lunedì 25 gennaio 2021

Intervista a Luca Pani, ordinario di Farmacologia e Farmacologia clinica all'Università di Modena


 


Professore, cosa pensa della Sardegna in zona arancione?

«Potrei sbagliarmi ma mi pare che il Governo abbia messo la Sardegna in zona arancione perché, tra le altre cose, i posti di terapia intensiva erano occupati al 31% anziché al 30%. Ovvero 2 letti di differenza. Se fosse così sarebbe grave, perché significa non capire niente delle dinamiche di occupazione delle Rianimazioni per cui esistono dati storici di mesi, che vanno consultati per capire se si tratta di un picco isolato o di una tendenza stabile. Ma il problema è un altro».

Quale?

«Questo è solo un parametro, un altro è il famigerato indice di trasmissione Rt. Qualunque calcolo si voglia fare bisogna tener conto anche della condizione di insularità della Sardegna e correggere i risultati degli algoritmi. Mi spiego: se abbiamo un indice Rt di circa 0,95 come in altre regioni, ma in Sardegna la densità di popolazione è di 67 abitanti per chilometro quadrato mentre in Emilia Romagna è di 199 e in Lazio di 340, si capisce che le trasmissioni infettive saranno completamente diverse. Non ci vuole uno scienziato per capirlo», dice Luca Pani, ordinario di Farmacologia e Farmacologia clinica all'Università di Modena e Reggio Emilia e di Psichiatria Clinica all'Università di Miami, ex direttore generale dell'Aifa dal 2011 al 2016 .

Come sarà il 2021?

«Sarà ancora completamente “pandemico”, perché questa è un'epidemia globale e quindi si muove e va giudicata su scala planetaria. Non dobbiamo commettere il solito errore di pensare che il mondo sia solo quello cosiddetto occidentale. C'è molta preoccupazione per l'Africa, buona parte dell'Asia e per il Sud America».

Lei vive a Miami, com'è lì la situazione?

«Nonostante la situazione in tutta la Florida - che non è praticamente mai andata in lockdown - sia grave, con 1,6 milioni di casi e quasi 25.000 decessi, nella nostra Università la situazione è sotto controllo. Negli ultimi mesi del 2020 abbiamo testato quasi 70mila studenti, e dall'inizio dell'anno altri 6mila e trovato 127 positivi (il 2,4%). Ottantotto di questi giovani sono al momento in isolamento o in quarantena attiva ma non abbiamo avuto bisogno di ricoverare nessuno. Questi dati sono a disposizione di tutti, abbiamo un cruscotto on line pubblico».

In Italia ci sono esperti che sostengono che ora è il momento di chiudere tutto almeno per un mese: è d'accordo?

«No. A me pare che i lockdown in Italia siano stati usati come ultima risorsa, sacrosanta, per carità, per evitare il tracollo delle rianimazioni. Ma allora, se era così, bisognava dirlo chiaramente ai cittadini. È vero che se cade il bastione delle rianimazioni viene giù tutto, ma se nel frattempo, come è successo in estate, non si mettono in atto misure per preparasi alle ondate successive, peraltro perfettamente prevedibili con un virus del genere, è inutile fare dei lockdown di contenimento».

Dilemma scuole: aperte o chiuse?

«Le scuole vanno tenute sempre aperte altrimenti i danni per un'intera generazione saranno molto più gravi del Covid e lo stiamo già vedendo. Peraltro i bambini sotto i 10 anni praticamente non si ammalano quasi mai e i ragazzi, a meno che non abbiano altre patologie, hanno tassi di infezione e contagiosità molto bassi. Oltretutto i nostri adolescenti non sono certo stupidi, e capiscono che non sono loro il problema».

Pensa che per la Sardegna essere Covid free in estate sia possibile?

«Credo che si possano ottenere grandi risultati, perché l'insularità ha dei chiari vantaggi dal punto di vista dell'organizzazione sanitaria, ma questa organizzazione deve essere precisa al millimetro, ed eseguita in modo praticamente militare se si vuole centrare un obiettivo ambiziosissimo come essere Covid free in 5 mesi».

Lo screening di massa in corso nell'Isola con test antigenici è utile ora?

«Assolutamente sì, il controllo di questa pandemia si basa su test massivi, possibilmente automatizzati, tracciamento e identificazione biometrica digitale e isolamento degli individui positivi con trattamenti domiciliari, da quelli più semplici fino agli anticorpi monoclonali neutralizzanti, senza farli arrivare in ospedale se non clinicamente necessario. Il fatto che l'Italia non stia usando questi anticorpi è inconcepibile».

Vaccini, dobbiamo essere ottimisti?

«Mai visto sviluppare vaccini con questa efficacia in 10 mesi, quello che ha fatto la Scienza non ha precedenti. Possiamo e dobbiamo essere ottimisti. Le produzioni andranno a regime a breve e tutti potranno essere vaccinati. Io ho appena fatto il richiamo, e i fastidi sono praticamente inesistenti».

È normale che le case farmaceutiche decidano quello che vogliono sulle quantità da consegnare?

«No, ma generalmente hanno motivi validi, per esempio un controllo di qualità che non ha superato gli standard rigorosissimi a cui sono sottoposte le produzioni, oppure perché nella catena di produzione è mancato un principio attivo essenziale. Quando le produzioni sono spinte a centinaia di milioni di dosi come in questo periodo può capitare, ma a me pare che il problema non sia tanto la fornitura, per ora, quanto la distribuzione e la somministrazione».

È corretta una campagna che dà la precedenza agli anziani? O bisognerebbe vaccinare prima i giovani, come fa l'Indonesia? «Sarebbe scientificamente più logico proteggere le categorie produttive e coloro che possono diffondere il virus senza avere sintomi, ma dobbiamo tener conto di altri fattori, compreso il fatto che la mortalità è altissima nelle fasce anziane. Negli Stati Uniti, che contano oltre 400mila morti da Covid, quasi la metà avevano oltre 75 anni e solo 600 meno di 24 anni».

Come vede il certificato vaccinale e il passaporto sanitario?

«Sarebbe un'ottima idea come, in generale, qualunque iniziativa che tenga una traccia possibilmente digitale e organizzata per consentirci di studiare e analizzare quanto stiamo facendo per combattere questa guerra senza quartiere che, vorrei ribadirlo, non è ancora minimamente finita».

 

Cristina Cossu

 


Articolo Nuova Sardegna del 21.01.2021 
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Federico Marini
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