lunedì 16 novembre 2020

16 Novembre 1940: i nazisti costituiscono il ghetto di Varsavia


 

(16 novembre 1940) Nella Polonia occupata i nazisti isolano il Ghetto di Varsavia dal mondo esterno, con un muro che lo circonda per tutti i quattro lati del suo perimetro. Il ghetto è un episodio della storia del popolo ebraico durato più di cinquecento anni. Tuttavia è anche qualcosa di più: è la parola che partendo da questa vicenda del passato ebraico (e di tutta l'Europa) definisce ogni forma di segregazione. Il ghetto è il simbolo di chi crede che gli uomini non siano tutti uguali, non vadano considerati fratelli e non abbiano tutti diritto alla stessa libertà.

 

"Ghetto" è una parola dalle incerte origini. Fra le possibili ne esiste una che appare più convincente. Nella Venezia di età moderna, "geto" (o getto) era il nome con il quale s’indicava la fonderia dei metalli. E fu proprio in una zona di Venezia presso cui esisteva un'antica fonderia in disuso che venne istituito il primo ghetto o geto della storia. Siamo nel 1516.

 

Il ghetto ebraico di Varsavia fu istituito dal regime nazista nella città vecchia di Varsavia e fu il più grande ghetto europeo. Il quartiere Nalewki, ricco di condomini e privo di spazi verdi, era la zona tradizionalmente abitata dalla comunità ebraica di Varsavia, allora la più numerosa al mondo dopo quella di New York. Oltre al polacco, vi si parlavano l'yiddish, l'ebraico ed il russo (dagli ebrei che erano fuggiti dalla Russia in seguito ai pogrom).

 

Prima dell’invasione tedesca della Polonia nel settembre 1939, nella zona abitavano anche non-ebrei e gli ebrei avevano piena libertà di spostarsi e stabilirsi anche negli altri quartieri della città. Sotto il Governatorato Generale Tedesco, l’istituzione del ghetto come luogo esclusivo di residenza coatta della popolazione ebraica fu il primo passo nel processo che avrebbe determinato, nel giro di pochi anni, l’applicazione della “soluzione finale”, ovvero allo sterminio organizzato della quasi totalità dei suoi abitanti.

All'inizio del 1943 i progressivi "trasferimenti" della popolazione del ghetto nei nuovi campi di sterminio ne avevano ridotto il numero di abitanti (persone in maggioranza ancora abili al lavoro), ma quando il 18 gennaio le SS vollero deportare ad est circa 8.000 operai, un gruppo di questi era in possesso di armi precedentemente contrabbandate nel ghetto e fece fuoco contro gli aguzzini, i quali, subite alcune perdite, si ritirarono velocemente. L'improvvisa reazione dei prigionieri non consentì nei due mesi successivi altri trasferimenti.

 

Il 17 aprile giunse a Varsavia il Brigadeführered SS- und Polizeiführer Jürgen Stroop, con l'incarico di reprimere qualsiasi fenomeno di ribellione che si fosse verificato nel ghetto ed il giorno successivo, su ordine diretto di Himmler, il suo compito fu specificato in "annientare gli ebrei ed i banditi del quartiere ebraico." Le operazioni di sterminio cominciarono il 19 Aprile.

 

I tedeschi entrarono nel ghetto dall'ingresso di via Snocza con due autoblindo, un carro armato francese preda bellica, due cannoni antiaerei e un cannone leggero, seguiti da una colonna composta da alcune decine di fanti dei 2090 uomini di cui Stroop disponeva. Questi, una volta giunti sulla via Zamenhof, vennero accolti dal tiro incrociato dei membri dell'organizzazione ebraica di combattimento, i quali decisero di combattere non con l'intento di sconfiggere gli invasori ma esclusivamente "come mezzo per morire con dignità, senza la minima speranza di vittoria".

 

Il 16 maggio Stroop comunicò a Berlino che il quartiere ebreo di Varsavia "non esisteva più" e fu fatta saltare anche la sinagoga grande di Varsavia, sita al di fuori delle mura del ghetto; l'operazione che avrebbe dovuto svolgersi in soli tre giorni durò quattro settimane e i tedeschi dichiararono la perdita di 16 soldati e di 90 feriti, contro l'uccisione di 56.000 ebrei e la deportazione dei superstiti. Dei 750 ebrei che parteciparono materialmente alla rivolta meno di 100 riuscirono a sopravvivere.

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