venerdì 6 novembre 2020

Scontro Regioni-Governo Speranza: proteste assurde.


 


 

Sono le Regioni a fornire i dati su cui poggia il monitoraggio relativo all'andamento della situazione epidemiologica. E nella cabina di regia che elabora quei parametri ci sono tre rappresentanti indicati dalle stesse Regioni. Dunque «è surreale che alcuni governatori, anziché assumersi la loro parte di responsabilità, facciano finta di ignorare la gravità dei dati che riguardano i loro territori».

 Il ministro della Salute Roberto Speranza, dopo aver firmato l'ordinanza che inserisce le Regioni nelle zone rossa e arancione, stoppa la rivolta dei presidenti e passa al contrattacco. Sostenuto da tutto il governo e dagli scienziati. Lo scontro non è destinato a spegnersi nell'immediato: i governatori insistono chiedendo una verifica o minacciando, lo fa il presidente facente funzioni della Calabria Nino Spirlì, di impugnare il provvedimento.

 Non solo: nelle prossime ore arriveranno i nuovi dati - domani - relativi alla settimana 26 ottobre-1 novembre e non è affatto escluso che chi oggi si trova nella zona gialla possa finire in quelle dove sono previste maggiori restrizioni: a rischio ci sono almeno la Campania, la Liguria, il Veneto, la Toscana.

 Il nodo su cui si sta consumando lo scontro è formalmente tecnico ma in realtà è politico: la maggior parte delle Regioni continua a chiedere misure nazionali e il governo insiste sulla necessità di intervenire a livello locale. Per mettere in campo interventi che servano davvero a contenere il contagio laddove è più diffuso, ha detto ieri il premier Giuseppe Conte, e che non penalizzino e ulteriormente chi è in una situazione migliore di altri. Le misure graduate per ogni regione, conferma il Commissario per l'emergenza Domenico Arcuri, «anticipano il rischio ed evitano fin quando possibile il lockdown generalizzato».

 L'attacco delle Regioni, partito subito dopo la conferenza stampa del premier, è andato avanti a testa bassa tutto il giorno, in un clima teso anche in Conferenza Stato-Regioni e spalleggiato da tutta l'opposizione: non a caso Matteo Salvini è stato il primo a parlare. Attilio Fontana ha saputo del lockdown della Lombardia, dice, «con un messaggino mentre Conte era in televisione. E poi parlano di collaborazione».

 Uno dopo l'altro, i governatori hanno invocato «chiarezza», criticato la mancanza di un criterio di «valutazione oggettivo», accusato l'esecutivo di aver fatto scelte su dati vecchi. «Non ho ancora capito come e perché il governo abbia deciso di usare misure così diverse per situazioni in fondo molto simili», attacca il presidente del Piemonte Alberto Cirio, chiedendo una verifica. «Chiarezza» chiede anche l'altro governatore "rosso", il valdostano Erik Lavevaz mentre Spirlì annuncia di voler impugnare l'ordinanza: «non meritiamo l'isolamento». Anche le Regioni arancioni non ci stanno. «Siamo su "Scherzi a parte"», denuncia Musumeci.

 Accuse contro le quali il governo fa quadrato, con Conte che ripete l'invito a «non perdere il senso di unità nazionale». Dalle regioni arriva uno «spettacolo indecoroso», sono invece le parole del ministro degli Esteri Luigi di Maio che porta alla luce quello che in molti, anche tra i tecnici, cominciano a pensare sia il vero problema, il titolo V della Costituzione.

 «A fine pandemia questo scontro inaccettabile imporrà di semplificare e riorganizzare lo Stato». Dal blog 5S ricordano invece ai governatori che «non si sono voluti assumere le responsabilità e ora si lamentano delle chiusure». Ma sono gli scienziati a replicare nel dettaglio alla critiche. È vero che i dati risalgono a dieci giorni fa, conferma il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro. Ma questo è «inevitabile» perché c'è un «tempo necessario per stabilizzare» i dati. Che, in ogni caso, «sono condivisi e validati da 24 settimane con le Regioni». Come dire, erano buoni prima, sono buoni anche adesso.

 

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Federico Marini

marini.federico70@gmail.com

skype: federico1970ca

 

Articolo tratto dall’Unione Sarda 06.11.2020

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