giovedì 17 giugno 2021

Le società occidentali perdono i pilastri che sostengono la vita comunitaria. Di Vincenzo Maria D'Ascanio


 

Spesso critichiamo la società in cui viviamo, e spesso abbiamo ragione. Parliamo dei diritti mancati, di una collettività immatura, di una democrazia inesistente, dove le persone votano con la pancia e non col cervello. Teniamo a ribadire che viviamo in una società che sta retrocedendo invece che avanzando, poiché i valori di un tempo non sono stati sostituiti con nuovi valori o con valori sballati, come quelli dettati dal consumismo. Ricordiamo i diritti cancellati (come nel mondo del lavoro) oppure quelli non riconosciuti (come quelli degli omosessuali, giusto per fare un esempio attualmente in voga).

 

Tuttavia proprio in questi giorni sto editando un libro scritto da una signora un po’ più giovane dei miei genitori, e che appartiene al mio territorio originario, ovvero l’Ogliastra. Inoltre ieri ho visto un documentario che parlava della vita tra i “Sassi di Matera,” ovvero quelle particolari alloggi (non mi sento di chiamare delle grotte col nome “case”) costruite all’interno della roccia e abitate da generazioni millenarie di esseri umani. Nello specifico anche mia madre andava in giro scalza come i bambini di quei rioni, ma aveva il tempo di giocare, come suo padre aveva il tempo di sedersi e scambiare quattro chiacchiere con i compaesani del vicinato.

 

Infatti la comunità stanziata nei “Sassi” era ridotta ai minimi termini. Vivevano appunto in delle grotte sino alla metà degli anni cinquanta, e tutto l’arco della giornata era dedicato a raggiungere i terreni agricoli e dunque il lavoro. Quali diritti potevano avere queste persone, che non avevano nemmeno l’acqua corrente o i servizi igienici più elementari? Condividevano l’unico vano della grotta con gli animali e possiamo dunque immaginare il fetore presente. Sembra di parlare di chissà quale era primitiva, invece sto parlando di quanto? Anno più o anno meno 70, 75 anni.

 

Forse ho utilizzato un esempio limite, ma la situazione nell’Italia post bellica era la medesima in diverse regioni, non sempre appartenenti al Meridione. Come esempio potrei citare il Friuli oppure il Veneto, dove l’unica speranza era emigrare alla ricerca di un posto al sole, esattamente come oggi fanno i cittadini delle più disgraziate e sfortunate aree del pianeta. I diritti di tante persone erano ridotti a zero anche nelle democrazie più avanzate, pensiamo agli arresti degli omosessuali nell’Inghilterra o negli USA degli anni ’50 (dove intere comunità erano allontanate e segregate).

 

Dunque a mio parere oggi non stiamo vivendo una regressione nel campo dei diritti sociali, civili o politici, ma stiamo attraversando una fase di “abbruttimento sociale,” se posso utilizzare un’espressione rozza nella forma ma non nella sostanza. La nostra società e in generale tutte le società occidentali stanno perdendo i pilastri che un tempo sostenevano il vivere comune. Abbiamo perso irreparabilmente l’eleganza nei rapporti umani, la solidarietà tra uomini e donne, il sentirci parte di qualcosa che una partita di calcio non potrà permetterci di recuperare. Quelle comunità misere che prima citavo come esempio erano più felici, una felicità motivata anche da regole condivise cementate più dalla consuetudine che dal diritto. La competitività tra individui, il carrierismo sfrenato, la paura dei rapporti umani ci dominano, perché non siamo capaci di avere fede in nulla, elemento che sto cominciando a notare anche tra i più giovani. Una cosa spaventosa.

Vincenzo Maria D'Ascanio

vimdascanio@tiscali.it

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