martedì 30 giugno 2020


(30 Giugno 1934) In Germania scatta l'eliminazione degli oppositori politici di Hitler, all'interno del Partito Nazionalsocialista, e dei vertici delle S.A., le cosiddette Squadre d'Assalto. Vengono uccise più di 200 persone. L’eccidio passa alla storia come “la notte dei lunghi coltelli”. Le SA avevano acquistato progressivamente potere, fino a diventare per Hitler una minaccia. L'omosessualità del loro leader, Ernst Röhm, rappresentò il pretesto per la loro liquidazione e per la campagna repressiva contro gli omosessuali.


Il successo politico e la crescita della popolarità di Hitler indussero i vertici delle SA e gli aderenti della prima ora del partito Nazista a ritenere che il Cancelliere avesse tradito l'originario scopo della rivoluzione nazionalsocialista; egli infatti, secondo l’opinione di Röhm, si era discostato dal progetto anticapitalista del partito, accordandosi con i grandi affaristi, gli industriali e tutto il mondo dell'aristocrazia, i cosiddetti Junker, che comprendevano gli elementi più influenti della Reichswehr. Il capo di Stato Maggiore delle SA non nascose il desiderio di una "seconda rivoluzione", attaccando in più occasioni la linea di condotta del Governo. L'intento del comandante delle SA tuttavia non si limitava all'accoglimento delle squadre d'assalto nell'esercito ma egli anelava anche di prenderne il comando, prospettiva decisamente osteggiata dallo Stato Maggiore generale tedesco.

A Berlino Heydrich, ricevuto il segnale di avvio delle operazioni, dette ordine ai reparti delle SS, tenuti fino a quel momento pronti ad agire, di aprire i plichi contenenti i nominativi delle persone da arrestare o eliminare. Mentre a Monaco l'azione fu diretta esclusivamente contro i vertici delle SA, nella capitale del Reich fu indirizzata contro personalità considerate nemiche del regime. Terminata la procedura degli arresti, Hitler diramò gli ordini per la sorte delle SA, a capo delle quali era stato posto Viktor Lutze: ad alcune di esse fu offerto di avere salva la vita in cambio del giuramento di fedeltà al cancelliere, mentre altre avrebbero dovuto essere immediatamente giustiziate.

L'ordine di uccidere Röhm fu affidato a Dietrich che lo eseguì immediatamente; solo il 1º luglio Hitler convocò una riunione, alla quale parteciparono Himmler e Göring: subito dopo venne impartito l'ordine di uccidere il capo delle SA all'Oberführer Theodor Eicke, futuro comandante del campo di concentramento di Dachau, che si trovava al Ministero degli Interni della Baviera, eletto a quartier generale della repressione, in attesa di comunicazioni da Berlino.

All'ufficiale delle SS fu espressamente ordinato di proporre a Röhm l'alternativa del suicidio
: recatosi alla prigione di Stadelheim, nella cella n. 474, dove il capo delle SA era rinchiuso dalla sera prima, gli lasciò una pistola con un solo colpo. Rientrato dopo dieci minuti, lo trovò ancora in vita e, dopo avergli detto «Röhm, si prepari», ordinò allo Sturmbannführer Michel Lippert di sparargli: questi eseguì l'ordine sparandogli al petto e Röhm cadde mormorando «Mein Führer»






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