(01
Febbraio1979) Accolto da una folla in festa, l’ayatollah Khomeini torna a
Teheran dopo quasi 15 anni di esilio: niente in Iran sarà più come prima.
Lo scià di Persia Reza Pahlevi fugge prima di una possibile condanna a morte.
Dopo una turbolenta fase di transizione nascerà la Repubblica islamica, e il
fondamentalismo religioso rappresenterà il perno attorno a cui ruoterà l’intera
società.
Morto il 3
giugno 1989 (non si sa quando Khomeini sia nato), la data più verosimile
sembrerebbe intorno al 1900. Khomeini nacque da una famiglia di modeste condizioni,
e il futuro ayatollah rimase orfano sei mesi dopo la nascita: il padre fu ucciso per aver difeso dei contadini più poveri
contro gli oligarchi della zona. La madre Hagar e la zia morirono nel
1918, lasciandolo solo col fratello maggiore. Dopo aver studiato il Corano e le
basi sia della logica che della retorica grazie al fratello e ai parenti, nel
1920 andò a studiare ad Arak e poi a Qom.
Giovanissimo,
entrò a far parte del partito religioso islamico, più conosciuto come movimento
dei "Taleban", che voleva imporre un
governo improntato a costumi tradizionalistici. Nel 1929 sposò Khadijeh Saqafi
(1913-2009) da cui ebbe sette figli, soltanto cinque giunti all'età adulta.
Khomeini,
dedicatosi all'insegnamento teologico, nel 1962 successe all'ayatollah Kashani nelle
funzioni di capo della comunità sciita
iraniana. Politicamente ostile alla dinastia Pahlavi, nel 1963, a causa della
militanza nel movimento di opposizione popolare alle riforme agrarie dello
stesso scià, fu costretto all'esilio prima in Turchia, poi nella città santa
sciita di an-Nagiaf (Iraq) ed infine in occidente (Francia). Nel 1978 assunse la direzione politico-spirituale del
movimento di opposizione, che portò alla definitiva implosione del regime.
Tornato
in patria nel febbraio del 1979 impresse alla nascente repubblica islamica un
carattere fortemente integralista, ispirato ai più rigidi principî
della religione islamica. Come supremo capo religioso mantenne un forte
controllo tanto sulla vita politica che sulla vita culturale del paese,
imponendo di fatto il suo potere in tutte le principali decisioni politiche. Nel corso degli anni Ottanta accentuò la mobilitazione
popolare anche in chiave nazionalistica, nel tentativo di fare fronte ai
pesanti costi della guerra con l'Iraq di Saddam, che terminò senza vinti né vincitori
nel 1988, restando immutati i confini delle due nazioni (1980-88).
Nel 1988 lo
scrittore indiano Salman Rushdie scrisse il libro "I Versetti
Satanici" (in inglese: "The Satanic Verses"), giudicato blasfemo
da parte dei regimi islamici dell'epoca, tra cui l'Iran. La pubblicazione del
libro provocò una "fatwa" di Khomeyni che decretò la condanna a morte
del suo autore. Rushdie dovette così rifugiarsi in Gran Bretagna per anni.
Il
suo divenne un emblematico caso internazionale dell'intolleranza religiosa. Anche chi
ebbe a che fare con l'opera di Rushdie ne subì delle conseguenze. Il 3 luglio
1991 fu pugnalato (non "a morte") Ettore Capriolo, traduttore del
libro in italiano. Una sorte peggiore toccò al traduttore giapponese, Hitoshi
Igarashi, che fu ucciso a Tokio il 12 luglio, mentre l'editore norvegese,
William Nygaard fu ferito a colpi d'arma da fuoco nell'ottobre del 1993.
Nessun commento:
Posta un commento