martedì 16 febbraio 2021

«Chiudere l'Isola? Una tragedia» Ma gli esperti insistono: è giusto


 


La proposta non trova molti consensi. Normale, si dirà. L'idea di abbassare serrande dei locali e tapparelle delle case per due settimane e rivivere un lockdown simile allo scorso anno mette in agitazione non solo chi campa di incassi ma anche le famiglie. E la Sardegna, che sino a ieri iniziava a respirare l'aria della libertà da fascia bianca, adesso si trova a ragionare su una chiusura che serve, secondo gli esperti, ad arginare il virus reso più aggressivo dalle varianti.

 «Lockdown duro» «Il 20% dei contagiati in Italia presenta la variante inglese e la percentuale è destinata ad aumentare. Bisognava fare il lockdown a dicembre, prevenendo tutto questo, mentre ora siamo nei guai. Come se ne esce? Con una chiusura dura e immediata per evitare che la variante inglese diventi prevalente e per impedire che abbia effetti devastanti come in Inghilterra, Portogallo e Israele». Il virologo Andrea Crisanti, che in Sardegna ha organizzato e sta seguendo lo screening di massa “Sardi e sicuri”, non ha dubbi. «Va chiuso tutto e va lanciato un programma nazionale di monitoraggio delle varianti. Dove si trovano le varianti brasiliana e sudafricana servono lockdown stile Codogno, non le zone rosse che sono troppo morbide». Addio sogno “Isola bianca”, insomma. «Tutti vogliamo una vita normale, ma non si realizza se non si controlla la pandemia», conclude Crisanti.

 «Massima attenzione». «Ovviamente l'allarme non è campato in aria: in Italia si sta diffondendo velocemente la variante inglese del virus e questo può avere un impatto serio sul sistema sanitario - sottolinea Giovanni Sotgiu, docente di Statistica medica all'Università di Sassari – Il Cts sta esaminando uno studio mondiale nel quale pare venga evidenziato che la variante inglese non solo si diffonde il 50, 70% in più, ma aumenta la letalità del 20, 30%. A me fa già tremare i polsi l'aumento della trasmissibilità, figuriamoci quello della maggior virulenza. Quindi è normale e giusto che si cerchi di impostare misure di mitigazione non solamente nelle zone dove sta già salendo il numero di contagi perché il virus corre». Sardegna compresa, ovviamente.

 «Da noi si possono effettuare controlli più importanti all'ingresso: dobbiamo prestare la massima attenzione perché la variante inglese sta ormai prendendo il sopravvento. In Florida si stima che il 10 marzo tutti i positivi avranno quella variante, a dimostrazione di quanto il virus corra a livello globale. Il ministero della Salute ha chiesto alle Regioni un ulteriore sforzo per aumentare la capacità di sequenziamento».

 Il timore. Se il giudizio degli esperti è quindi unanime, altrettanto lo è quello degli imprenditori: una chiusura generale sarebbe durissima da superare. «Non sono un virologo ma è evidente che tutto quello che si è determinato durante il lockdown per il nostro mondo è stato terribile. A partire da un aumento dei costi smisurato per quanto riguarda la sicurezza - denuncia Pierpaolo Tilocca, numero uno dell'Associazione nazionale costruttori edili della Sardegna - Da quando è scoppiata la pandemia nel capitolo sicurezza sono ricaduti, esclusivamente in capo al datore di lavoro, anche i dispositivi sanitari per un dipendente.

 In più abbiamo una serie di protocolli da rispettare, dai trasporti alla sanificazione. Due esempi: se prima su un camioncino viaggiavano sette operai, oggi devono essere massimo tre e tutti con le mascherine; se prima un martello passava di mano in mano adesso prima del passaggio bisogna sanificarlo. Sono costi altissimi che noi sosteniamo con enormi sacrifici. A seconda dell'intervento le misure anti Covid incidono dal 5 al 100% dell'importo dei lavori appaltato».

 «Chiusura assurda». «Ora non solo un altro lockdown è assurdo ma il nostro settore nell'Isola ha urgenza di vedersi riconoscere i ristori per maggiori oneri Covid. La Sardegna nell'aprile scorso è stata la prima Regione in Italia a sentire il bisogno di aggiornare i prezzi dei piani di sicurezza per il contenimento del virus utilizzando le risorse nei quadri economici dei progetti, solo che poi queste delibere si sono concretizzate con un tariffario regionale il 23 dicembre 2020, e in parte anche monco. Quanto ha perso il comparto nel primo lockdown? Difficile calcolarlo, ritengo minimo il 30 per cento», conclude Tilocca.

 

Michele Masala

 

Articolo tratto da “La Nuova Sardegna” del 16 Febbraio 2021

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