(24 Maggio
1915) L’Italia entra in guerra contro l’impero austro-ungarico, impegnandosi
nella Prima Guerra Mondiale dieci mesi dopo l'inizio delle ostilità in Europa. Alle 3:30 le truppe italiane oltrepassano il confine
italo-austriaco, puntando verso i Trentino, il Friuli, la Venezia Giulia.
La grande Guerra terminerà l’11 novembre 1918. Il conflitto coinvolgerà
ventisette paesi, provocando 15 milioni di morti (nella seconda ne morirono 54 milioni),
e comportò la dissoluzione dell'Impero austroungarico, di quello ottomano e
indirettamente la fine di quello degli Zar, travolto dalla Rivoluzione
Bolscevica del 1917.
Sul terreno
della strategia militare la guerra segnò una svolta epocale, determinata, in
primo luogo, della diffusione delle armi automatiche che resero dispendioso in
termini di vite umane il tradizionale attacco di fanteria o di cavalleria alle
postazioni nemiche. Questa evoluzione causò un necessario cambiamento di
strategia. Dalla guerra di movimento si passò alla
guerra di trincea e di logoramento. Non più dunque il campo di
battaglia, ma la “trincea” come luogo simbolo della Prima Guerra Mondiale.
Sul piano
delle innovazioni comparve uno dei protagonisti dei futuri conflitti, il “carro armato”. Tra le altre novità relative agli
armamenti vi furono i gas asfissianti (che imposero l’obbligo della maschera
antigas), l’aeroplano (da questo punto di vista, possiamo ricordare squadriglie
leggendarie come quella del Barone Rosso), e il sottomarino. Dunque la tecnologia diventa un elemento fondamentale,
e il suo uso determinerà la vittoria o le sconfitte nelle battaglie.
La leva di massa (furono mobilitati complessivamente 65
milioni di uomini) e le spese militari determinarono il
fenomeno, della mobilitazione totale del paese belligerante: dalla
produzione industriale stimolata dalle commesse statali al razionamento dei
generi alimentari, la guerra penetrò in tutti i gangli sociali delle nazioni,
determinando l’inasprimento del controllo repressivo statale, con l’arresto
immediato dei dissidenti spesso etichettati come “disfattisti” e dunque
giustiziati.
L’adesione
delle popolazioni alle rispettive politiche nazionali non fu omogenea: il 1917
fu l’anno di maggior tensione sociale in molti Stati europei (inclusa
l’Italia); in Russia il malcontento popolare si legò ai disastri del fronte e
alla fermezza dei rivoluzionari bolscevichi guidati da Lenin. Il disagio del dopoguerra, connesso al venir meno del
controllo sociale e alle difficili riconversioni delle economie di guerra,
investì nuovamente la società europea nel suo insieme.
Oltre alle
rivendicazioni del movimento operaio (che assunsero ampiezza e radicalità
inedite), vanno considerati i movimenti degli ex combattenti, i partiti e i
movimenti contadini (soprattutto in Europa orientale), i movimenti delle donne
(che avevano diffusamente sostituito alla produzione gli uomini mobilitati), le
nuove formazioni politiche. In vari paesi l’avvento dei
movimenti di massa segnò la fine del regime liberale e fu all’origine dei
fascismi.
Nessun commento:
Posta un commento