martedì 28 luglio 2020

Perché la “mela buona” della Caserma Levante è in realtà una mela avvelenata. Di Pier Franco Devias



Ho seguito la vicenda del carabiniere giovane della caserma delle torture, presentato dai giornali come la "mela buona" tra le mele marce, nella classica storia strappalacrime (di coccodrillo) all'italiana. E insomma in sintesi questa "mela buona" era un giovane carabiniere che vedeva i crimini dei colleghi e restava allibito. Si sfogava col padre - ex carabiniere - spiegandogli al telefono che i suoi colleghi commettevano continue violazioni, ma lui non partecipava. E il padre, sospettando di essere intercettato, gli rispondeva di non parlarne al telefono "che qua siamo tutti spiati".

Io sinceramente non vedo cosa ci debba essere di positivo nella condotta di questo ragazzo e pure del padre. Anzi, dirò di più: è sulla tolleranza di migliaia di queste presunte "mele buone" che avvengono mostruosi crimini nelle caserme. Tu dirai: sarà sicuramente migliore di quelli che torturano. Ma io ti rispondo: e chi potrebbe mai torturare se non avesse al suo fianco qualcuno che non vede e non sente? Qui non siamo davanti al caso dell'impiegato menefreghista che vede malaffare e si fa i fatti suoi per quieto vivere: qui siamo al culmine della disonestà intellettuale. Perchè se io ti pago per fare rispettare la legge, se il tuo mestiere è quello di fare rispettare la legge, nessuno meno di te può chiudere un occhio.


E se invece tolleri, fai finta di non vedere, non denunci strane manovre, pestaggi, torture, perchè in quella caserma ci devi lavorare ed è duro "fare l'infame", allora non stai solo tollerando: stai lasciando che quel crimine avvenga, stai collaborando alla sua concretizzazione. Però ti prendi lo stipendio da difensore della legge, e magari allo spiantato con la revisione scaduta dici inflessibilmente "Ci doveva pensare prima". E se tuo padre, che è un ex carabiniere, ti dice di non parlare dei crimini al telefono perchè ci sono inquirenti che possono sentire, non sta forse incoraggiando l'omertà? Oppure si era abituato a imputarla sempre alla "profonda Barbagia"?


Io onestamente ricordo nella mia vita ben poche, pochissime denunce di agenti nei confronti di altri agenti per crimini commessi nelle caserme. Di storie di persone picchiate invece ne ho sentite parecchie, e non credo che fossero tutti bugiardi. Possibile che quelle mele marce che picchiavano avessero intorno sempre e solo mele marce? Possibile che non vedesse e non sentisse mai niente una mela buona?


Oppure non sarà il caso di iniziare ad ammettere che attorno alle mele marce non ci sono, mai, mele buone? Perchè chi vede e sente, se fosse una mela buona, denuncerebbe subito, onorando quella difesa della legge per cui è pagata. Più probabilmente - e mi rendo conto che è socialmente difficile trovare l'onestà per ammetterlo - le mele marce esistono perchè intorno trovano non mele buone ma mele avvelenate. Che sembrano buone, ma possono anche farti morire.


La logica dell'omertà e del cameratismo delinquenziale è quanto di peggio uno Stato possa tollerare per la sua reputazione. E quindi no, non è con una campagna simpatia sui media, o con quattro fiction, o inventando la telenovela della mela buona che vi riguadagnate la credibilità, ma solo punendo sistematicamente, senza pietà, i criminali in divisa con pene esemplari. Chi commette i reati e anche chi li permette, col silenzio e la tolleranza. Altro che "mele buone"!


Ma finora no, non mi pare proprio che si vada in quella direzione.

Anzi...
Pier Franco Devias

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