martedì 23 giugno 2020

L'economista: «Il lavoratore motivato e sereno produce di più di quello che si sente controllato» Pelligra: è il modello del futuro, andiamo avanti



Quello che bisogna evitare sono i doppioni: lo smart working, per essere realmente smart, non può significare replicare da casa il lavoro che si fa in ufficio «perché in questo caso emergerebbero solo gli svantaggi - come l'assenza di coordinamento e di socialità - e non invece i tanti enormi vantaggi che lo smart working può avere».

Vittorio Pelligra, professore associato di Politica economica all'Università di Cagliari e componente del gruppo di studio su Economia e sviluppo sostenibile al Ministero dell'Ambiente, non ha dubbi: il futuro è questo, il Covid ha anticipato dei cambiamenti necessari, «la tragedia sanitaria ci ha messo nelle condizioni di ristrutturare l'organizzazione della nostra vita dall'oggi al domani. Lo smart working è l'esempio principale, con un ricorso massiccio al lavoro da casa in moltissimi settori.

Prima dell'emergenza Covid le resistenze erano fortissime, di natura culturale e legale, perché la normativa è imperfetta, e strutturale perché per lavorare da casa bisogna avere gli strumenti: non solo la banda larga ma anche postazioni e spazi adeguati e soprattutto il capitale umano, cioè le competenze». Il giudizio di Pelligra è comunque positivo «ma è chiaro che lo smart working attivato in una situazione di assoluta urgenza va ripensato.

Io preferisco parlare di web design, cioè di riorganizzazione delle mansioni, del ruolo e della figura dei manager». Pelligra dice basta «a un modello ottocentesco in cui il manager comanda e controlla, in cui lavorare significa stare alla scrivania tot ore, con i lavoratori inseriti in una sorta di catena di montaggio. Io dico di fare leva su altre emozioni, in un rapporto nuovo alla base del quale ci deve essere la fiducia e la valorizzazione del dipendente, fiero di far parte di una squadra che crede in lui e all'interno della quale tutti danno il proprio contributo con tempi e modi differenziati». Un sogno?

«Assolutamente no - aggiunge Pelligra - perché tutti gli studi dimostrano che il lavoratore motivato e sereno produce di più rispetto a quello che si sente controllato e percepisce sfiducia nei suoi confronti. L'essenza del management in questo momento è il controllo, invece dovrebbe essere la fiducia. È chiaro - spiega l'economista - che questo non significa liberi tutti ma un job design intelligente che avrebbe vantaggi per tutti». Per il lavoratore innanzitutto, «perché la qualità della sua vita migliorerebbe».

Un esempio: «Durante la giornata l'attività che produce più infelicità in assoluto è quando sei in auto o sui mezzi pubblici nel tragitto casa-lavoro-casa: l'eliminazione di questa parentesi frustrante sarebbe già un grande risultato». E poi per l'azienda «che avrebbe lavoratori meno stressati e più motivati». Ultimo vantaggio ma non per importanza «i benefici per l'ambiente e per l'aria che respiriamo, con la riduzione delle emissioni e la minore pressione antropica sui centri urbani». Pelligra si sofferma su questo aspetto: «Pensiamo a chi vive nei piccoli centri, ai ragazzi che vanno all'Università.

Uno smart working intelligente potrebbe evitare spese e disagi e garantirebbe una qualità della vita superiore». Certo, non è tutto rose e fiori perché per esempio «è più complicato distinguere vita privata e lavorativa, ma la strada è questa». E su questo bisogna investire, dice Pelligra «per eliminare il digital divide e mettere tutti nelle stesse condizioni di partenza, la vera sfida è infatti non lasciare nessuno indietro». (si. sa.)

Articolo tratto da “La Nuova Sardegna” del 23 Giugno 2020

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Federico Marini
marini.federico70@gmail.com
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