lunedì 1 febbraio 2021

L’ayatollah Khomeini sale al potere in Iran

(01 Febbraio1979) Accolto da una folla in festa, l’ayatollah Khomeini torna a Teheran dopo quasi 15 anni di esilio: niente in Iran sarà più come prima. Lo scià di Persia Reza Pahlevi fugge prima di una possibile condanna a morte. Dopo una turbolenta fase di transizione nascerà la Repubblica islamica, e il fondamentalismo religioso rappresenterà il perno attorno a cui ruoterà l’intera società.

 Morto il 3 giugno 1989 (non si sa quando Khomeini sia nato), la data più verosimile sembrerebbe intorno al 1900. Khomeini nacque da una famiglia di modeste condizioni, e il futuro ayatollah rimase orfano sei mesi dopo la nascita: il padre fu ucciso per aver difeso dei contadini più poveri contro gli oligarchi della zona. La madre Hagar e la zia morirono nel 1918, lasciandolo solo col fratello maggiore. Dopo aver studiato il Corano e le basi sia della logica che della retorica grazie al fratello e ai parenti, nel 1920 andò a studiare ad Arak e poi a Qom.

 Giovanissimo, entrò a far parte del partito religioso islamico, più conosciuto come movimento dei "Taleban", che voleva imporre un governo improntato a costumi tradizionalistici. Nel 1929 sposò Khadijeh Saqafi (1913-2009) da cui ebbe sette figli, soltanto cinque giunti all'età adulta.

 Khomeini, dedicatosi all'insegnamento teologico, nel 1962 successe all'ayatollah Kashani nelle funzioni di capo della comunità sciita iraniana. Politicamente ostile alla dinastia Pahlavi, nel 1963, a causa della militanza nel movimento di opposizione popolare alle riforme agrarie dello stesso scià, fu costretto all'esilio prima in Turchia, poi nella città santa sciita di an-Nagiaf (Iraq) ed infine in occidente (Francia). Nel 1978 assunse la direzione politico-spirituale del movimento di opposizione, che portò alla definitiva implosione del regime.

 Tornato in patria nel febbraio del 1979 impresse alla nascente repubblica islamica un carattere fortemente integralista, ispirato ai più rigidi principî della religione islamica. Come supremo capo religioso mantenne un forte controllo tanto sulla vita politica che sulla vita culturale del paese, imponendo di fatto il suo potere in tutte le principali decisioni politiche. Nel corso degli anni Ottanta accentuò la mobilitazione popolare anche in chiave nazionalistica, nel tentativo di fare fronte ai pesanti costi della guerra con l'Iraq di Saddam, che terminò senza vinti né vincitori nel 1988, restando immutati i confini delle due nazioni (1980-88).

 Nel 1988 lo scrittore indiano Salman Rushdie scrisse il libro "I Versetti Satanici" (in inglese: "The Satanic Verses"), giudicato blasfemo da parte dei regimi islamici dell'epoca, tra cui l'Iran. La pubblicazione del libro provocò una "fatwa" di Khomeyni che decretò la condanna a morte del suo autore. Rushdie dovette così rifugiarsi in Gran Bretagna per anni.

 Il suo divenne un emblematico caso internazionale dell'intolleranza religiosa. Anche chi ebbe a che fare con l'opera di Rushdie ne subì delle conseguenze. Il 3 luglio 1991 fu pugnalato (non "a morte") Ettore Capriolo, traduttore del libro in italiano. Una sorte peggiore toccò al traduttore giapponese, Hitoshi Igarashi, che fu ucciso a Tokio il 12 luglio, mentre l'editore norvegese, William Nygaard fu ferito a colpi d'arma da fuoco nell'ottobre del 1993.

 

 


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