Bruno
Billeci dal primo giugno scorso ha formalmente assunto l’incarico di Direttore
della Direzione Regionale Musei Sardegna. Come Soprintendente all’Archeologia,
Belle Arti e Paesaggio per le province di Sassari e Nuoro, si è opposto,
sistematicamente, a tutte le proposte dei Consigli comunali che avevano
deliberato di “cancellare” le vie dedicate ai tiranni sabaudi e loro compari.
Ricordo il caso di Tula: su proposta
dell’Assessore Elia Puddu il Consiglio comunale decide di sostituire i nomi
delle vie dedicate ai Savoia con nomi di sardi illustri. E a marzo scorso, in
piena pandemia arriva la lettera di Billeci per negare la sovranità popolare e
il diritto dei Sardi a decidere a chi intitolare le Vie. Ricordo il caso di Mamoiada: nel 2019 su proposta dell’assessora
Patrizia Gungui, il Comune aveva deliberato di sostituire alcune vie principali
dedicate ai Savoia per sostituirle con sardi che hanno dedicato la loro vita
per il bene della Sardegna. Il Billeci interviene per dare ugualmente parere
negativo. Alla base delle motivazioni c’è sempre – scrive LIBERU, l’organizzazione
indipendentista cui appartiene l’assessora Gungui – “il fatto che i nomi delle
vie non possono essere cambiati perché sostanzialmente, l’odonomastica è
costruita seguendo una «geometria» che ricollega i fondatori della patria”.
Ricordo infine il caso
di Bonorva che è il più clamoroso. L’Amministrazione comunale decide di dedicare
la Via ora intitolata a Margherita di Savoia, alla memoria di Virgilio Tetti,
studioso, ex sindaco del paese e cittadino illustre. Billeci si oppone.
Le motivazioni? Si stravolgerebbe un presunto equilibrio toponomastico e
urbanistico basato sul fatto che “La via è situata nel centro storico di
Bonorva, nei pressi della chiesa parrocchiale e della Piazza Santa Maria; al
capo opposto della piazza, rispetto alla via Regina Margherita, si pone Corso
Umberto I, che prosegue poi con Corso Vittorio Emanuele III. È evidente che
tale rispondenza non è casuale dal momento che Umberto I e Margherita di Savoia
regnarono insieme sino al 1900, anno in cui Umberto venne assassinato, e prese
il suo posto appunto il figlio Vittorio Emanuele III. La disposizione delle due
vie alle estremità opposte della piazza sulla quale si affaccia la Parrocchiale
– prosegue la nota – dimostra la chiara volontà di rappresentare, in concreto
sul piano urbanistico, i due poteri di riferimento, quello politico e quello
religioso, lo Stato e la Chiesa”.
Dopo queste
precisazioni, dal Soprintendente arriva anche una difesa d’ufficio dei Savoia
stessi: “Non va trascurato che, fermo restando il giudizio storico sulla famiglia
reale italiana, Margherita di Savoia fu tuttavia una figura particolarmente
cara alle popolazioni locali, nonché un personaggio che ebbe con la Sardegna
particolare legame, dal momento che fu in stretti rapporti di affettuosa
amicizia con la nobile famiglia Pes di Villamarina”.
Bene. Ma chi può riferire a Bruno
Billeci che siamo in uno Stato repubblicano, fin dal 1946? E per di più laico?
E quindi parlare di equilibrio urbanistico, fra Monarchia e Chiesa è per lo
meno fuori luogo e fuori tempo massimo? E ancora: chi può rammentare al
nuovo Direttore che siamo nel 2019 e «il potere» di opporsi alla volontà
popolare degli abitanti di Bonorva gli deriva dal Regio Decreto n° 1158 del
1923, firmato da Vittorio Emanuele III (alias Sciaboletta), figlio della Margherita
di Savoia di cui si chiede la rimozione della Via a lei dedicata?
In merito poi a
Margherita di Savoia non si tocca perché “particolarmente cara alle popolazioni
locali”. C’è da chiedersi: in virtù di quali azioni e comportamenti? Da quali
misteriosi archivi ha tratto questo suo giudizio?
La storia ci dice ben altro: fu un
personaggio nefasto per la Sardegna (e l’Italia tutta): profondamente
reazionaria, fu una nazionalista convinta e sostenne la politica imperialista e
coloniale delirante di Francesco Crispi. Come sostenne la repressione delle
rivolte popolari, specie quelle avvenute nei moti di Milano del 1898 (8 e 9
maggio), quando le truppe del generale Fiorenzo Bava Beccaris, con i cannoni,
spararono sulla folla inerme uccidendo 80 dimostranti e ferendone più di 400
Il re Umberto I (suo marito), ribattezzato dagli anarchici Re mitraglia, forse
per premiare il generale stragista per la portentosa «impresa» non solo lo
insignì della croce dell’Ordine militare di Savoia ma in seguito lo nominerà
senatore! Ma non basta. Sosterrà le scelte più nefaste e infami del figlio
Sciaboletta (alias Vittorio Emanuele III) e fu una convinta sostenitrice del Fascismo. Per l’esimio soprintendente fu
“cara alle popolazioni locali”!
Un
altro grande merito della Regina Margherita,sarebbe stato, sempre a parere del
Soprintendente, quello di essere stata “in stretti rapporti di affettuosa
amicizia con la nobile famiglia Pes di Villamarina”. Capperi! Bel merito! Si tratta di una delle famiglie «nobili»
sarde più ascare, più corrive e complici con tutte le politiche di sfruttamento
e di repressione dei tiranni sabaudi. Dei ricchissimi Marchesi di
Villamarina, baroni di Quartu e signori dell’Isola Piana, ricordo un famigerato
discendente, Giacomo Pes di Villamarina, vissuto fra il 1750 e il 1827. Fu
colonnello, comandante della Piazza militare di Cagliari, intimo amico di Carlo
Felice e capo riconosciuto della reazione ai moti antifeudali e antipiemontesi,
che volle reprimere con inaudita e burocratica ferocia.
Francesco Casula
Saggista,
storico della letteratura sarda
autore
del libro, tra gli altri, de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”
Articolo tratto dal “Manifesto Sardo” del 16 Luglio 2020
https://www.manifestosardo.org/
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