(03
Maggio 2005) La corte di Cassazione emette la sentenza definitiva per la strage
di piazza Fontana. Il solo colpevole, non punibile perché il reato nel
frattempo è caduto in prescrizione, risulta Carlo
Digilio, terrorista pentito di Ordine Nuovo. L’esplosione di una bomba nella
sede della Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano (definita dalla
stampa “la madre di tutte le stragi,” perché di fatto inaugura la strategia della tensione), che il 12
dicembre del 1969 causò 17 morti e 85 feriti, ha dunque un solo responsabile,
per altro non punibile.
La
questura di Milano indicò subito gli anarchici come responsabili dell'attentato e il 16 dicembre (lo stesso giorno in cui, durante un
drammatico interrogatorio, morì nella stessa questura di Milano l'anarchico Giuseppe Pinelli), sulla base di una pista programmata
e di una testimonianza da parte di un tassista, veniva arrestato Pietro
Valpreda con l'accusa di essere l'artefice della strage.
Solo col tempo, attraverso le indagini della
magistratura e le inchieste giornalistiche, si seppe che la vicenda era diversa
e che gli autori provenivano dall'estrema destra. I
reali responsabili beneficiarono di particolari coperture istituzionali
(apparati deviati dello Stato, come sostenuto dalla Commissione stragi del
Parlamento), dato che il disegno
sovversivo consisteva essenzialmente nell'attribuire all'avversario politico le
provocazioni preparate e messe in atto da questi settori. S’intendeva creare un
clima che inducesse a isolare la sinistra, presentandola come nemica della
libertà, onde poter giocare la carta di una "fisiologica" svolta autoritaria
e forse quella di un colpo di Stato.
La "strategia della tensione" (come,
all'indomani della strage, fu definito da un giornale britannico questo uso
politico del terrore) fu a lungo presente nella storia e nelle cronache del
Paese. In essa vi è chi ha intravisto il riflesso della condizione, tipicamente
italiana, per cui l'opposizione politica era in larga parte costituita da un
partito comunista, cioè da una forza ideologicamente e politicamente solidale
con il blocco sovietico; ciò rendeva rischioso e problematico l’alternanza di
governo tipica dei sistemi democratico-parlamentari e caricava la lotta
politica di particolari tensioni istituzionali. Il presunto coinvolgimento
della CIA andrebbe letto in questo senso: la paura che l’Italia potesse passare
sotto l’influenza dell’Unione Sovietica, fatto che avrebbe posto in allarme gli
stati Uniti e il suo sistema di spionaggio.
Antefatti
Milano, ore 16.37, 12 Dicembre del 1969. Una bomba
esplode all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura, nei pressi di
Piazza Fontana. La deflagrazione uccide 17 persone e ne ferisce altre
88. Lo stesso giorno viene scoperta una bomba anche nella sede della Banca
Commerciale Italiana, fortunatamente inesplosa. Altri tre ordigni esplodono a
Roma ferendo 17 persone. La bomba inesplosa di Milano viene fatta
successivamente brillare; in questo modo vengono distrutti elementi
probatori fondamentali per risalire ai
responsabili degli attentati.
Tutti i processi hanno individuato un gruppo di
neofascisti come ideatori ed esecutori della strage: ma nessuno di loro è stato condannato. Rileggendo le
carte giudiziarie col senno di poi, restano inspiegabili le accuse
all’anarchico Pietro
Valpreda, individuato immediatamente da una certa stampa e dalle
prime indagini come il responsabile dell’attentato. Allo stesso modo resta
inspiegabile la morte di un altro anarchico: Giuseppe Pinelli, che durante un interrogatorio, per altro avvenuto
con modalità quantomeno discutibili, cade da una finestra della questura di
Milano, nello specifico dalle finestre dell'ufficio politico
diretto dal commissario Luigi Calabresi. Lo stesso Calabresi verrà ucciso sotto casa, sempre a Milano, in via
Cherubini il 17 maggio del '72.
Da Milano il prefetto Libero Mazza, su segnalazione
dall'Ufficio affari riservati del Viminale, avvisò il Presidente del Consiglio
Mariano Rumor: «L'ipotesi attendibile che deve formularsi indirizza
le indagini verso gruppi anarcoidi». La
sera stessa della strage, intervistato da Tv7, Indro
Montanelli espresse dei dubbi sul coinvolgimento degli anarchici, e vent'anni
dopo ribadì la sua tesi: «Io ho escluso
immediatamente la responsabilità degli anarchici per varie ragioni: prima di tutto,
forse, per una specie d’istinto, di intuizione, ma poi perché conosco gli
anarchici. Gli anarchici non sono alieni dalla violenza, ma la
usano in un altro modo: non sparano mai nel mucchio, non sparano mai
nascondendo la mano. L'anarchico spara al bersaglio, in genere al bersaglio
simbolico del potere, e di fronte. Assume sempre la responsabilità del suo
gesto. Quindi, quell'infame attentato, evidentemente, non era di marca
anarchica o anche se era di marca anarchica veniva da qualcuno che usurpava la
qualifica di anarchico, ma non apparteneva certamente alla vera categoria, che
io ho conosciuto ben diversa e che credo sia ancora ben diversa...»
Sono gli anni in cui cominciò a essere più pressante la
“strategia della tensione”, ovvero creare panico tra i cittadini, affinché
questi domandassero una svolta autoritaria che avrebbe avuto come sbocco un
governo di destra. Altri
attentati terroristici furono compiuti in nome della strategia della tensione: attentato a Piazza della Loggia (Brescia); attentato
al treno Italicus; vari attentati ai treni. Infine la strage col maggior numero
di morti (82), ovvero quella nella stazione di Bologna, anche in questo
eseguita da mano fascista.
Per quanto riguarda i processi, abbiamo avuto una vera
e propria girandola di accuse, contraccuse, assoluzioni, condanne,
ripensamenti. Infine la Cassazione (2005) si espresse in
maniera definitiva, ma non di certo in maniera sufficiente. Gli unici condannati definitivi furono
l’organizzazione neofascista di “Ordine
Nuovo”, e i principali esecutori furono Franco
Freda e Giovanni Ventura. Tuttavia
entrambi non erano più imputabili, poiché erano stati considerati non colpevoli
da una sentenza precedente dello stesso grado.
Infatti nel 1981 Freda e Ventura furono assolti in secondo grado, ma condannati a 15
anni per (altri) attentati compiuti a Padova a Milano. Il tribunale assolve
anche tal Giannettini (un personaggio ambiguo, un giornalista esperto di
questioni militari che si sarebbe scoperto essere a libro paga dei servizi segreti
nome in codice Agente Zeta) che avrebbe “commissionato” a Ventura una serie di
attentati.
In questo
senso emerge una terza ipotesi, che sosteneva il coinvolgimento dei servizi
segreti italiani e della CIA. In
particolare, David Carret, ufficiale della U.S. Navy, uomo della Cia in Italia.
Costui è stato in effetti sotto inchiesta a Milano per spionaggio politico
militare, concorso nella strage di piazza Fontana (Milano, dicembre 1969) e in
altri attentati avvenuti in quegli anni.
Per saperne di più su questa che comunque resta
una “pista,” consiglio la lettura dell'articolo del Corriere della Sera (in alto)
Vincenzo Maria D'Ascanio
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