Si è preferito attraversare la
narcotica palude della politica. Azzerata la direzione, si è passati a un
coordinamento. Di emergenza, si intende. Qualcosa di transitorio, che durasse
qualche mese e desse un sostegno al segretario Emanuele Cani, in attesa del
congresso. Ma la provvisorietà è la condizione naturale della politica.
Segretario e coordinamento restano saldi nel placido naufragio Dem. Il
congresso si farà a ottobre, colpa del Covid. E forse Cani non poteva fare
qualcosa di molto diverso.
L'assenza
di una direzione ha reso la sua posizione fragile, un segretario a
responsabilità limitata, destinato a gestire al massimo l'ordinario anche di fronte a
sbandamenti del partito. Dalla disfatta delle Politiche i Dem
hanno sempre cercato di mimetizzarsi. In questi anni il
rinnovamento spesso ha coinciso con la negazione. Candidati non
politici, meglio ancora se senza tessera e senza simbolo. Ma sarebbe
sbagliato pensare al Pd come un tutto indistinto, come la notte in
cui tutte le vacche sono nere. La foresta non è pietrificata, il correntismo è ancora l'essenza di un partito che somiglia sempre più a
un grande contenitore.
A dominare le dinamiche interne ci
sono le anime dei Dem. Ma nell'isola la geografia in questi ultimi mesi si è
modificata. I soriani si sono liquefatti, quasi estinti. Soru ha deciso di lasciare il partito, e
forse la politica, dopo la zuffa di Abbasanta. Un'assemblea che si era trasformata in una sorta di rissa da saloon. Spintoni, grida, accuse. Forse uno dei punti più bassi della storia del Pd nell'isola. Il passo di lato di Soru ha portato a una sorta di fuga dalla corrente.
Resta salda
la maggioranza dell'asse Fadda-Cabras, o per chi ama le sigle: i Popolari-riformisti. Nell'Aula regionale può
contare su sei consiglieri su otto, e una forte
vicinanza del settimo, Roberto Deriu. E tra
sindaci e parlamentari irrora i gangli del partito. Sopravvissuta anche l'anima
ex renziana del partito. A guidarla è Gavino Manca, con lui l'ex assessore
regionale Pierluigi Caria. Vicino anche l'ex soriano Chicco Porcu, e
l'area Parisiana. I
l grande
assente è Giuseppe Luigi Cucca, che con Renzi è passato a Italia Viva. La novità è la creazione di un'area legata a Zingaretti in cui sono confluiti una parte degli ex soriani e di ex Pds. Ad animarla è Tore Cherchi, che è riuscito a fare da collante. In molti danno verso questa corrente l'ex consigliere regionale Luigi Lotto e l'ex parlamentare Siro Marrocu. Ma anche Pietro Cocco, uno degli uomini più vicini a Soru, dialoga con Cherchi.
L'ex
governatore Francesco Pigliaru avrebbe mantenuto una sorta di ruolo da pontiere
tra le diverse anime. In questo quadro il partito vive la sua fase di immobile dinamismo. Il segretario Cani, sostenuto dall'area Fadda-Cabras, gestisce l'infinita transizione, come un giro in tondo nell'oceano.
E la
crescita del Pd in questi mesi sembra in parte legata a una liquefazione del
consenso intorno ai 5 Stelle, anche se la maggior parte dei voti grillini in
uscita sono andati a destra. Ma dentro il Pd da qualche mese
la vita c'è. Le elezioni sono come adrenalina che risvegliano
il paziente catatonico. Le amministrative sono un nuovo terreno di
speranza del partito che nelle ultime tornate elettorali ha più o meno perso
tutto. Sassari, Olbia, Cagliari, Oristano, e anche Nuoro in
un certo senso, sono guidate da sindaci che non sono del Pd. E questo da
solo basterebbe a spiegare perché il Dem qualche domanda dovrebbero
farsela.
I
democratici non governano nessuno dei principali Comuni dell'isola. Anche nelle
roccaforti tira un vento differente. Lo scollamento tra il partito e le amministrazioni in questi anni è diventato sempre più evidente. I sindaci da tempo lavorano a un movimento trasversale che riesca a catalizzare i consensi dei cittadini. Per il Pd un altro colpo di accetta sulla base elettorale. Ma neanche questa minaccia sembra avere cambiato la placida rotta dei democratici. La
riscossa potrebbe partire dalla sfida per la conquista di Comuni chiave come
Nuoro, Quartu, Porto Torres.
A questo
si deve aggiungere l'elezione per il collegio del nord Sardegna di un senatore. Ma basta fare un rapido passaggio dentro le stanze del Pd in cui si discute di candidature per capire lo stato di salute dei Dem. Le riunioni tra le correnti, tutte fatte sulla piattaforma on line Zoom, sono fittissime. Si cercano candidati autorevoli. Ma i migliori il simbolo del Pd proprio non lo vogliono.
Graziano
Milia è già partito con un progetto civico, e di avere il logo del Pd sotto il
suo nome non ne vuole sapere. Vuole ripetere il modello Soddu a Nuoro, o Campus a Sassari. Il civismo del partito dei sindaci, che sembra avere molto più appeal sull'elettore dello scolorito logo Dem. Il Pd sarà costretto a fare le primarie e trovare un suo candidato nel terzo Comune della Sardegna con la certezza di avere un fortissimo avversario a sinistra.
A Nuoro
la situazione non è molto differente. Con il Pd che ha fatto a lungo la corte a Soddu, dopo averlo candidato e quasi eletto alle Europee. E anche in questo caso i democratici sono andati contro sé stessi. Soddu è stato scelto come candidato per le Europee contro il volere del partito a Nuoro. Ora il sindaco preferisce ritentare la sua corsa senza logo Pd e senza passare dalle primarie. Un altro smacco per i Dem che potrebbero anche in questo caso presentare un proprio candidato.
Ma la
dimensione dello smarrimento del leaderismo del Pd è nella scelta del candidato
per il seggio del senato. Come è spesso capitato in questi ultimi anni i Dem
vanno in ordine sparso. Qualcuno cerca una figura esterna, un
viso digiuno di politica, come se fosse un'onta avere militato in un
partito. Ci sono anche anime più ardite all'interno del Pd. In molti sondano un possibile accordo con i 5 Stelle. Due le soluzioni, o
un candidato comune, ma trovare la convergenza sembra davvero complicato, o un
patto di desistenza.
L'M5s dovrebbe
dimenticarsi di presentarsi. C'è anche chi pensa al seggio al senato come un cavallo di Troia. Per esempio si vorrebbero candidare alcuni consiglieri regionali come Gianfranco Ganau o Giuseppe Meloni, per liberare poltrone in consiglio e consentire alle altre correnti di piazzare i loro uomini, o donne.
La lista
dei nomi in questo momento è quasi sterminata. Si va dal sottosegretario Giulio
Calvisi, all'ex senatore Gian Piero Scanu. Dall'ex
assessore regionale Carlo Careddu, all'ex parlamentare Silvio
Lai. Al presidente dell'Anci Emiliano Deiana. Più o meno si
possono aggiungere tutti i consiglieri regionali. E l'elenco
potrebbe continuare. Segno che il nome non è ancora arrivato. Il motivo è
semplice. La vittoria non è un evento scontato. Il crollo di consensi dei
5 Stelle non si è trasformato in un travaso automatico di
voti al Pd. Troppo immobile per avere appeal.
Molti
elettori si sono spostati sul centrodestra. E rischiare di perdere di nuovo in
modo pesante diventa un deterrente per qualsiasi potenziale candidato. Sarà
come sempre l'accordo tra correnti a dare la sintesi. Ma in questo momento il
Pd ha anche qualche difficoltà a coordinarsi. Ci sono i segretari provinciali
solo a Cagliari, Sassari, nel Medio Campidano e in Gallura. Ci sono altri due
nodi intorno a cui il Partito democratico si è aggrovigliato. Il primo è il
rapporto con gli alleati. Una
grossa fetta del partito non ha mai nascosto la propria
distanza da Massimo Zedda e il gruppo fa fatica a riconoscerlo come leader dell'opposizione.
Progressisti
e Dem viaggiano a compartimenti stagni. E c'è un gruppo che chiede un taglio
netto dei rapporti con l'anima più a sinistra dell'opposizione. Dopo oltre un anno tra Zedda e il Pd l'amore non è arrivato. Il candidato governatore non è diventato il capo dell'opposizione in aula. La sua designazione a una parte dei Dem non è mai stata realmente condivisa. Al massimo accettata perché Zedda incarnava il modello perfetto di candidato. Non del Pd, sindaco con eccellenti risultati, giovane. L'unica possibilità per il centrosinistra di contrastare il vento di centrodestra che spirava nell'isola.
Dopo la
sconfitta le distanze in questi mesi tra i democratici e i progressisti sono
aumentate. E dentro l'aula, e il partito si fa strada un'idea inconfessabile, forse.
Dare un sostegno in consiglio a una giunta desalvinizzata, con la Lega fuori
dalla maggioranza. Il motivo è la gestione dei 5 miliardi di euro di risorse
che potrebbero arrivare dall'Europa per la ripartenza post covid.
Risorse mai viste nell'isola che se ben utilizzate potrebbero
cambiare l'economia della Sardegna e le sue prospettive di crescita.
Ma questa opzione viene frenata dal devastante effetto che potrebbe avere sull'opinione pubblica. L'operazione già portata a casa a livello nazionale rischia di non avere
lo stesso gradimento se ripetuta nell'isola. Il Psd'Az a trazione Solinas, con in più Forza Italia e i Riformatori, è qualcosa di molto diverso dai 5 Stelle.
di LUCA
ROJCH
L’articolo
è tratto da “La Nuova Sardegna” del 15.06.2020
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