giovedì 17 giugno 2021

Come ci vedono gli altri. Virgilio Lilli (1907 – 1976). Di Francesco Casula.


 

Virgilio Lilli, giornalista e scrittore, nasce a Cosenza il 7 febbraio 1907 e muore a Zurigo il 16 gennaio 1976. A pochi mesi dalla sua nascita la famiglia, per motivi di lavoro del padre, si trasferì nelle Marche e in seguito in Emilia, trascorre così gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza tra Fermo, Pesaro e Bologna. Conseguita a soli 15 anni la maturità classica, nel 1922 si iscrisse alla facoltà di ingegneria dell'Università di Bologna, che però abbandonò con l'intenzione di dedicarsi a tempo pieno al giornalismo in cui aveva esordito ventenne, sul quotidiano Il Resto del Carlino, come critico teatrale. Nel 1929 iniziò la sua collaborazione a La Tribuna, che durò sino al 1932, quando fu licenziato per le sue idee antifasciste.

 

Nel 1934 venne assunto al Corriere della Sera, dapprima come collaboratore della "terza pagina" e critico musicale, quindi, dal 1935, come inviato speciale. Tra il 1935 e il 1939 fu corrispondente in Etiopia, al seguito della spedizione italiana, e in Spagna, dove seguì alcune fasi della guerra civile; fu quindi a Monaco, in occasione del convegno, e ancora in Olanda, Danimarca, Grecia e Russia, entrando a far parte, insieme con Luigi Barzini junior, Orio Vergani, Egisto Corradi, Curzio Malaparte, del gruppo degli inviati di punta del Corriere, cioè dell'élite che in quegli anni rappresentava il punto di forza del maggior quotidiano italiano. Dopo il 25 luglio 1943 venne licenziato dal nuovo direttore del Corriere, in quanto considerato compromesso con il passato regime e scrisse, ancora come inviato speciale, per svariati giornali, fino al rientro nel 1952 nel Corriere.

 

Personalità poliedrica e dai vasti interessi: si cimenta con il disegno, la musica, la fotografia, la poesia e persino con il cinema, fra l’altro curando qualche sceneggiatura, ma la sua fama è dovuta in modo particolare ai suoi grandi reportage e ai suoi scritti di viaggio, raccolti in diversi volumi. E in questa sede ci interessa proprio per un suo scritto riguardante la Sardegna e intitolato Viaggio in Sardegna con cui nel 1932, ex aequo con Elio Vittorini, vinse il premio, promosso dalla rivista L'Italia letteraria, fondata da Umberto Fracchia, per il miglior diario di viaggio redatto nel corso di una crociera di dieci giorni in Sardegna offerta dal giornale, il quale poi pubblicò anche il servizio il 1° gennaio 1933. Ad assegnare il Premio fu una Giuria di valore, formata da Grazia Deledda, Silvio Benco e Cipriano Efisio Oppo.

 

Lo scritto fu riedito postumo in volume da Carlo Delfino editore (Sassari 1999), con la presentazione di Gabriella Contini e scritti di Manlio Brigaglia e Giuseppe Fiori. Viaggio in Sardegna non fu mai rivisto dall'autore, e conserva così intatto il fascino dell'improvvisazione, tipico del reportage giornalistico; in questa circostanza l'esperienza di Lilli pittore e fotografo si somma a quella dello scrittore, che coglie gli aspetti più suggestivi dell'Isola come attraverso una serie di brevi ma intensi flashes.

 

Ma dicevamo della genesi del libro: nel settembre del 1932 L'Italia letteraria, settimanale di Lettere, Scienze e Arti, organizza una crociera di dieci giorni in Sardegna invitandovi artisti, scrittori, e giornalisti. L’originale iniziativa era stata già annunciata dal settimanale fin dal numero dell’8 maggio che in prima pagina aveva scritto: “Invito al viaggio – Fra i tanti desideri che nutrono (senza poterli soddisfare che troppo di rado) scrittori, artisti di tutte le arti, intellettuali in genere, uno dei più vivi e di meno facili a realizzarsi, è quello di vedere un po’ di mondo, di visitare a buon mercato una bella regione, di entrare in contatto con un paesaggio nuovo, un costume caratteristico, una civiltà architettonica ammirata attraverso fotografie, studi critici o narrazioni.

 

Per venire incontro a questa «aspirazione al viaggio», a questa nobile sete di conoscere L'Italia letteraria ha pensato di organizzare una appetitosissima ed estremamente economica CROCIERA in una delle meno conosciute e più belle parti d’Italia cioè a dire IN SARDEGNA. Un viaggio di otto giorni: che vuol dire otto giorni di mare e di terra, dolci riposi a bordo, agevoli e comode gite nei luoghi più interessanti dell’Isola generosa, un caleidoscopio di visioni tutte egualmente memorabili, inaspettate, stupende. Una settimana di liberazione dalle cure cittadine, dai gravosi impegni; una vacanza che sarà un arricchimento dello spirito e della salute, nella più serena, calma e fiorita stagione dell’anno”.

 

Abbinato al viaggio vi è un Concorso letterario: “Allo scopo di far sì – citiamo ancora dalla prima pagina della rivista dell’8 Maggio 1932 – che l’iniziativa non si esaurisca in se stessa ma si prolunghi idealmente al di là della sua effettuazione L’Italia letteraria ha deciso di istituire uno speciale PREMIO LETTERARIO aperto a tutti i partecipanti alla crociera per un sintetico DIARIO DEL VIAGGIO. Comunicheremo successivamente le modalità del Concorso e i nomi dei componenti la Commissione giudicatrice. Annunciamo intanto che al vincitore sarà corrisposto un premio di LIRE 5.000 e che il suo lavoro sarà pubblicato nelle colonne dell’Italia letteraria”.

 

Annunciata per il mese di giugno la crociera si svolse in realtà da domenica 18 settembre a mercoledì 28 ottobre. Vi presero parte 25 crocieristi che s’imbarcarono a Civitavecchia sulla nave Tirrenia. Manlio Brigaglia che nell’Edizione di Delfino traccia una cronistoria dell'escursione scrive che “A seguire le cronache, resta un senso di soffocamento di fronte alla densità del programma, visite mordi e fuggi ai più importanti centri e ai più rinomati monumenti dell’isola, lunghi viaggi in pulman, ricevimenti mondani, vermouth d’onore, pranzi in albergo, spettacoli folcloristici, fantasmagorie di costumi, canti e balli…”.

 

Fu un vero e proprio tour -de-force, da Tempio a Sassari, da Sassari ad Alghero, da Alghero a Macomer, da Macomer a Nuoro, da Nuoro a Oristano, da Oristano a Cagliari e nella zona mineraria dell’Iglesiente, passando attraverso innumerevoli paesi. Da Cagliari, per il rientro, una nave li portò a Porto Torres, dove i crocieristi arrivarono il lunedì 26, dopo due giorni di navigazione. Di nuovo si recano a Sassari e, dopo una breve visita alla basilica di Saccargia, all’alba di lunedì 26, imbarcatisi sulla Città di Spezia,dopo una breve sosta a La Maddalena e Caprera, salpano da Terranova per Civitavecchia, rimettendo piede in Italia.

 

“Il Viaggio in Sardegna – scrive Gabriella Contini nella presentazione all’edizione di Delfino – è un finissimo divertissement, una esercitazione: una fantasia swiftiana sul mondo oscuro e primitivo che potrebbe stare dietro l’angolo, sul lontano-vicino perturbante che potrebbe sfiorarci nel quotidiano presente, in cui la Sardegna è poco più che un pretesto per un lungo sogno ad occhi aperti”.

 

E’ un finissimo divertissement soprattutto linguistico: fin dall’inizio con la descrizione dell’Isola: una forma senza fantasia, – scrive Lilli – antibarocco e antirococò… una enorme pianta di piede stampata sull’acqua… un’isola senza smorfia… su questa grande tavola piantata nel bel mezzo del Mediterraneo stanno posati monti, fiumi, stagni, steppe, rocce pianure, piante, animali, uomini paesi e città come su un vassoio. Verrebbe la voglia di prenderla per di sotto, su tre dita, come fanno i camerieri col cabaré, e di sollevarla in aria. Voglio dire che è tutta d’un pezzo, monolitica, fatta come di cemento, infrangibile.

 

Sui suoi orizzonti, come in fotomontaggi, s’immaginano branchi di aragoste, lampade da minatori, capanne di pastori, musi di foche, corna di mufloni, frammezzo a decorazione d’erbe selvatiche di cisti, di lentischi e fichidindia, ventagli di palme, piramidi di sole, minute teste di somari, groppe di cavalli, rotoli d’orbace e cataste di tavolini di sughero.

 

Per gustare, apprezzare e fruire del divertimento linguistico su cui si esercita il giornalista Virgilio Lilli basta leggere il passo che si riporta nella Lettura. In cui la descrizione di Oliena, turgidamente espressiva e sovrabbondante di aggettivazioni e di ossimori, produce un fragoroso gioco pirotecnico e un vero e proprio carnevale lessicale: una descrizione più vicina alla fiaba che alla realtà, sia ben chiaro. Perché in una dimensione fantasmagorica l’Autore vive il Viaggio in Sardegna. E “come tutto ciò che è fiaba – scrive ancora Gabriella Contini – essa è inattingibile e fuori del tempo: terra inconsistente, separata e tagliata fuori, che, per il fatto di esistere da sempre, è legata al «mai»”.

 

“Forse per non insistere su questo sconsolato verdetto – conclude la Contini – forse per non verificare se il suo giocattolo sia poi davvero affondato, Lilli non ritorna in Sardegna (o almeno non ci ritorna in veste di scrittore) non riapre mai più il suo diario: lo dimentica e lo fa dimenticare. Restituisce la dantesca «isola de sardi» («sarà ormai per voi lontanissima, perduta in mezzo all’acqua come un astro navigante nella volta siderea») alla lontananza smemorata del mito.”


Francesco Casula

Saggista, storico della Letteratura sarda

 

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