giovedì 5 novembre 2020

La tradizione del rito dei defunti in Sardegna. Di Giovanni Maria - Mimmia Fresu


 

Cara maestra, sono certo che neppure quest’anno hai raccontato alle tue alunne/i che il culto dei defunti, in Sardegna, risale all’epoca nuragica, 3.600 anni fa. Maimone, ad esempio, era una divinità protosarda, appartenente al culto della pioggia e raffigurata con sembianze demoniache: nome e fattezze della maschera dei Mamuthones traggono origine da questa divinità, declassata a demone dall’avvento della Cristianità. In Sardegna, la tradizione del rito dei defunti, secondo autorevoli studiosi, è riportata su testi già dal 1.100 d.c., su cui è scritto che nella notte tra ottobre e novembre il mondo dei vivi e quello dei morti entrano in contatto, notte in cui le anime dei defunti possono tornare tra noi.

 

Cara maestra, i bambini sardi, già in quell’epoca, ma in molte parti dell’isola si fa ancora oggi, vestiti con indumenti sdruciti, più spesso con una tunica bianca, alcuni con il cappuccio bianco e una sacca di tela in spalla, con in mano una zucca intagliata a raffigurare un cranio (sa conc’e mortu) bussano alle porte e quando sentono chiedere, chi è, rispondono, il termine varia secondo il territorio: pro su bene de sas animas; is animeddas; su mortu mortu; is panixeddas, su prugadorio. Allora ricevono dolci tradizionali, melagrane e frutta secca, qualche moneta e caramelle.

 

Poi la notte tra l’uno e il 2 novembre, dopo la cena si lascia la tavola imbandita, tolti solo coltelli e forchette, per evitare, si dice, che le anime dei defunti restino impigliate mentre visitano quelle tavole. Un rituale di origini pagane che si integra con quello Cristiano del 2 novembre dal X secolo, in cui il gioco dei bambini contiene una forma di rispetto per i defunti e che gli adulti celebrano visitando le loro tombe.

 

Halloween, che ha origini celtiche, per molti aspetti presenta tratti analoghi con la tradizione sarda, anche se le due culture sembra non siano mai entrate in contatto, è poi sbarcata oltre oceano intorno al XVI secolo. Halloween, cara maestra, estraneo persino al Samhain celtico, ha tratti esoterici, persino satanici, i cui costumi sono più adatti al Sabba delle streghe che al ricordo dei defunti.

 

Sotto forma di carnevale autunnale è arrivata qui da noi da una ventina d’anni, infatti quasi nessun testo enciclopedico contemplava il termine fino a qualche decennio fa. So per certo, cara maestra, che queste cose da me succintamente esposte, alle tue alunne/i non le hai mai raccontate. Lo so perché ieri ti ho vista a spasso, vestita di nero, issata su un tacco 12, fasciata in una calzamaglia e gonnellino sexy, e in testa un cappello a falde larghe; per mano tenevi la tua giustificazione, presumo: la tua bambina vestita da diavoletto.

 

Cara maestra, festeggia Halloween se ti piace, ma alla tua bimba e alle alunne/i, racconta pure che quando in Sardegna, per la ricorrenza dei morti, i bambini uscivano in strada con le zucche come lanterne, dovevano trascorrere ancora 350 anni prima che Cristoforo Colombo scoprisse l’America.

 

Giovanni Maria - Mimmia Fresu

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