"Se
i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano
con i lavoratori e gli oppressi, non c'è scampo per un vecchio ordine fondato
sul privilegio e sull'ingiustizia." (Enrico Berlinguer)
(25 Maggio 1922)
Nasce a Sassari il futuro Segretario del Partito
Comunista Italiano, Enrico Berlinguer. Il padre era l'avvocato Mario
Berlinguer, discendente da una famiglia nobile ed antifascista, ufficiale
durante la Prima guerra mondiale. La madre era Mariuccia Loriga, cugina della
madre di Francesco Cossiga e figlia del medico igienista Giovanni Loriga,
autore di 120 pubblicazioni scientifiche in Italia e all'estero. La nonna
materna di Enrico, Giuseppina Satta Branca, sempre di origini nobiliari, era
sorella di Pietro, sindaco repubblicano di Sassari nell'età giolittiana con un'amministrazione
progressista dov'era assessore anche il nonno paterno Enrico Berlinguer senior.
In contatto
dal 1937 con gruppi antifascisti, nel 1943 aderì al
Partito comunista italiano. Nell'immediato dopoguerra diresse il Fronte
della gioventù prima a Milano e poi a Roma, entrando dunque nel Comitato
centrale del PCI; dal 1949 al 1956 fu segretario
generale del movimento giovanile comunista. Deputato dal 1968, fu eletto
vicesegretario del PCI nel 1969 (XII congresso) e segretario
generale nel marzo 1972 (XIII congresso). La sua linea, basata sul
perseguimento dell'alleanza tra classe operaia e ceti medî, sull'affermazione
del carattere laico del partito e, soprattutto, sulla proposta del
"compromesso storico", si concretizzò, dopo i successi elettorali del
PCI nel 1975-76, nella politica di unità nazionale.
Dopo la
conclusione negativa di tale esperienza ed il ritorno dei comunisti
all'opposizione, Berlinguer cercò di far fronte alla difficile situazione in
cui si trovava il PCI, accentuata dalla crisi sociale e politica dei primi anni
Ottanta, con una riaffermazione del suo carattere alternativo alla Democrazia
cristiana e la prosecuzione del suo rinnovamento interno. In campo internazionale, la segreteria Berlinguer si
caratterizzò per il crescente distacco del PCI dall'Unione Sovietica e
il perseguimento di una sua maggiore integrazione nell'ambito della sinistra
europea occidentale.
Il 7 giugno
1984 Berlinguer tenne un comizio a Padova, in
vista delle successive elezioni europee. Durante l'intervento fu colpito da un
ictus che lo costrinse a una pausa mentre si apprestava a pronunciare la frase
«Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per
azienda».
Il
presidente della Repubblica Sandro Pertini, che si trovava già a Padova per
ragioni di Stato, si recò in ospedale per constatare le condizioni di
Berlinguer. Fece in tempo a entrare nella stanza per vederlo e baciarlo sulla
fronte. Poche ore dopo il decesso s'impose per trasportare la salma sull'aereo
presidenziale, dicendo: «Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio,
come un compagno di lotta».
Commovente
fu il suo saluto al funerale, il 13 giugno, al quale partecipò circa un milione
di persone:
il presidente si chinò con la testa sopra la bara, baciandola tra gli applausi
dei presenti. Sonori fischi, che ricambiavano quelli subiti da Berlinguer al
congresso socialista, si levarono invece quando Nilde Iotti citò il presidente
del Consiglio Bettino Craxi, al quale precedentemente era stata impedita da
Marco Berlinguer la visita al capezzale del padre.
Il corteo
con la bara, sfilò dalla sede del PCI, in via delle Botteghe Oscure, a piazza
San Giovanni, rendendo palese l'ammirazione che una larga parte dell'opinione
pubblica italiana aveva nei confronti del politico sardo.
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