venerdì 5 febbraio 2021

Terapia monoclonale: è arrivata la cura miracolosa?


 

Il dottor Natalino Meloni dice che si tratta di «una terapia miracolosa, un salvavita per i pazienti più fragili», ma dubita che possa diventare una cura a domicilio, «perlomeno in tempi brevi». Insomma, puntualizza il coordinatore dell'Usca Ogliastra, la prima équipe di intervento per pazienti Covid in isolamento nata in Sardegna, «questa è una cura altamente delicata dal punto di vista della somministrazione e ha inoltre costi altissimi per il sistema sanitario (2.000 euro a dose, ndr ): dubito che la mettano in mano ai medici di famiglia e alle Usca. Inoltre, chi decide a quali pazienti va dato questo farmaco?».

 L'infezione agli esordi. Sarà proprio l'organizzazione dell'intervento a domicilio uno dei problemi da risolvere dopo il via libera agli anticorpi monoclonali da parte dell'Agenzia italiana del farmaco per la cura contro il Covid. Il punto è che questi farmaci vanno somministrati nella fase iniziale dell'infezione e solo - questa l'indicazione dell'Aifa che ha autorizzato l'uso dei preparati delle aziende Regeneron e Eli Lilly - su pazienti ad alto rischio (anziani, immunodepressi, diabetici, obesi), quelli cioè che possono sviluppare le forme più gravi della malattia e andare incontro alla morte.

 La terapia del futuro. Ma cosa sono gli anticorpi monoclonali? «Sono prodotti in laboratorio, e non, come invece erroneamente si dice, estratti dal plasma dei guariti, perché in questo caso parleremmo di un emoderivato – spiega Stefano Del Giacco, immunologo dell'Aou di Cagliari -. Il plasma è stato utilizzato solo per scoprire quali sono gli anticorpi utili». Rappresentano «la terapia del futuro», dice il professore. «In pratica, sono dei missili intelligenti che vanno a colpire il bersaglio con estrema precisione e raramente causano effetti collaterali.

 Vengono utilizzati in vari campi della medicina, per esempio in immunologia e oncologia, dove, tra gli altri, portano grande beneficio ai pazienti che soffrono di artrite reumatoide, asma grave o vari tipi di tumore». Gli anticorpi monoclonali, puntualizza Del Giacco, diventeranno la terapia principale per diverse patologie croniche. «Finora li abbiamo conosciuti principalmente come terapia anti citochine, utile per ridurre il livello di questi o altri fattori infiammatori, diversi ma comunque presenti in tante patologie croniche.

 Per le malattie virali, come il Covid, sono una novità, al momento riservata ai pazienti a rischio. In questo caso la terapia va somministrata il prima possibile per ridurre la carica virale, evitare che i sintomi peggiorino e si instauri la tempesta citochinica». Stefano Del Giacco ha descritto gli anticorpi monoclonali come missili intelligenti che colpiscono «il fattore chiave di diverse malattie». Nel Covid-19 qual è? Il bersaglio è la proteina Spike, la chiave utilizzata dal virus per entrare nelle nostre cellule: in pratica gli anticorpi le bloccano la strada.

 Auspici e domande. Sergio Babudieri, direttore del reparto Malattie infettive dell'Aou di Sassari, aspetta il giorno in cui le cure con gli anticorpi monoclonali anti-Covid allevieranno la pressione sugli ospedali. «Il mio sogno è avere quanto più possibile meno pazienti Covid ricoverati. Mi chiedo, però, chi sarà il dispensatore di questa terapia? E chi stabilisce quale paziente è a rischio e quale invece non lo è?». Ricorda che i farmaci monoclonali, «sono stati utilizzati, direi in maniera eroica, già nei primi mesi della pandemia e in alcuni casi hanno dato buoni risultati.

 Hanno funzionato quando sono stati utilizzati proprio nel preciso momento in cui nel paziente si stava scatenando un'iperinfiammazione, la tempesta citochinica, agendo contro quelle citochine sulle quali erano efficaci». Adesso, però, si tratta di anticorpi monoclonali destinati a combattere il coronavirus. «Ci sarà, immagino, un salto di qualità e anche di costi – sottolinea il professor Babudieri -. Saranno davvero disponibili per tutti coloro che ne avranno bisogno?».

 Il rischio da evitare. È quel che si chiede anche il medico dell'Usca (e dà da pensare che, uno dall'ospedale l'altro dal territorio, siano i camici bianchi che combattono in trincea a sollevare il problema). «Lo ripeto: è una terapia miracolosa, e si potrebbe anche spingere di più per somministrarla ai pazienti a rischio perché gli salverebbe la vita. Però - avverte Natalino Meloni - ho molti dubbi sul fatto che possa diventare una cura accessibile, diffusa. Insomma, non vorrei diventasse la terapia per i pazienti ricchi e incozzati».

 

Piera Serusi


Articolo Nuova Sardegna del 05.02.2021 
-----------------
Federico Marini
marini.federico70@gmail.com
skype: federico1970ca

 

Nessun commento:

Posta un commento