martedì 30 marzo 2021

Immunità, protetti dopo il contagio


 


Gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario di chi ha già incontrato il virus Sars Cov-2 hanno una durata di almeno nove, dieci mesi. E ancora, chi a distanza di mesi dal primo contagio è entrato in contatto con persone infette, magari familiari conviventi, pur riportando un'infezione asintomatica non si è però ammalato. Sono i risultati dello studio condotto a Vo' Euganeo, in Veneto, dal microbiologo dell'Università di Padova Andrea Crisanti incollaborazione con i colleghi dell'Imperial College di Londra. Un lavoro, adesso in fase di revisione da parte del comitato scientifico della rivista Nature, che dovrebbe essere pubblicato tra qualche settimana.

 

La durata della protezione. Dati neanche tanto sorprendenti, per la verità, confermati dall'esperienza quotidiana dei tanti operatori in trincea contro il virus. «Non c'è niente di nuovo: sono dati che abbiamo visto noi e altri», dice Ferdinando Coghe, responsabile del laboratorio di analisi chimico-cliniche e microbiologia dell'Aou di Cagliari. «Gli anticorpi naturali hanno una durata abbastanza lunga, probabilmente anche più di nove, dieci mesi».

 

Mai visto, dunque, «persone che si sono ammalate due volte, abbiamo invece riscontrato qualche caso di reinfezione senza sintomi, e questo impone un'ulteriore precauzione: che si sia avuta la malattia, o ci si sia vaccinati, è importante continuare a utilizzare la mascherina e a praticare il distanziamento perché, anche se non ci ammaliamo una seconda volta, potremmo comunque reinfettarci e diventare noi veicolo del virus».

 

La tombola delle IgG. Attenzione, però: non tutti coloro che si contagiano producono anticorpi neutralizzanti, cioè le IgG, immunoglobuline che – a differenza delle IgM, prodotte durante l'infezione - circolano nel sangue anche tempo dopo, rispondendo nel caso di una nuova esposizione al virus. «È proprio così - conferma Coghe -: è possibile che, in alcuni di noi, l'infezione induca la comparsa di anticorpi ma questi non siano capaci di neutralizzare il virus, siano quindi meno efficaci o per niente efficaci nel caso di un successivo contatto. Ora, Sars Cov-2 lo conosciamo da appena un anno e stiamo imparando ogni giorno qualcosa di nuovo.

 

La conseguenza è che dobbiamo agire con cautela, nell'ambito delle ipotesi, quindi anche se siamo immunizzati è sempre possibile che i nostri anticorpi non siano efficaci per proteggerci dal virus, quindi è necessario continuare a usare tutte le precauzioni».

 

L'incognita varianti. Soprattutto adesso che circolano le varianti: l'ondata di reinfezioni in Brasile insegna qualcosa. «Al momento solo la variante brasiliana è capace di aggirare gli anticorpi. Ma da tutto ciò dobbiamo trarre una lezione: il virus muta, può farlo in senso favorevole a noi, ma anche sfavorevole. Per cui abbiamo necessità di raggiungere, come popolazione mondiale, un livello di immunizzazione abbastanza ampio per far sì che l'epidemia si spenga. In caso contrario, se siamo convinti di poterci vaccinare noi e non vaccinare quelli che non possono accedere alla profilassi, parlo dell'Africa, di alcuni Paesi del Sudest asiatico e altri meno fortunati di noi, rischieremo di trovarci a dover combattere contro le varianti che potrebbero travolgerci e farci ricominciare il calvario».

 

E i vaccini? Lo studio sulla durata dell'immunità naturale può valere anche per gli anticorpi prodotti grazie al vaccino? «No», dice Gabriele Mereu, responsabile della profilassi della Asl di Cagliari. «Non c'è ancora uno studio sulla durata dell'efficacia del vaccino e non sappiamo quanto dura l'immunità. Oltretutto, entrano in gioco non solo gli anticorpi circolanti ma anche una serie di altri fattori, come l'immunità immediata e l'immunità di memoria, e quindi anche con una bassa quantità di anticorpi dopo il vaccino non significa che uno non sia protetto».

 

In ogni caso, «l'immunità da malattia è soltanto temporanea, dai 6 ai 9 mesi. La vera capacità di produrre anticorpi neutralizzanti si ha solo con la vaccinazione. Per questo, se adesso chi ha avuto il Covid farà solo una dose, bisognerà vedere più avanti se questa sarà sufficiente o se invece è necessario il richiamo».

 

Una questione genetica. Perché ci sono persone che non sviluppano anticorpi neutralizzanti? Da cosa dipende? «Dipende dal sistema immunitario di ciascuno, è una questione genetica - sottolinea il dottor Mereu -. Per la media dei vaccini la risposta immunitaria è del 95%, per altri è dell'80 o del 70%. Molto risulta dalla tipologia dell'efficacia del vaccino, ma riguardo al Pfizer, per esempio, sappiamo che 5 persone su 100 non sviluppano anticorpi, per Moderna sono 20 su 100. Altro esempio: il 30% delle persone non sviluppano anticorpi per certi sierotipi di influenza».

 

La simil-reinfezione. Neanche in ospedale si sono visti casi di reinfezioni «vere e proprie», dice Goffredo Angioni, responsabile di Malattie infettive del Santissima Trinità di Cagliari, primo ospedale Covid in Sardegna. «Da noi sono arrivati pazienti, pochissimi peraltro, che magari hanno pure ripresentato i sintomi ma probabilmente si trattava sempre della prima infezione, mai veramente superata nonostante l'apparente guarigione. Erano persone che facevano una terapia con immunosoppressori, perché affetti ad esempio da artrite reumatoide; pazienti per i quali», sottolinea l'infettivologo, «abbiamo utilizzato il plasma proprio perché non erano in grado di produrre gli anticorpi».

 

Piera Serusi

 

Articolo “Unione Sarda” del 30.03.2021

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Federico Marini

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