motivi per esultare. Solo che non siamo noi. Non noi italiani, o francesi o olandesi ecc ecc; intendo dire noi salariati, reali o potenziali, quale che sia il passaporto. Insomma, tutti coloro che per vivere debbono vendere una quota non trascurabile del proprio tempo di vita. Per carità, forse ci sarà pure la “ripresina”, il “rilancio”, come si usa dire. Ma su quali basi?

E’ da almeno tre decenni e più che la cosiddetta “crescita”, cioè l’accumulazione, è più simulata che reale. L’esplosione della sfera finanziaria ha ripetutamente dimostrato che si può benissimo essere in presenza di “crescita” (sempre ammesso che questa sia comunque desiderabile) anche in assenza di una reale valorizzazione, ossia di trasformazione di lavoro vivo in valore di scambio; perché è così che si valorizzano i capitali investiti dacché il capitalismo ha conquistato il mondo.

Solo lo sfruttamento del lavoro vivo genera accumulazione reale (D-M-D’), produce valori d’uso che affluiscono nei vari mercati in attesa di poter realizzare il proprio valore di scambio, che poi è la ragione per la quale i capitali sono stati investiti. Poi, certo, si può benissimo registrare una crescita anche senza passare per il lavoro (D-D’); solo che è una crescita simulata fondata su anticipi di valore, su una gigantesca catena di pagherò; su un valore che si presume verrà ma che non è del tutto detto che verrà; potrebbe anche non arrivare mai.

Hai voglia poi a dire che il denaro si genera con un click. Puoi cliccare quanto ti pare che se non c’è l’intervento del lavoro i capitali non si valorizzano e si riversano in borsa ad alimentare bolle sempre più grandi in fiduciosa attesa di impieghi più redditizi nell’illusione generale di riuscire così a posporre la crisi in eterno tenendo artificialmente in vita interi settori produttivi. L’enorme mole di debito, sia esso privato o pubblico, che sovrasta le economie globali sta lì a dimostrare proprio questo. Certo, ripeto, ci sarà pure il “rilancio” e la “ripresina”, ma sarà comunque a risparmio di lavoro vivo. Se c’è una riforma che s’impone con urgenza è infatti quella della drastica riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario (lavorare tutti per lavorare meno) e un forte aumento della spesa sociale per un welfare universale gratuito. Ma non sarà così.

Di Luca Pusceddu

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