In
questi giorni Michela Murgia, poi giustamente criticata da altre giornaliste,
ha dichiarato: “Io non penso affatto che l’onere della prova
spetti a una donna che fa una denuncia di violenza di questo tipo.” Sinceramente non volevo credere che l’avesse detto, perché si presuppone
che una giornalista, scrittrice, opinionista (se vogliamo usare il termine “intellettuale”,
credo lo si possa usare) abbia se non altro le basi per potersi esprimersi su
un argomento fondamentale come l'ordinamento penale. Qui il link dell’intervista:
https://www.la7.it/otto-e-mezzo/video/caso-grillo-michela-murgia-siamo-immersi-in-una-cultura-che-dubita-delle-parole-di-una-donna-28-04-2021-377928
Nel nostro sistema l'onore della prova spetta a chi accusa, ovvero, nel caso di
Ciro Grillo, spetta al Pubblico Ministero e agli avvocati della parte lesa (in questo caso agli avvocati della
ragazza). Se così non fosse, ovvero se l'onere della prova spettasse
all'accusato, non ci troveremmo più in un sistema
accusatorio (che comunque ha delle sfumature), ma
piuttosto in un sistema inquisitorio, tipico della Santa Inquisizione o dei regimi più beceri e totalitari della
storia.
Per onere
della prova intendo “l’onore di dimostrare la colpevolezza altrui, o la propria
innocenza.” Nei regimi totalitari, soprattutto per
perseguire gli avversari politici, doveva essere l’imputato a dimostrare la sua
innocenza. Negli ordinamenti democratici, invece, l’imputato è considerato “presunto innocente” sino allo svolgersi dei tre gradi di
giudizio. Inoltre, sempre nel nostro ordinamento, non sarà il Pubblico
Ministero a decidere sull’incriminazione di un cittadino, ma un giudice (il
Giudice per le indagini preliminari). Sino a quando il GIP non si sarà espresso, il cittadino
dovrà essere chiamato “indagato” e non “imputato” (qualifica che assumerà quando verrà
formulata una chiara accusa nei suoi confronti). Gli stessi giornalisti
italiani tendono a confondere queste due espressioni. Michela Murgia confonde
spesso diverse cose, talvolta anche per la passione che offusca il suo
intelletto.
Il sistema accusatorio non può essere nemmeno accostato al sistema
inquisitorio, questo perché le forze in campo (ovvero chi sostiene l'accusa e
chi sostiene l'innocenza) sono sproporzionate. Per sostenere la colpevolezza
dell'indagato (o dell'imputato, a seconda dei casi) il Pubblico ministero ha dei poteri enormi, che
gli derivano da essere il rappresentante dello Stato: egli utilizzerà apparati
o attrezzature che la difesa dell'indagato non potrà mai avere (intercettazioni
telefoniche, utilizzo della polizia giudiziaria per la ricerca delle prove,
scientifica, etc...).
L'avvocato
di Ciro Grillo potrà cercare delle prove, ma potrà rivolgersi per esempio a un
investigatore privato, se ha, come ha, la possibilità economica. Perché gli
investigatori costano tanto, come costano gli avvocati. Nemmeno il figlio di Beppe Grillo, un milionario, potrà lontanamente
permettersi di avere le possibilità disponibili per l'accusa (non parliamo, poi, delle tante persone che devono rivolgersi all'avvocato
d'ufficio, perché non hanno nemmeno il reddito per assicurarsi un avvocato che
abbia interesse a vincere la causa).
Ora, per non dilungarmi troppo su questioni tecniche, per quale ragione una
donna dovrebbe essere trattata diversamente da un uomo, quando si trova
stritolata negli ingranaggi della giustizia? Perché una donna, quando accusa, dovrebbe
sempre dire la verità, mentre questo non accade per l’uomo. È una cosa banale
ma ormai è necessaria sottolinearla: uomini e donne possono essere persone
oneste o disoneste, santi o ruffiani, persone buone o persone cattive. Non comprenderò
mai perché una certa frangia del femminismo consideri le donne moralmente
superiori agli uomini. Per me è una cosa profondamente sbagliata, e considero
dei ruffiani quegli uomini che avvallano queste ridicole tesi.
Per entrare
nello specifico della questione, m’incuriosisce il fatto che alcune persone
diano per scontata la responsabilità di Ciro Grillo. Per carità, ognuno ha il pieno diritto di esprimere le proprie convinzioni,
ma non comprendo come queste si siano formate. Al momento non c’è una sola
prova o indizio che dimostri la responsabilità penale di questi quattro
ragazzi. In due anni d’indagine e con tutti i mezzi che hanno a disposizione, l’ufficio
del PM titolare dell’inchiesta non ha prodotto nulla di veramente decisivo.
Allo stesso
tempo, non posso nemmeno essere certo dell’innocenza. La sfuriata di Beppe Grillo è comprensibile, insomma, è un padre che sta
parlando del proprio figlio, cerca di difenderlo con le parole, da quanto ne
sappiamo, però, non ha cercato di corrompere i giudici, oppure d’intimorire in
qualsiasi modo la ragazza. Personalmente sono sempre portato ad ascoltare e
comprendere, e come comprendo Beppe grillo comprendo anche
le ragioni dei genitori della ragazza, che
giustamente credono alla figlia ed hanno il pieno diritto di scoprire la verità.
Ecco il
punto, scoprire la verità. Nessuno di noi può ancora sapere cos’è accaduto in quella casa, e
dobbiamo affidarci agli organi preposti, ricordando sempre che la presunzione d’innocenza è un principio di civiltà, che non può essere intaccato se vogliamo continuare ad essere quello che,
tutto sommato, siamo: un Paese civile.
Vincenzo
Maria D’Ascanio
https://vincenzomariadascanio.blogspot.com/
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