L'unità nazionale di Mario Draghi prenderà
forma nel secondo giro di consultazioni. Il premier incaricato definirà
perimetro e linee programmatiche della sua maggioranza. Solo dopo, non in una trattativa
con i partiti ma facendosi carico di fare sintesi tra i desiderata di ciascuno,
comporrà la sua squadra di ministri, da portare al Quirinale per proporla al
capo dello Stato. In un mix che dovrebbe essere tecnico-politico, per dare gambe forti nei
partiti e in Parlamento al governo. E con una significativa presenza di
donne.
A metà settimana Draghi continua a
lavorare nel più assoluto riserbo. Il premier incaricato sarebbe tornato a
sentire anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dal quale
dovrebbe tornare a sciogliere la riserva entro la settimana (c'è chi ipotizza
tra mercoledì e giovedì). Agli atti resta il breve discorso tenuto mercoledì da
Draghi al Quirinale e che reca impresse le grandi priorità per portare il Paese
fuori da quella che ha definito una crisi economica, sanitaria, sociale ma
anche culturale ed educativa.
Gli impegni urgenti. In cima all'agenda l'ex presidente della Bce porrà la gestione dell'emergenza sanitaria e un'accelerazione del piano
vaccinale, unica via per poter costruire il rilancio. Subito il governo dovrà affrontare il nuovo dpcm anti contagio e
varare il decreto con i ristori
per i quali il Parlamento aveva approvato uno scostamento di bilancio da 32 miliardi. Poi il grande
progetto cui mettere mano è il Recovery e i partiti si aspettano di capire meglio, nel secondo giro di consultazioni, se il nuovo premier
intende riscriverlo o ripartire dalla bozza del governo Conte. Tra i primi dossier spinosi che Draghi avrà sul tavolo c'è poi la fine del blocco
dei licenziamenti, prevista a fine marzo.
Il toto-nomi. L'obiettivo
di Pd, M5s e Leu resta quello per una maggioranza omogenea e quindi - è il
ragionamento - più forte, con
l'europeista Berlusconi ma senza
l'euroscettico Salvini. Non sembra però questa la strada imboccata
da Draghi. Anzi, alcune fonti accreditano già un possibile ingresso nel governo
di Giancarlo Giorgetti. E l'ipotesi che si affaccia è che torni a Palazzo Chigi
da sottosegretario alla presidenza, magari insieme a due sottosegretari per Pd
e M5s (circolano i nomi di Andrea Orlando e Stefano Patuanelli), che facciano
da camera di compensazione politica per il governo.
I più escludono che Draghi faccia della
lista dei ministri un oggetto di contrattazione con i partiti. Certo, se anche il secondo giro di consultazioni confermasse che per il M5s e per la Lega avere ministri politici è una condizione, difficile che
il premier si sottragga. Di qui le ipotesi di Luigi Di Maio, magari ancora alla Farnesina, di Giuseppe Conte (nonostante le smentite:
ieri a tarda sera ha detto che non farà parte del Governo), di Antonio Tajani agli Affari Europei, e Roberto Speranza alla Salute.
Per l'economia non si esclude che Draghi
possa tenere l'interim o incaricare Daniele Franco (Bankitalia). Per ministeri
economici si fanno anche i nomi di Francesca Bria, Marcella Panucci, Dario Scannapieco,
Lucrezia Reichlin. Agli Esteri potrebbe andare Elisabetta Belloni, al Viminale
restare Luciana Lamorgese e alla Giustizia Marta Cartabia o Paola Severino, a
segnare una forte presenza di donne.
Serenella Mattera
Articolo Unione Sarda del 05.02.2021
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Federico Marini
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