La proposta non trova molti consensi.
Normale, si dirà. L'idea di abbassare serrande dei locali e tapparelle delle
case per due settimane e rivivere un
lockdown simile allo scorso anno mette
in agitazione non solo chi campa di incassi ma anche le famiglie. E la Sardegna,
che sino a ieri iniziava a respirare l'aria della libertà da fascia bianca,
adesso si trova a ragionare su una chiusura che serve, secondo gli esperti, ad
arginare il virus reso più aggressivo dalle varianti.
«Lockdown duro» «Il 20% dei contagiati in Italia presenta la variante inglese e la percentuale è destinata ad aumentare.
Bisognava fare il lockdown a dicembre, prevenendo tutto questo, mentre ora siamo nei guai. Come se ne esce? Con una chiusura dura e immediata
per evitare che la variante inglese diventi prevalente e per impedire che abbia effetti devastanti come in Inghilterra, Portogallo e
Israele». Il virologo Andrea Crisanti, che in Sardegna ha organizzato e sta seguendo lo screening di massa “Sardi e sicuri”, non ha dubbi. «Va chiuso tutto e va lanciato un programma nazionale di monitoraggio delle
varianti. Dove si trovano le varianti brasiliana e sudafricana servono lockdown stile Codogno, non le zone rosse che sono troppo
morbide». Addio sogno “Isola
bianca”, insomma. «Tutti vogliamo una vita normale, ma non si realizza se non si controlla la pandemia»,
conclude Crisanti.
«Massima attenzione». «Ovviamente l'allarme
non è campato in aria: in Italia si sta diffondendo velocemente la variante
inglese del virus e questo può avere un impatto serio sul sistema
sanitario - sottolinea Giovanni Sotgiu, docente di Statistica medica all'Università di Sassari – Il Cts sta esaminando uno studio mondiale nel
quale pare venga evidenziato
che la variante inglese non solo si diffonde il
50, 70% in più, ma aumenta la letalità del 20, 30%. A me fa già tremare i polsi l'aumento della trasmissibilità, figuriamoci quello della maggior virulenza. Quindi è normale e giusto che
si cerchi di impostare misure di mitigazione non solamente nelle zone dove sta già salendo il numero di contagi perché il virus corre».
Sardegna compresa, ovviamente.
«Da noi si possono effettuare controlli
più importanti all'ingresso: dobbiamo prestare la massima attenzione perché la
variante inglese sta ormai prendendo il sopravvento. In Florida si stima che il
10 marzo tutti i positivi avranno quella variante, a dimostrazione di quanto il
virus corra a livello globale. Il ministero della Salute ha chiesto alle
Regioni un ulteriore sforzo per aumentare la capacità di sequenziamento».
Il timore. Se il giudizio degli esperti è quindi unanime, altrettanto lo è quello degli imprenditori: una chiusura generale
sarebbe durissima da superare. «Non sono un virologo ma è evidente che tutto quello che si è determinato
durante il lockdown per il nostro mondo è stato terribile. A partire da un
aumento dei costi smisurato per quanto riguarda la sicurezza - denuncia
Pierpaolo Tilocca, numero uno dell'Associazione nazionale costruttori edili
della Sardegna - Da quando è scoppiata la pandemia nel capitolo sicurezza sono
ricaduti, esclusivamente in capo al datore di lavoro, anche i dispositivi sanitari per un dipendente.
In più abbiamo una serie di protocolli da
rispettare, dai trasporti alla sanificazione. Due esempi: se prima su un
camioncino viaggiavano sette operai, oggi devono essere massimo tre e tutti con
le mascherine; se prima un martello passava di mano in mano adesso prima del
passaggio bisogna sanificarlo. Sono costi altissimi che noi sosteniamo con
enormi sacrifici. A seconda dell'intervento le misure anti Covid incidono dal 5
al 100% dell'importo dei lavori appaltato».
«Chiusura assurda». «Ora non solo un altro lockdown è assurdo ma il nostro settore nell'Isola ha urgenza di vedersi
riconoscere i ristori per maggiori oneri Covid. La Sardegna nell'aprile scorso è stata la prima Regione in Italia a sentire il bisogno di
aggiornare i prezzi dei piani di sicurezza per il contenimento del virus utilizzando le risorse nei quadri economici dei progetti, solo che
poi queste delibere si sono concretizzate con un tariffario regionale il 23 dicembre 2020, e in parte anche monco. Quanto ha perso il comparto nel primo lockdown? Difficile calcolarlo, ritengo minimo il 30 per cento», conclude Tilocca.
Michele Masala
Articolo tratto da “La Nuova Sardegna” del
16 Febbraio 2021
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