Quello
che bisogna evitare sono i doppioni: lo smart working, per essere realmente
smart, non può significare replicare da casa il lavoro che si fa in ufficio «perché in questo caso
emergerebbero solo gli svantaggi - come l'assenza di
coordinamento e di socialità - e non invece i tanti enormi
vantaggi che lo smart working può avere».
Vittorio Pelligra, professore
associato di Politica economica all'Università di Cagliari e componente del
gruppo di studio su Economia e sviluppo sostenibile al Ministero dell'Ambiente,
non ha dubbi: il futuro è questo, il Covid ha anticipato dei cambiamenti necessari,
«la tragedia sanitaria ci ha messo nelle condizioni di ristrutturare
l'organizzazione della nostra vita dall'oggi al domani. Lo smart working è
l'esempio principale, con un ricorso massiccio al lavoro da casa in moltissimi
settori.
Prima dell'emergenza Covid le resistenze
erano fortissime, di natura culturale e legale, perché la normativa è
imperfetta, e strutturale perché per lavorare da casa bisogna avere gli
strumenti: non solo la banda larga ma anche postazioni e spazi adeguati e
soprattutto il capitale umano, cioè le competenze». Il giudizio di Pelligra è
comunque positivo «ma è chiaro che lo smart
working attivato in una situazione di assoluta urgenza va ripensato.
Io preferisco parlare di web design,
cioè di riorganizzazione delle mansioni, del ruolo e della figura dei manager».
Pelligra dice basta «a un modello
ottocentesco in cui il manager comanda e controlla, in cui lavorare
significa stare alla scrivania tot ore, con i lavoratori inseriti
in una sorta di catena di montaggio. Io dico di fare leva su altre
emozioni, in un rapporto nuovo alla base del quale ci deve essere la fiducia e
la valorizzazione del dipendente, fiero di far parte di una squadra che crede
in lui e all'interno della quale tutti danno il proprio contributo con tempi e
modi differenziati». Un sogno?
«Assolutamente no - aggiunge
Pelligra - perché tutti gli studi dimostrano che il lavoratore motivato e sereno produce di più rispetto a quello che si sente controllato e percepisce sfiducia nei suoi confronti. L'essenza del management in
questo momento è il controllo, invece dovrebbe essere la fiducia. È chiaro -
spiega l'economista - che questo non significa liberi tutti ma un job design
intelligente che avrebbe vantaggi per tutti». Per il lavoratore innanzitutto,
«perché la qualità della sua vita migliorerebbe».
Un
esempio: «Durante la giornata l'attività che produce più infelicità in assoluto
è quando sei in auto o sui mezzi pubblici nel tragitto casa-lavoro-casa: l'eliminazione
di questa parentesi frustrante sarebbe già un grande risultato». E poi per l'azienda «che avrebbe lavoratori meno stressati e più motivati». Ultimo vantaggio ma non per
importanza «i benefici per l'ambiente e per l'aria che
respiriamo, con la riduzione delle emissioni e la minore
pressione antropica sui centri urbani». Pelligra si sofferma su questo
aspetto: «Pensiamo a chi vive nei piccoli centri, ai ragazzi che vanno
all'Università.
Uno smart working intelligente
potrebbe evitare spese e disagi e garantirebbe una qualità della vita
superiore». Certo, non è tutto rose e fiori perché per esempio «è più complicato distinguere vita privata e lavorativa, ma la strada è questa». E su questo bisogna investire, dice Pelligra «per eliminare il digital
divide e mettere tutti nelle stesse condizioni di partenza, la vera sfida è
infatti non lasciare nessuno indietro». (si. sa.)
Articolo
tratto da “La Nuova Sardegna” del 23 Giugno 2020
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Federico Marini
marini.federico70@gmail.com
skype: federico1970ca
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