Dopo averlo a lungo promesso ed
annunciato, scende in campo come fosse un campione, Emanuele Filiberto, il
rampollo di casa Savoia e dunque, teoricamente, l’erede al trono d’Italia. Il suo
movimento-partito-associazione, insomma lo strumento attraverso il quale a stretto giro
vi chiederà il voto, si chiama Realtà Italia, come a richiamare un ruolo ed una
storia che evidentemente lui ritiene prestigiosa e degna di favore e di
attenzioni.
I Savoia furono esiliati dall’Italia alla
fine della seconda guerra mondiale, collusi fino al collo con il fascismo a
partire dalla marcia su Roma e fino a tutte le malefatte di Mussolini. Fuggirono senza onore,
senza responsabilità e senza dignità, al momento della resa dell’Italia, senza
farsi scrupolo di lasciarla in balia delle feroci rappresaglie tedesche e della
vincente, e violenta, avanzata degli alleati.
I Savoia erano diventati Re nel
Settecento.
Erano duchi fino a quel momento, ma acquisendo il Regno di Sardegna diventarono
Re e questo è l’unico motivo per il quale accettarono noi, merce di scambio in
una contesa internazionale, considerandoci sempre colonia da reprimere e
depredare nell’esclusivo interesse di Torino e del Piemonte. Eravamo Regno di Sardegna, e attraverso
loro diventammo prima Regno Sardo-Piemontese, e infine Regno d’Italia in un
progressivo processo di diminuzione di risorse, di riconoscimento e di dignità.
Il
centro del Regno d’Italia, in quel tempo cruciale in cui in tutta Europa
avanzava l’industria, la crescita economica, le ferrovie, le infrastrutture fu
sempre Torino, il Piemonte e, a seguire, tutto il nord Italia con gli interessi del meridione asserviti e
sacrificati allo sviluppo dell’economia padana. E poiché come spesso accade
dopo il danno c’è la beffa, nel frattempo della rapina, si andava costruendo la narrazione del nord operoso e lavoratore
contrapposto al sud fannullone, sprecone e delinquente che vive alle spalle del
settentrione, della sua fatica e della sua efficienza.
Narrazione
che, ripresa alla grande dalla Lega prima di Bossi e poi di Salvini, è arrivata
fino a noi condita per giunta da quegli spunti di razzismo interno che racconta
di terroni, di Roma ladrona, di forza Vesuvio, di Napoli colera, di Sardegna
alla quale ogni qualunque mediocre Briatore si sente in grado di suggerire
ricette di sviluppo e di improbabile benessere li a portata di mano. E’ stato sufficiente un leggero maquillage
per far dimenticare gli insulti leghisti al meridione e alla Sardegna. Come
stupirsi se domani anche il giovane Savoia, laureato in “Ballando con le
Stelle” raccoglierà i suoi entusiastici consensi? Mai dire mai.
Lucia
Chessa
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