(21 Giugno 1976) Il Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer ottiene
uno straordinario risultato alle elezioni politiche del 21 giugno 1976. Con il 34,4 per cento delle preferenze arriva a pochissimi punti di
distanza dalla Democrazia Cristiana. Per la
prima volta nella storia della Repubblica si parla realisticamente dell’ipotesi
del “sorpasso” del PCI ai danni della DC. Nel '76 inoltre il diritto al voto è
esteso per la prima volta ai diciottenni. La campagna elettorale aveva assunto
toni di grande nervosismo. Resta nella
memoria il famoso appello di Indro Montanelli, che, spaventato da una possibile
vittoria comunista, aveva scritto “turatevi il naso ma votate DC”.
La situazione sociale italiana era inquietante. Il terrorismo nero progrediva nell'attuazione della strategia della
tensione con violenze e stragi (in particolare nel 1974 quelle di piazza della
Loggia a Brescia e dell'Italicus). Sull’altro Fronte le Brigate Rosse e altre
sigle della lotta armata seminavano sangue e terrore con omicidi, sequestri e
sommari processi proletari. In questo
contesto la VI legislatura aveva visto il susseguirsi di sei governi e tre
presidenti del Consiglio in soli 4 anni. La
coalizione del centrosinistra era ormai in crisi e il solo centro non aveva la
forza politica per rispondere alle esigenze della nazione. Le uniche riforme attuate
riguardarono temi sociali, su cui poteva esserci una più ampia convergenza; in
particolare risalgono al 1975 la riforma del diritto di famiglia, che sanciva
la parità dei coniugi, e l'abbassamento della maggiore età da 21 a 18 anni.
In questo periodo la Democrazia Cristiana vide la propria forza assottigliarsi
sempre più. Infatti nel 1974 i democristiani furono
pesantemente sconfitti nel referendum abrogativo sul divorzio e alle regionali dell'anno successivo il vantaggio sui comunisti si
ridusse a meno di due punti percentuali, inoltre le conseguenze dello scandalo
Lockheed facevano temere un sorpasso. In molti cominciavano a pensare che fosse
necessaria una svolta politica e ritenevano ormai inevitabile il coinvolgimento
del PCI nel Governo.
Analoghi ragionamenti venivano espressi esplicitamente dal segretario
comunista Enrico Berlinguer nel 1973. La
nascita di gruppi di estrema sinistra alternativi al PCI e del terrorismo rosso
aveva costretto il partito a ripensare il proprio collocamento. Inoltre i
comunisti erano usciti rafforzati dall'autunno caldo e potevano realisticamente
puntare al primato elettorale, ma in questo caso, secondo Berlinguer, un
governo comunista avrebbe innescato la reazione della destra portando a
conseguenze estreme e imprevedibili. Era quindi
necessario che le forze comuniste, socialiste e cattoliche collaborassero
nell'interesse del Paese.
Il nuovo governo si trovava in una situazione politica difficile: doveva
accettare l'appoggio esterno comunista, e allo stesso tempo sapeva che gli alleati dell'Italia, (in particolare gli Stati Uniti) sorvegliavano con
molta attenzione lo sviluppo degli avvenimenti. I
cambiamenti del PCI, il riconoscimento – da parte di Berlinguer – che la NATO poteva
essere considerato un “ombrello utile”, non avevano dissipato i sospetti. In un
convegno del G7 a San Juan, Aldo Moro – in quel momento ancora Presidente del
Consiglio – aveva dato le sue assicurazioni. Ma da una dichiarazione di Helmut
Schmidt resa nota il 19 luglio 1976 si seppe che, assenti gli italiani, Gerald
Ford e Henry Kissinger per gli Stati Uniti, Schmidt per la Germania Ovest,
James Callaghan per il Regno Unito e Michel Debré per la Francia avevano tenuto
una riunione, in cui si decise che l'Italia non avrebbe avuto né un dollaro né
alcun'altra forma di aiuto se il PCI fosse entrato nel governo.
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