lunedì 7 giugno 2021

Stagionali introvabili turismo a rischio paralisi. Tra le cause la difficoltà di trovare professionisti e il netto calo delle paghe.


 

È il tormentone di questo inizio d'estate, ma ha radici molto più datate. La difficoltà di reperire personale per la stagione turistica aveva già bussato alle porte degli imprenditori quando la pandemia poteva al massimo essere immaginata da qualche cineasta particolarmente fantasioso. Le incertezze dell'epoca Covid sommate alle ruggini della cortissima stagione passata hanno solo evidenziato un problema già noto, che rischia di paralizzare un intero settore. In più ci sono i sussidi e la proverbiale scusa del "chi me lo fa fare?" affibbiata ai lavoratori che ricevono il reddito di cittadinanza. Eppure, non sarebbe il sussidio governativo l'unica causa della penuria di stagionali del turismo in questo inizio d'estate. E su questo sono d'accordo sia i datori di lavoro sia i lavoratori. I motivi dell'estinzione degli stagionali del turismo sono altri.

 

Gli imprenditori. Il primo punto è chiaro: «Basta con questa storia degli stipendi da fame, è una generalizzazione - attacca Paolo Manca, presidente di Federalberghi -. Non si possono equiparare le figure professionali a chi ha lavorato tre mesi in chiosco e pretende di essere un barman. In questo momento facciamo fatica a trovare personale, è vero, ma proprio per questo motivo le persone qualificate non hanno problemi a trovare stipendi adeguati. Anzi, è probabile che siano loro a fare il prezzo. Ad esempio, è molto complicato trovare un Capo partita (lo chef che si occupa di dirigere precisi settori della cucina, ndr) libero, figuriamoci se poi gli si presentasse un contratto ridicolo. Sarebbe un suicidio. Ci sono persone che propongono stipendi da fame, questo non lo nego, ma di certo non assumono lavoratori qualificati».

 

Secondo Manca il problema è molto più radicato: «La verità è che manca un piano strategico di formazione in grado di avvicinare, ad esempio, la scuole alberghiere alle università o al mondo del lavoro. Non parliamo di lavoretti estivi, mancano i professionisti, quelli che sanno lavorare, e mancano perché sono sempre meno quelli che scelgono questo lavoro come professione. La pandemia ha solo aumentato un disordine che esiste da anni».

 

I lavoratori. Sulla questione degli stipendi, i lavoratori stagionali la pensano diversamente: «È complicatissimo trovare personale, lo sappiamo, ma tante aziende hanno proposto stipendi ridotti o dimezzati - spiega Valerio Garau, responsabile dell'Anls, l'associazione nazionale dei lavoratori stagionali - e molti hanno preferito fare le valigie e andare altrove, dove venivano proposte paghe dignitose. Parlo di 500, anche 600 euro in meno ogni mese. Un calo che ci ha fatto perdere lo zoccolo duro degli stagionali che, dopo le incertezze della scorsa stagione, hanno fatto scelte diverse. Anche perché molti di noi non hanno visto un euro di ristori e certo non potevano permettersi una stagione da sottopagati».

 

Ma gli stipendi ridotti sono solo una delle cause della penuria di personale: «Lavorare in sicurezza in un momento come questo non significa che non si rischi, soprattutto per chi è a contatto con il pubblico - continua Garau - eppure non è mai stata prevista un'indennità di rischio nella busta paga. Le tutele sono poche e sono anche fatte male. Ecco perché molti hanno preferito fare altro. Ma ci sono anche le persone che scelgono i sussidi, non lo nego. Forse pensano che arrivino bonus a bizzeffe ma in questo caso hanno fatto male i conti perché dopo i 2600 assegnati per il trimestre gennaio-marzo e i 1400 per il bimestre aprile/maggio, i soldi sono finiti non arriverà altro».

 

Poi ci sono i lavoratori qualificati che, secondo Garau, sono finiti nello stesso calderone di chi fa lo stagionale per arrotondare: «Si dovrebbe partire da un presupposto facile facile: le persone qualificate devono essere pagate. Le aziende se lo devono mettere in testa perché anche se c'è il Covid noi le nostre ore ce le sbucciamo lo stesso. Non è passato molto tempo da quando un cameriere qualificato riusciva a guadagnare molti soldi, ora quando va bene vengono offerti contratti omnicompresivi da 1200 euro al mese. Sono cifre ridicole perché un professionista è un lavoratore che si aggiorna, che segue corsi di formazione e che impara le lingue. Lo dice la parola, è un professionista e come tale deve esser trattato. Anche con la pandemia».

 

di Claudio Zoccheddu

 

 

 

Articolo “La Nuova Sardegna” del 07.06.2021

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Federico Marini

marini.federico70@gmail.com

skype: federico1970ca

 

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