Virgilio
Lilli, giornalista e scrittore, nasce a Cosenza il 7 febbraio 1907 e muore a
Zurigo il 16 gennaio 1976.
A pochi mesi dalla sua nascita la famiglia, per motivi di lavoro del padre, si
trasferì nelle Marche e in seguito in Emilia, trascorre così gli anni
dell'infanzia e dell'adolescenza tra Fermo, Pesaro e Bologna. Conseguita a soli
15 anni la maturità classica, nel 1922 si iscrisse alla facoltà di ingegneria
dell'Università di Bologna, che però abbandonò con l'intenzione di dedicarsi a
tempo pieno al giornalismo in cui aveva esordito ventenne, sul quotidiano Il
Resto del Carlino, come critico teatrale. Nel 1929 iniziò la sua collaborazione
a La Tribuna, che durò sino al 1932, quando fu
licenziato per le sue idee antifasciste.
Nel
1934 venne assunto al Corriere della Sera, dapprima come collaboratore della
"terza pagina" e critico musicale, quindi, dal 1935, come inviato
speciale. Tra il 1935 e il 1939 fu corrispondente in
Etiopia, al seguito della spedizione italiana, e in Spagna, dove seguì alcune
fasi della guerra civile; fu quindi a Monaco, in occasione del convegno,
e ancora in Olanda, Danimarca, Grecia e Russia, entrando a far parte, insieme
con Luigi Barzini junior, Orio Vergani, Egisto Corradi, Curzio Malaparte, del
gruppo degli inviati di punta del Corriere, cioè dell'élite che in quegli anni
rappresentava il punto di forza del maggior quotidiano italiano. Dopo il 25
luglio 1943 venne licenziato dal nuovo direttore del Corriere, in quanto
considerato compromesso con il passato regime e scrisse, ancora come inviato
speciale, per svariati giornali, fino al rientro nel 1952 nel Corriere.
Personalità
poliedrica e dai vasti interessi: si cimenta con il disegno, la
musica, la fotografia, la poesia e persino con il cinema, fra l’altro curando
qualche sceneggiatura, ma la sua fama è dovuta in modo particolare ai suoi
grandi reportage e ai suoi scritti di viaggio, raccolti in diversi volumi. E in questa sede ci interessa proprio per un suo scritto
riguardante la Sardegna e intitolato Viaggio in Sardegna con cui nel
1932, ex aequo con Elio Vittorini, vinse il premio, promosso dalla rivista
L'Italia letteraria, fondata da Umberto Fracchia, per il miglior diario di
viaggio redatto nel corso di una crociera di dieci giorni in Sardegna offerta
dal giornale, il quale poi pubblicò anche il servizio il 1° gennaio 1933. Ad
assegnare il Premio fu una Giuria di valore, formata da Grazia Deledda, Silvio
Benco e Cipriano Efisio Oppo.
Lo scritto
fu riedito postumo in volume da Carlo Delfino editore (Sassari 1999), con la
presentazione di Gabriella Contini e scritti di Manlio Brigaglia e Giuseppe
Fiori. Viaggio in Sardegna non fu mai rivisto
dall'autore, e conserva così intatto il fascino dell'improvvisazione,
tipico del reportage giornalistico; in questa circostanza l'esperienza di Lilli
pittore e fotografo si somma a quella dello scrittore, che coglie gli aspetti
più suggestivi dell'Isola come attraverso una serie di brevi ma intensi
flashes.
Ma dicevamo
della genesi del libro: nel settembre del 1932 L'Italia letteraria, settimanale
di Lettere, Scienze e Arti, organizza una crociera di dieci giorni in Sardegna
invitandovi artisti, scrittori, e giornalisti. L’originale iniziativa era stata
già annunciata dal settimanale fin dal numero dell’8 maggio che in prima pagina
aveva scritto: “Invito al viaggio – Fra i tanti desideri che nutrono (senza
poterli soddisfare che troppo di rado) scrittori, artisti di tutte le arti,
intellettuali in genere, uno dei più vivi e di meno facili a realizzarsi, è
quello di vedere un po’ di mondo, di visitare a buon mercato una bella regione,
di entrare in contatto con un paesaggio nuovo, un costume caratteristico, una
civiltà architettonica ammirata attraverso fotografie, studi critici o
narrazioni.
Per venire
incontro a questa «aspirazione al viaggio», a questa nobile sete di conoscere
L'Italia letteraria ha pensato di organizzare una appetitosissima ed
estremamente economica CROCIERA in una delle meno conosciute e più belle parti
d’Italia cioè a dire IN SARDEGNA. Un viaggio di otto giorni: che vuol dire otto
giorni di mare e di terra, dolci riposi a bordo, agevoli e comode gite nei
luoghi più interessanti dell’Isola generosa, un caleidoscopio di visioni tutte
egualmente memorabili, inaspettate, stupende. Una settimana di liberazione
dalle cure cittadine, dai gravosi impegni; una vacanza che sarà un
arricchimento dello spirito e della salute, nella più serena, calma e fiorita
stagione dell’anno”.
Abbinato
al viaggio vi è un Concorso letterario: “Allo scopo di far sì – citiamo
ancora dalla prima pagina della rivista dell’8 Maggio 1932 – che l’iniziativa
non si esaurisca in se stessa ma si prolunghi idealmente al di là della sua
effettuazione L’Italia letteraria ha deciso di istituire uno speciale PREMIO
LETTERARIO aperto a tutti i partecipanti alla crociera per un sintetico DIARIO
DEL VIAGGIO. Comunicheremo successivamente le modalità del Concorso e i nomi
dei componenti la Commissione giudicatrice. Annunciamo intanto che al vincitore
sarà corrisposto un premio di LIRE 5.000 e che il suo lavoro sarà pubblicato
nelle colonne dell’Italia letteraria”.
Annunciata
per il mese di giugno la crociera si svolse in realtà da domenica 18 settembre
a mercoledì 28 ottobre. Vi presero parte 25 crocieristi che s’imbarcarono a
Civitavecchia sulla nave Tirrenia. Manlio Brigaglia che nell’Edizione di
Delfino traccia una cronistoria dell'escursione scrive che “A seguire le
cronache, resta un senso di soffocamento di fronte alla densità del programma,
visite mordi e fuggi ai più importanti centri e ai più rinomati monumenti
dell’isola, lunghi viaggi in pulman, ricevimenti mondani, vermouth d’onore,
pranzi in albergo, spettacoli folcloristici, fantasmagorie di costumi, canti e
balli…”.
Fu un vero
e proprio tour -de-force, da Tempio a Sassari, da Sassari ad Alghero, da
Alghero a Macomer, da Macomer a Nuoro, da Nuoro a Oristano, da Oristano a
Cagliari e nella zona mineraria dell’Iglesiente, passando attraverso
innumerevoli paesi. Da Cagliari, per il rientro, una nave li portò a Porto
Torres, dove i crocieristi arrivarono il lunedì 26, dopo due giorni di
navigazione. Di nuovo si recano a Sassari e, dopo una breve visita alla
basilica di Saccargia, all’alba di lunedì 26, imbarcatisi sulla Città di
Spezia,dopo una breve sosta a La Maddalena e Caprera, salpano da Terranova per
Civitavecchia, rimettendo piede in Italia.
“Il
Viaggio in Sardegna – scrive Gabriella Contini nella presentazione all’edizione
di Delfino – è un finissimo divertissement, una esercitazione: una
fantasia swiftiana sul mondo oscuro e primitivo che potrebbe stare dietro
l’angolo, sul lontano-vicino perturbante che potrebbe sfiorarci nel quotidiano
presente, in cui la Sardegna è poco più che un pretesto per un lungo sogno ad
occhi aperti”.
E’ un
finissimo divertissement soprattutto linguistico: fin dall’inizio con la
descrizione dell’Isola: una forma senza fantasia, – scrive Lilli – antibarocco
e antirococò… una enorme pianta di piede stampata sull’acqua… un’isola senza
smorfia… su questa grande tavola piantata nel bel mezzo
del Mediterraneo stanno posati monti, fiumi, stagni, steppe, rocce pianure,
piante, animali, uomini paesi e città come su un vassoio. Verrebbe la
voglia di prenderla per di sotto, su tre dita, come fanno i camerieri col
cabaré, e di sollevarla in aria. Voglio dire che è tutta d’un pezzo,
monolitica, fatta come di cemento, infrangibile.
Sui suoi
orizzonti, come in fotomontaggi, s’immaginano branchi di aragoste, lampade da
minatori, capanne di pastori, musi di foche, corna di mufloni, frammezzo a
decorazione d’erbe selvatiche di cisti, di lentischi e fichidindia, ventagli di
palme, piramidi di sole, minute teste di somari, groppe di cavalli, rotoli
d’orbace e cataste di tavolini di sughero.
Per
gustare, apprezzare e fruire del divertimento linguistico su cui si esercita il
giornalista Virgilio Lilli basta leggere il passo che si riporta nella Lettura.
In cui la descrizione di Oliena, turgidamente espressiva e sovrabbondante di
aggettivazioni e di ossimori, produce un fragoroso gioco pirotecnico e un vero
e proprio carnevale lessicale: una descrizione più vicina alla fiaba che alla
realtà, sia ben chiaro. Perché in una dimensione
fantasmagorica l’Autore vive il Viaggio in Sardegna. E “come tutto ciò
che è fiaba – scrive ancora Gabriella Contini – essa è inattingibile e fuori
del tempo: terra inconsistente, separata e tagliata fuori, che, per il fatto di
esistere da sempre, è legata al «mai»”.
“Forse per
non insistere su questo sconsolato verdetto – conclude la Contini – forse per
non verificare se il suo giocattolo sia poi davvero affondato, Lilli non ritorna in Sardegna (o almeno non ci ritorna in
veste di scrittore) non riapre mai più il suo diario: lo dimentica e lo fa
dimenticare. Restituisce la dantesca «isola de sardi» («sarà ormai per
voi lontanissima, perduta in mezzo all’acqua come un astro navigante nella
volta siderea») alla lontananza smemorata del mito.”
Francesco Casula
Saggista,
storico della Letteratura sarda
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