(09
Febbraio 2009) Muore ad Udine Eluana Englaro. Il fatale
incidente stradale accadde il 18 gennaio 1992, al ritorno da una festa a
Pescate, paese non lontano da Lecco. La giovane Eluana, che aveva da poco
compiuto 21 anni e frequentava la facoltà di Lingue all'Università di Milano,
perse il controllo dell'automobile a causa del fondo stradale gelato e si
schiantò contro un palo della luce e quindi contro un muro. La ragazza riportò
lesioni craniche gravissime ed una frattura con danni
irreversibili alla seconda vertebra che causò un'immediata paresi di tutti e
quattro gli arti. All'arrivo dei soccorsi, la giovane era in coma.
Dopo
alcuni mesi nel reparto di Terapia Intensiva degli ospedali di Lecco e Sondrio,
Eluana uscì dal coma ma, proprio a causa delle lesioni cerebrali estese ed
irreversibili, fu dichiarata in "stato vegetativo",
condizione che esclude la coscienza di sé e del mondo circostante, e dunque la
possibilità di comunicare o interagire in alcun modo con l'ambiente esterno,
relegando il paziente in una condizione perpetua di totale incoscienza.
Nel 2007 la Corte di cassazione ha autorizzato il giudice a
sospendere il trattamento in presenza di due circostanze, ovvero:
a) lo stato vegetativo irreversibile della paziente; b) l’accertamento che
questa, se cosciente, non avrebbe prestato il proprio consenso alla
continuazione del trattamento. Nel luglio del 2008 anche la Corte d’appello di
Milano ha acconsentito alla sospensione, ma la Regione
Lombardia ha rifiutato di indicare una struttura nella quale poter eseguire la
sentenza (sostenendo che il personale sanitario sarebbe venuto meno ai
propri obblighi professionali e di servizio).
Nel
novembre dello stesso anno la Corte di cassazione ha confermato la sentenza e
nel febbraio 2009 Eluana è stata trasferita in una clinica
di Udine (disponibile ad arrestare l’alimentazione artificiale). Alle
20.24 del 9 febbraio 2009, il dottor Amato del Monte, primario di rianimazione
della clinica “La Quiete” di Udine, telefonò a Beppino Englaro per comunicargli che 15 minuti prima, alle 20.10, sua figlia
Eluana era deceduta dopo 17 anni di coma vegetativo.
Tre
giorni prima, il 6 febbraio, i medici aveva sospeso l’alimentazione e
l’idratazione artificiale che tenevano in vita Eluana. Per
ottenere questo risultato, la famiglia Englaro affrontò undici anni di processi,
quindici sentenze della magistratura italiana e una della Corte Europea,
l’opposizione del governo in carica e le proteste, le manifestazioni e gli appelli
di numerose associazioni, in gran parte cattoliche (sostenendo, in poche
parole, che solo Dio aveva potere di determinazione sulla vita degli esseri
umani).
In
particolare, le Suore Misericordine, che
dal 1994 in
poi si occuparono di Eluana presso la casa di cura Beato Luigi
Talamoni di Lecco, si rifiutarono d’interrompere l'idratazione e l'alimentazione
forzate manifestando la disponibilità a continuare ad assistere la donna e
chiedendo al padre di abbandonare Eluana alle loro cure e dimenticarsi di lei. Per
tale motivo il padre decise di trasferire la figlia presso altra struttura ove
dare seguito alle sue volontà (certificate nel decreto attraverso le
testimonianze). L'8 aprile 2016 una sentenza del TAR condanna la Regione
Lombardia a pagare un risarcimento danni di circa 143mila euro
per la decisione via decreto, presa nel 2008 dall'allora
presidente Roberto Formigoni, di vietare la sospensione
delle terapie.
Il
caso Englaro ha alimentato il dibattito sul testamento biologico (già vivo in
Italia dopo le vicende di P. Welby e L. Coscioni), ed ha ispirato anche il film
di M. Bellocchio "Bella addormentata" (2012). Il 14 Dicembre del 2017 il Parlamento approvò il primo testo di legge che
regola e disciplina le DAT (dichiarazioni anticipate di trattamento), le
quali prevedono espressamente le possibilità in cui delle dichiarazioni
precedentemente rese da un paziente in stato d'incoscienza siano vincolanti per
il medico curante, così attuando il prescritto del secondo
comma dell'articolo 32 della Costituzione, che afferma "Nessuno
può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per
disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti
dal rispetto della persona umana.”
Nessun commento:
Posta un commento