(25
Marzo1960) Nasce il primo governo Tambroni, monocolore
DC, sostenuto dai voti determinanti del Movimento Sociale Italiano. L’MSI
intanto rendeva noto d'aver deciso di celebrare il proprio congresso a Genova,
ma anche di far giungere a Genova "almeno un centinaio di attivisti
romani, scelti tra i più pronti a menar le mani": decisione quest'ultima
che venne resa pubblica tramite stampa, e sottoposta a forti critiche nei
giorni successivi agli scontri. E’ chiaramente una provocazione: Genova è una città "rossa”, insignita della medaglia
d’oro della Resistenza.
A rendere
ancora più incandescente la situazione intervenne la notizia, riportata dal
quotidiano "Il Giorno", della partecipazione
ai lavori del congresso di Carlo Emanuele Basile, sottosegretario
all'Esercito e prefetto della città ai tempi della Repubblica Sociale Italiana.
Basile era conosciuto a Genova per gli editti del marzo 1944 contro lo sciopero
bianco e le proteste indette dagli operai, con conseguente deportazione di alcune centinaia di lavoratori nei campi di concentramento
della Germania nazista. Per le sue azioni Basile venne prima assolto,
poi condannato a morte, per nuovamente assolto dopo ulteriori ricorsi, grazie
anche a una serie di amnistie e condoni, continuando nel dopoguerra la sua
attività politica nel partito neofascista di Giorgio Almirante.
Il 28
giugno fu indetta una manifestazione di protesta, nel corso della quale Sandro
Pertini, disse: «La polizia sta cercando i sobillatori di queste manifestazioni,
non abbiamo nessuna difficoltà ad indicarglieli. Sono i fucilati del Turchino,
di Cravasco, della Benedicta, i torturati della casa dello studente che risuona
ancora delle urla strazianti delle vittime, delle grida e delle risate sadiche
dei torturatori.»
Nella
descrizione di un giornalista del Corriere della Sera gli scontri vengono
raccontati in questo modo: «Giovanotti muscolosi si applicavano a divellere
cassette d’immondizie, a staccare dalle pareti di un portico riquadri con i
programmi dei cinematografi, a spaccare i cavalletti che recingevano un piccolo
cantiere di lavori in piazza De Ferrari. Nelle mani dei
manifestanti comparvero, stranamente bombe lacrimogene. La sassaiola contro la
polizia era incessante. Un agente fu buttato nella vasca della fontana
di piazza De Ferrari, altri vennero colpiti dalle pietre e andarono sanguinanti
a medicarsi »
Gli
scontri si spostarono anche nei vicini "caruggi", gli stretti vicoli
tipici del centro storico genovese, dove la popolazione residente
"bombarda" con vasi e pietre lasciati cadere dalle finestre le forze
dell'ordine che inseguono i manifestanti. Gli scontri proseguono e gli
organizzatori della manifestazione temono che, per porvi fine, venga ordinato
alle forze dell'ordine di aprire il fuoco sulla folla, azione che avrebbe
causato numerosi morti. Il presidente dell'ANPI, Giorgio Gimelli, si accorda
quindi con alcuni ex partigiani, tra cui un funzionario di polizia, per porre
fine agli scontri, avendo in cambio l'assicurazione che le forze dell'ordine si
sarebbero ritirate senza effettuare nessun arresto. Al
termine dei disordini si registrano 162 feriti tra gli agenti e circa 40 feriti
tra i manifestanti.
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