mercoledì 17 giugno 2020

Povera piccola Destà, per ricordarci quanto sia difficile essere donne, ieri come oggi, in Etiopia come in tutto il mondo. Di Lucia Chessa.



Povera piccola Destà, la donna/bambina di 12 anni, comprata da Indro Montanelli durante la guerra italiana in Etiopia, nel tempo in cui Mussolini cercava un posto al sole. Povera perché venduta da un maschio, il padre, come fosse una cosa priva di pensiero, di emozioni, di diritti. Povera perché regolarmente comprata, assieme ad un cavallo, ed acquisita in proprietà da un altro maschio, Montanelli, arruolato volontario in quella guerra offensiva e violenta di italiani-brava-gente che sterminavano, impiccavano, spargevano gas e non disdegnavano di ricorrere ad armi chimiche già da allora bandite dalla comunità internazionale.

Povera Destà, il giocattolo-animaletto del giovane volontario, incaricata di fornire biancheria pulita e di far fronte alle luride necessità del guerriero italiano. Povera perché orrendamente infibulata ed altrettanto orrendamente riportata in grado, questa volta da una donna (la madre), di soddisfare l’animalità dei maschi. Povera perché, al momento del rimpatrio, Montanelli la lasciò in uso ad un generale che con lei, per qualche tempo, intese arricchire il suo harem.

E povera perché, infine, venne consegnata ad un nuovo utilizzatore per diventare, questa volta, fattrice di figli. Sempre senza poter disporre di sé, della sua vita, del suo destino. Sempre ceduta come una cosa, come un animale, come una merce comprata e venduta. Povera piccola Destà, testimone di ogni millenario sopruso maschile sulle donne di ogni tempo e di ogni colore. Povera piccola. Ridotta anche oggi ad un neo che non può offuscare la presunta grandezza di un uomo, archiviata con un tranquillo “li era normale”, sepolta dal chiacchiericcio su Montanelli, la sua statua, la sua piazza, la vernice, i monumenti eretti e rimossi,

il grande o non grande giornalista, il bravo o mediocre cultore di storia. Povera piccola Destà. Anche oggi lontana, senza voce, privata della sua rabbia, del suo dolore, della sua fatica, della sua umiliazione, della sua persona. Espropriata della possibilità di raccontare la sua storia... E' sempre stato troppo difficile essere donne su questo pianeta

Di Lucia Chessa


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