lunedì 8 febbraio 2021

Dopo un duro scontro mediatico e politico, Eluana Englaro muore all'ospedale di Udine.


 

(09 Febbraio 2009) Muore ad Udine Eluana Englaro. Il fatale incidente stradale accadde il 18 gennaio 1992, al ritorno da una festa a Pescate, paese non lontano da Lecco. La giovane Eluana, che aveva da poco compiuto 21 anni e frequentava la facoltà di Lingue all'Università di Milano, perse il controllo dell'automobile a causa del fondo stradale gelato e si schiantò contro un palo della luce e quindi contro un muro. La ragazza riportò lesioni craniche gravissime ed una frattura con danni irreversibili alla seconda vertebra che causò un'immediata paresi di tutti e quattro gli arti. All'arrivo dei soccorsi, la giovane era in coma.

 Dopo alcuni mesi nel reparto di Terapia Intensiva degli ospedali di Lecco e Sondrio, Eluana uscì dal coma ma, proprio a causa delle lesioni cerebrali estese ed irreversibili, fu dichiarata in "stato vegetativo", condizione che esclude la coscienza di sé e del mondo circostante, e dunque la possibilità di comunicare o interagire in alcun modo con l'ambiente esterno, relegando il paziente in una condizione perpetua di totale incoscienza.

 Nel 2007 la Corte di cassazione ha autorizzato il giudice a sospendere il trattamento in presenza di due circostanze, ovvero: a) lo stato vegetativo irreversibile della paziente; b) l’accertamento che questa, se cosciente, non avrebbe prestato il proprio consenso alla continuazione del trattamento. Nel luglio del 2008 anche la Corte d’appello di Milano ha acconsentito alla sospensione, ma la Regione Lombardia ha rifiutato di indicare una struttura nella quale poter eseguire la sentenza (sostenendo che il personale sanitario sarebbe venuto meno ai propri obblighi professionali e di servizio).

 Nel novembre dello stesso anno la Corte di cassazione ha confermato la sentenza e nel febbraio 2009 Eluana è stata trasferita in una clinica di Udine (disponibile ad arrestare l’alimentazione artificiale). Alle 20.24 del 9 febbraio 2009, il dottor Amato del Monte, primario di rianimazione della clinica “La Quiete” di Udine, telefonò a Beppino Englaro per comunicargli che 15 minuti prima, alle 20.10, sua figlia Eluana era deceduta dopo 17 anni di coma vegetativo.

 Tre giorni prima, il 6 febbraio, i medici aveva sospeso l’alimentazione e l’idratazione artificiale che tenevano in vita Eluana. Per ottenere questo risultato, la famiglia Englaro affrontò undici anni di processi, quindici sentenze della magistratura italiana e una della Corte Europea, l’opposizione del governo in carica e le proteste, le manifestazioni e gli appelli di numerose associazioni, in gran parte cattoliche (sostenendo, in poche parole, che solo Dio aveva potere di determinazione sulla vita degli esseri umani).

 In particolare, le Suore Misericordine, che dal 1994 in poi si occuparono di Eluana presso la casa di cura Beato Luigi Talamoni di Lecco, si rifiutarono d’interrompere l'idratazione e l'alimentazione forzate manifestando la disponibilità a continuare ad assistere la donna e chiedendo al padre di abbandonare Eluana alle loro cure e dimenticarsi di lei. Per tale motivo il padre decise di trasferire la figlia presso altra struttura ove dare seguito alle sue volontà (certificate nel decreto attraverso le testimonianze). L'8 aprile 2016 una sentenza del TAR condanna la Regione Lombardia a pagare un risarcimento danni di circa 143mila euro per la decisione via decreto, presa nel 2008 dall'allora presidente Roberto Formigoni, di vietare la sospensione delle terapie.

 Il caso Englaro ha alimentato il dibattito sul testamento biologico (già vivo in Italia dopo le vicende di P. Welby e L. Coscioni), ed ha ispirato anche il film di M. Bellocchio "Bella addormentata" (2012). Il 14 Dicembre del 2017 il Parlamento approvò il primo testo di legge che regola e disciplina le DAT (dichiarazioni anticipate di trattamento), le quali prevedono espressamente le possibilità in cui delle dichiarazioni precedentemente rese da un paziente in stato d'incoscienza siano vincolanti per il medico curante, così attuando il prescritto del secondo comma dell'articolo 32 della Costituzione, che afferma "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”

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