mercoledì 22 luglio 2020

Scrivere per mettersi in gioco. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.




Talvolta, su face book, mi capita di leggere delle brevi considerazioni, alcuni racconti di ragazzi che sanno davvero scrivere. Cioè, non "sanno scrivere" secondo l'uso che si fa oggi del "saper scrivere", usano troppi aggettivi, utilizzano la stessa parola nel giro di tre righe, la loro scrittura non ha ritmo, non usano nessun trucco per attirare il lettore, per fare in modo che chi legge le loro piccolo opere, continui a farlo. Tuttavia solo maledettamente bravi, e loro non lo sanno. Vedo che qualcuno scrive dei commenti, "i tuoi racconti fanno ridere", e cose del genere. Questi ragazzi hanno un dono, questi ragazzi hanno il talento. Per quanti corsi tu possa fare, per quante organizzazioni più o meno occulte ti possano appoggiare, se sei privo di talento, il tuo racconto, al massimo, sarà la fotocopia o l'imitazione di un grande scrittore che hai letto.



Perché questi ragazzi scrivono cose divertenti? Perché ancora non sanno della loro bravura, forse coltivano il sogno, ma utilizzano l'ironia per non mettersi davvero in discussione. Per carità, scrivere dei libri divertimenti è estremamente difficile , anche perché, per divertire, occorre essere dotati di un'intelligenza speciale. Tuttavia i libri divertenti nascondono delle verità amare, e l'ironia è l'unico modo per renderli fruibili. Vi sembrerà strano, ma "Se questo è un uomo" di Primo levi, oltre a contenere profonda filosofia, è un libro dotato di un'ironia travolgente, di certo utilizzata dall'autore per riuscire a scrivere quelle pagine senza impazzire. Attenzione, sto parlando d'ironia, non di sarcasmo, due cose completamente diverse. Gli stessi libri di H.C. Bukowski hanno potenti dosi d'ironia, ma la sua filosofia di vita è amara, segnato dal tagico destino degli uomini che riescono a vedere la bellezza anche se ricoperti di letame.



Tuttavia, l'ironia di questi ragazzi non serve a questo, serve soltanto a nascondersi, per evitare un giudizio che temono. Perché me ne rendo conto: in fondo al loro cuore sono consapevoli di avere la scintilla, ma non vogliono crederci, e se magari gli dici che son bravi, ma bravi sul serio, loro pensano che hai dei secondi fini, perché è curioso quanto il mondo dell'arte sia pieno di sciacalli, pronti a mandarti allo sbaraglio, convincendoti di essere il nuovo Pasolini, o magari il nuovo Neruda. Poi, dopo qualche giorno ti mettono dinanzi all'amara verità, e tu ti accorgi che queste stesse persone il più delle volte non hanno nemmeno letto il tuo libro, ma erano a caccia di ben altro.



Per questo non dimenticate mai che lo stesso Buk, per dieci anni non ha scritto nulla, disgustato dalla bugie degli imprenditori artistici. Sopratutto, ricordatevi di non farvi troppe illusioni, il mondo dell'editoria è estremamente competitivo: i lati più brutali dell'animo umano li ho scoperti facendo politica (e fin qui ci siamo) ma anche entrando in questo mondo, quando avevo appena vent'anni..



Tanti vivono intere esistenze dietro una pompa di benzina, dietro un computer a scrivere impegni di spesa, alla cassa di un supermercato... continuando nella loro vita di ripiego, solo perché non hanno osato. Questo sarà il vostro dramma, non aver osato, perché il rifiuto fa parte della vita, come lo fanno i fallimenti. Tuttavia chi perde, o fallisce, può camminare a testa alta, chi non osa, chi teme la sconfitta, chi ha paura di non reggere il giudizio altrui, ha semplicemente scelto di non vivere la vita che Dio (oppure il destino, chiamatelo come volete) gli ha riservato, perché se avete quella scintilla, e decidete di non trasformarla in fuoco, cari miei, avete già perso, e un giorno ve ne pentirete.



Scrivete davvero, e metteteci il sangue nelle vostre pagine. Solo l'autentica sofferenza vi permetterà di entrare di diritto nel mondo dei grandi, e quando un giorno vi guarderete indietro, pur non avendo ottenuto nulla, forse non direte "sono stato un grande scrittore" ma di certo direte "ho vissuto davvero!"

Vincenzo Maria D’Ascanio


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