«Nella
precedente legislatura facendo una fotografia dal 2014, si sono commessi anche
degli errori […] un collega di Nuoro si batteva perché sapeva già che sarebbe
successo tutto questo: Usula». Cit. Giorgio Oppi. Così
parla Giorgio Oppi, in Consiglio Regionale, ammettendo le battaglie di Emilio
Usula contro la riforma sanitaria approvata dalla maggioranza Pigliaru.
Ora, a noi ROSSOMORI non è che interessi molto ciò che dice di noi Giorgio Oppi
nel suo tardivo e forse inutile ravvedimento. A noi interessa casomai
contrastare il potere decennale che Oppi ed altri come lui hanno esercitato
sulla sanità sarda per portarci allo sfascio che oggi è davanti ai nostri
occhi.
Ma bisogna
ricordarlo che Emilio Usula era consigliere regionale ROSSOMORI quando, durante
la giunta Pigliaru, si votava il riordino della rete ospedaliera della
Sardegna, si assegnavano i ruoli agli ospedali Sardi e
si decideva quale doveva vivere, quale doveva morire, quale doveva vivacchiare.
Lì si decideva a chi togliere e a chi dare, lì si decretava che Il San
Francesco di Nuoro e il Giovanni Paolo Secondo di Olbia dovevano vivacchiare
mentre si dava, con colpevole enfasi, il via libera al Mater Olbia di prossima
apertura.
Lì
si decideva che i piccoli ospedali dovevano morire dando ossigeno ai due grandi
poli sanitari di Sassari e soprattutto di Cagliari. Lì si
confermava una decennale politica sanitaria, di destra e di sinistra che ha
visto la salute delle persone come un costo da ridurre al minimo, la cura come
un terreno di investimento privato a cui spalancare le porte e, qualche volta, la sanità come un ricchissimo terreno di pascolo di quei
campioni delle preferenze che controllano tutto ciò che può essere scambiato
con voti e consenso: dagli incarichi dirigenziali alle assunzioni nei
servizi esternalizzati.
Si
decideva in quel frangente che le periferie e le aree interne dovevano essere
progressivamente impoverite e private di Servizi essenziali. Noi
ROSSOMORI, come oggi inutilmente ammette Giorgio Oppi, attraverso l’azione di
Emilio Usula in consiglio regionale, in solitudine abbiamo cercato di evitare
lo sfascio proponendo un’altra visione fatta di sanità pubblica, di medicina
territoriale di cui si continua a non parlare mentre mancano già i medici di
base, di difesa del diritto alla salute dovunque si sia scelto di vivere.
Oggi
sono davvero troppi coloro che, dopo aver sostenuto e votato la riforma della
rete ospedaliera, con sfacciata nonchalance scendono in piazza a contestarne
gli effetti e a manifestare solidarietà verso coloro che stanno pagando il
prezzo delle loro scelte.
Chi ha votato la riforma sanitaria di Arru-Pigliaru non può oggi ergersi a
paladino delle riaperture e, soprattutto, non può combattere con credibilità il
danno aggiuntivo prodotto ora da un centrodestra incapace, inefficiente
impegnato a distribuire tutto ciò che si può dividere. Ma la memoria non si
deve ingannare.
Le
cose non avvengono da sole, chi ha assunto le decisioni dovrebbe avere l’onestà
di risponderne.
Questa sarebbe una buona ripartenza, ma proprio al fine di strutturare un
fronte forte e credibile di difesa comune dei diritti fondamentali, sarebbe
opportuno che chi ha sbagliato lo ammettesse seriamente. Noi ROSSOMORI siamo davvero al fianco di chi sta combattendo
contro lo smantellamento dell’ospedale di Nuoro, Sorgono, Tempio, Alghero,
Lanusei, Carbonia, San Gavino, Isili e di tantissime altre strutture
considerate, con colpevole cinismo politico, solo con l'ottica dei costi e non
dei bisogni di salute e assistenza dei Cittadini.
Siamo al
fianco di questi cittadini e degli operatori di queste strutture, ma non da
oggi. Lo eravamo anche quando si decideva questa morte annunciata del San
Camillo e degli altri piccoli ospedali. E io lo ero
personalmente in tutti quegli anni in cui, da sindaca di Austis, ho partecipato
con forza alla difesa dell’ospedale così come di tutti gli altri servizi
del territorio. Perché l’attacco era ed è multiforme. Mai come oggi ci dispiace
di aver avuto ragione.
Lucia Chessa, Segretaria Partito Rossomori
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