venerdì 12 febbraio 2021

(12 Febbraio 1980) Le Brigate Rosse uccidono Vittorio Bachelet


 

“Preghiamo per i nostri governanti: per il nostro presidente Sandro Pertini, per Francesco Cossiga. Preghiamo per tutti i giudici, per tutti i poliziotti, i carabinieri, gli agenti di custodia, per quanti oggi nelle diverse responsabilità, nella società, nel Parlamento, nelle strade continuano in prima fila la battaglia per la democrazia con coraggio e amore. Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri”. (Giovanni Bachelet, dal pulpito, durante i funerali del padre, ucciso dalla Brigate Rosse)

 (12 Febbraio 1980) Le Brigate Rosse uccidono Vittorio Bachelet, grande amico di Aldo Moro e vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. L’agguato avviene al termine di una lezione all’Università La Sapienza di Roma, mentre Bachelet conversa con la sua assistente, Rosy Bindi. Durante il rito funebre, in diretta televisiva, il figlio Giovanni prega per gli uccisori del padre e, a nome della famiglia, annuncia il perdono. Quattro anni dopo, un fratello di Vittorio, il padre gesuita Adolfo, riceve una lettera firmata da 18 brigatisti rossi in cui si intuisce che la frase di perdono di Giovanni era riuscita a raggiungere le loro coscienze.

 Bachelet era stato presidente dell'Azione Cattolica Italiana (A.C.R.) dal 1964 al 1973, si adoperò perché l'associazione si conformasse allo spirito e al dettato del Concilio Vaticano II, promuovendo una maggiore democratizzazione della sua vita interna e un progressivo distacco dall'impegno politico diretto. Professore di diritto amministrativo all'università di Trieste (1962), all'università "Pro Deo" (1966) e all'università di Roma, nel dicembre 1976 fu eletto vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura.

 Iscritto alla Democrazia Cristiana, amico, consigliere ed ammiratore di Aldo Moro, Bachelet viene eletto nel Consiglio comunale di Roma nel giugno del 1976. Ed è nello stesso anno, il 21 dicembre, che Bachelet viene eletto vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura come membro "laico", (eletto dal Parlamento). Ed è proprio in funzione di questo ruolo che Bachelet diviene un obiettivo delle Br, che contro i magistrati in quegli anni hanno in atto una vera e propria guerra, come altre sigle dell'eversione di sinistra. Bachelet rappresenta in qualità di vicepresidente del Csm, di fatto il 'capo' dei magistrati italiani. La presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura spetta infatti al Presidente della Repubblica, che ha però un ruolo più di garanzia che di sostanza.

 Bachelet, nato a Roma il 20 febbraio del 1926, era l’ultimo di 9 fratelli. Figlio di un ufficiale dell’esercito, entra a far parte dell’Azione Cattolica iscrivendosi presso il circolo parrocchiale di S. Antonio di Savena a Bologna, dove allora viveva la sua famiglia. Nel 1959 Bachelet diviene uno dei principali dirigenti nazionali di Ac. E’ infatti in quell’anno che Papa Giovanni XXIII lo nomina vicepresidente nazionale per poi diventare, nel 1964, Presidente Generale nominato questa volta da Paolo VI.

 Se il rapporto con l’Azione Cattolica rappresenta probabilmente la pagina più ampia, non è l'unica. Dopo la maturità classica conseguita al liceo Tasso di Roma, Bachelet si laurea con una tesi in diritto del lavoro, e subito dopo diventa assistente volontario presso la cattedra di Diritto amministrativo dell'Università La Sapienza iniziando la sua carriera accademica che lo porterà, nel 1957, al ruolo di professore universitario. Prima come docente di Diritto amministrativo presso la Scuola di applicazione della Guardia di Finanza e presso l'Università di Pavia, poi presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Trieste e, dal 1974, come professore ordinario di Diritto pubblico dell'economia presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università La Sapienza di Roma.

 

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